Mariella Mehr (1947 – 2022), scrittrice e poetessa svizzera di etnia Jenisch.
- Mi hanno portata via da mia madre poco dopo la mia nascita. [...] I primi sei mesi di vita li ho passati in un centro pediatrico per ritardati mentali. Lì ho vissuto le prime torture psichiatriche di un bambino jenische. [...] Quando per la prima volta ho chiesto al mio tutore, il dottor Siegfried, chi fossero i miei genitori, mi ha detto [...] tua madre è una puttana, tuo padre un asociale. E questo, me lo sono portato dietro per dieci anni. Finché ho capito il significato di quelle parole: i miei genitori erano zingari.[1]
- Il 5 settembre scorso è morta a Zurigo, dove era nata nel 1947, ma Mariella Mehr non aveva vissuto una sola vita. Da bambina, figlia di madre Jenisch (la terza popolazione nomade europea dopo i Rom e i Sinti), fu vittima del programma eugenetico Kinder der Landstrasse (figli della strada) organizzato dalla Pro Juventute dal 1926 al 1973: era un'«opera di soccorso» svizzera che prevedeva di «estirpare il fenomeno zingaro» sottraendo i figli alle madri (che venivano sterilizzate). I bambini venivano rinchiusi in istituti dove veniva cambiato loro il nome perché i genitori non potessero rintracciarli, infine finivano in affido presso famiglie contadine.
- Nei suoi libri autobiografici Mehr raccontò degli elettroschock subiti, della sterilizzazione forzata cui fu sottoposta a 24 anni, dopo aver messo al mondo un figlio, che le era stato portato via.
- Chiusa, come sua madre, in un centro psichiatrico, Mariella aveva passato buona parte dell'infanzia senza parlare, poi affidata a una famiglia ticinese e ricondotta in manicomio. A 19 anni si sposò con la speranza di riavere il bambino, lo ottenne ma dopo il divorzio finì per perderlo di nuovo.