Venezia – Primavera 1866. Gli ultimi mesi dell'occupazione austriaca del Veneto. Il governo italiano ha stretto un patto di alleanza con la Prussia e la guerra di liberazione è imminente. (Testo in sovrimpressione)
Citazioni in ordine temporale.
Fuori lo straniero da Venezia. (Manifestante) [mentre vengono lanciati volantini anti-austriaci nel teatro]
Veneziani! La Marmora ha mobilitato! Viva La Marmora! Viva l'Italia! Viva l'Italia!(Manifestante) [mentre vengono lanciati volantini anti-austriaci nel teatro]
Divertente. Ecco la guerra che gli italiani preferiscono: pioggia di coriandoli con accompagnamento di mandolino. (Franz) [mentre vengono lanciati volantini anti-austriaci nel teatro]
[...] voi austriaci amate la musica, mentre noi italiani veniamo a teatro per tutt'altra ragione. (Livia)
Vede che non è molto piacevole far parte di un esercito di occupazione. Si è costretti a vivere in mezzo a uomini che ti odiano. E noi giovani, lontani da casa, soli... si finisce col corteggiare le loro mogli, le loro fidanzate... (Franz) [a Livia]
Vede, mio marito ed io abbiamo opinioni molto diverse riguardo agli austriaci. Lui è disposto ad accettarli e ne sollecita anche i favori. Io sono come mio cugino: una vera italiana. (Livia) [a Franz]
T'ho aspettato per giorni e giorni, e ora sei venuta... Non ci curiamo di Paradiso e di Inferno. (Franz) [a Livia]
Non siamo più a Venezia. (Livia ) [frase ricorrente]
[...] dopotutto noi della nostra generazione siamo stati viziati, come bambini: ci piacciono le uniformi eleganti perché ci stanno bene, i galloni d'oro, le mostrine, il suono della banda che accompagna il nostro incedere da eroi... C'è anche il rovescio della medaglia, però: la lontananza dalle donne, la fame, il freddo, le fatiche. Sì, finché si tratta di brindare alle future vittorie siamo tutti pronti, ma non ci sentiamo di pagare quello che spesso costa la vittoria a cui brindiamo: la perdita di un braccio, una gamba tagliata alla coscia [...], un viso sfigurato in un modo da fare orrore e anche peggio! [...] E perché? La guerra: decine di migliaia di uomini pronti a uccidersi gli uni con gli altri senza ragione né scopo. La ragione non ha niente in comune con le guerre. Cos'è la guerra, in definitiva, se non un comodo metodo per obbligare gli uomini a pensare e ad agire nel modo più conveniente a chi li comanda? (Franz) [a Livia]
Non dovresti amarmi. Nessuno dovrebbe. (Franz) [a Livia]
Citazioni in ordine temporale.
Livia: Le piace l'opera, tenente Mahler? Franz: Sì, a me piace molto l'opera, Contessa Serpieri, quando è un'opera che mi piace. E a lei? Livia: Sì, a me piace molto. Non mi piace quando si svolge fuori scena. Non è che ci si possa comportare come un eroe da melodramma senza riflettere alle conseguenze gravi di un gesto impulsivo o dettato solo da qualche imperdonabile leggerezza.
Franz: Quel Russoni ne sarà soddisfatto. Mi sembra il tipo nato apposta per sacrificarsi per qualche nobile causa. Livia: E lei è nato apposta per che cosa? Franz: Per essere quello che sono. Livia: Per essere quello che è.
Livia: Che cos'ha trovato? Franz: Un pezzetto di specchio. Livia: Perché si guarda con tanto interesse? Le piace tanto guardarsi? Franz: Sì, mi piace. Non passo mai davanti a uno specchio senza guardarmi. Livia: E perché le piace tanto? Franz: Mi piace guardarmi per essere sicuro che sono... io. Livia: Soltanto allora ne è sicuro? Franz: No. Anche quando vedo uno donna che mi guarda come lei mi sta guardando in questo momento. "È il giorno del giudizio. I morti risorgono all'eterna gioia o all'eterno dolore. Noi restiamo abbracciati e non ci curiamo di niente, né di Paradiso né di Inferno." Le piacciono questi versi di Heine? Livia: No. Franz: Perché no? Livia: È il loro significato che non mi piace. Franz: Peccato, ma all'imminenza di una guerra... Livia: Lei crede che ci sarà la guerra? Franz: Oh, sì. Per quanto sia inconcepibile che della gente possa uccidersi per dei fatti che non la riguardano. Lei crede nelle guerre? Livia: Io credo che la libertà di un popolo debba essere difesa a costo della propria libertà e della vita. Franz: E così saremmo nemici, vero? Non lo credo affatto. Io... io suppongo che sia una seria mancanza da parte mia non essere mai riuscito ad interessarmi alle guerre, alla politica, alle cessioni od occupazioni di territori, a tutte quelle cose serissime per cui gli uomini dovrebbero essere pronti a morire. Vede, io penso che, sebbene gli uomini siano nati uno al di qua di questo fiume e un altro al di là di quel monte, ciò non significhi che i fiumi e i monti siano stati messi da Dio per tenerli separati. Livia: Lei parla come un bambino. Non capisco come con certe idee possa essere un militare. È ridicolo che lei sia ufficiale. Franz[ride]: Sì, sono d'accordo con lei: è ridicolo.
Franz: Vedi, in queste camere c'è sempre qualche piccolo rumore come questo: il frusciare di una tenda o un tarlo, un moscone che sbatte contro i vetri. L'avevi mai notato? Livia: No, Franz. Franz: Si nota soltanto dopo, nel ricordo. Solo allora sai di averlo sentito tutto il tempo in cui siete stati stretti insieme. Livia: Davvero, Franz? Franz: Nel ricordo scopri di averlo sentito continuamente senza avergli dato importanza, ma è dopo... che questo dettaglio diventa importante. Livia: Un dettaglio... così importante? Franz: Il senso della cultura, importante quanto... Livia: Quanto cosa? Franz: ...il colore, il profumo dei suoi morbidi capelli sul cuscino. Non ti eri mai accorta di questo, amore mio? Livia: No, Franz. Mai finora. Franz: Mi scordo sempre. Livia: Cosa? Franz: Mi scordo sempre che per la contessa Serpieri il passato non esiste. C'è solo ora e domani. Livia: Soltanto ora, Franz. Franz: Solo ora? Non domani? [...] Livia: Vedi, se mi dicessero: "Hai soltanto il presente, tu non hai domani. Non avrai un domani dopo questo istante." Mi sentirei come se un dottore mi avesse detto: "Tu stai per morire. Non hai che poche ore di vita." E adesso so che è vero. Solo ora. Solo ora, Franz. Senza domani. Franz: Ogni volta che te ne vai mi dici: "Addio, Franz. Non ci vedremo mai più". Ma ogni volta io t'aspetto con la stessa fiducia. Tu puoi pensare di non rivedermi, ma io continuerò ad aspettarti. Livia: Forse lo farai... Ma tu hai avuto tante tante avventure durante le quali nelle stanze c'era il rumore di un tarlo o il ronzio di un moscone che batte contro i vetri e di cui ti sei accorto soltanto dopo. E allora ti sei alzato e hai dato la libertà a quel povero insetto in trappola, con la stessa eleganza con ci ti sei liberato dal cuore della donna. Ma non preoccuparti. In questa avventura tu non dovrai fare neanche questo piccolo sforzo. Lo farò io per te, Franz. Mi alzerò, aprirò io i vetri per lasciar volar via il tuo cuore libero come una farfalla.
Franz: Vedi, non sono più un ufficiale adesso. E neppure un gentiluomo. Sono un disertore ubriaco. [beve e scaraventa via il bicchiere] E puzzo, da far schifo! Di vigliaccheria e di vizio! Livia: Ora ci sono qui io, Franz. Resterò con te per sempre. Ho lasciato tutto per te. Prendimi nelle tue braccia, Franz. Franz: Non mi sono lavato né rasato da alcuni giorni. Non voglio disgustarti venendoti troppo vicino. [ride] Ti sporcheresti. [ride istericamente]
Franz: Mi dici chi ti credi di essere? Hai una tale opinione di te stessa da non poter stare a tavola con una sgualdrina? Che differenza c'è fra voi due? Te lo dico io. Lei è giovane ed è bella e gli uomini per lei pagano. Mentre tu invece... [ride istericamente] Cosa c'è da guardarmi in quel modo? Non mi piace essere guardato così, hai capito? Mi credi impazzito? No, non sono impazzito. Non sono mai stato tanto lucido in vita mia. Ascoltami, e cerca di capirmi. Cerca di vedermi come veramente sono, non come mi ha creato la tua immaginazione. L'idea che ti sei fatta di me è pura fantasia, inventata da te, e non ha niente a che vedere con quello che sono. Chi sono io, come vivo, con quali mezzi? Col danaro che mi procuro in due modi: quello che mi faccio dare dalle donne e quello che rubo barando al gioco. Sono un maestro in tutte e due le cose. Ecco la mia sostanza. Ho anche qualche altra qualità: sono un disertore perché sono un vigliacco, e non mi dispiace di essere né un disertore né un vigliacco. Cosa m'importa che i miei compatrioti abbiano vinto oggi una battaglia in un posto chiamato Custoza quando so che perderanno la guerra e non solo la guerra... E l'Austria fra pochi anni sarà finita, e un intero mondo sparirà: quello a cui apparteniamo tu ed io. E il nuovo mondo di cui parla tuo cugino non ha nessun interesse per me: è molto meglio non essere coinvolti in queste storie e prendersi il proprio piacere dove lo si trova. E tu del resto la pensi come me, altrimenti non mi avresti dato del denaro per pagarti un'ora d'amore. Livia[piangendo disperata]: No... Franz: Basta! È troppo tardi, è finita! Io non sono il tuo romantico eroe! E non ti amo più. Volevo dei soldi, li ho avuti... basta. Ah, dimenticavo. Sono anche un delatore: sono stato io a denunciare tuo cugino alla polizia. Tu naturalmente l'hai sempre saputo, ma hai fatto finta di niente per salvare la nostra storia d'amore. [ride istericamente] Livia: [urlando a squarciagola]: No! No! [Livia se ne va] Franz: Vai! Vai! Vai, signora! Vai! Vai, sgualdrina! Vai! Vai via! Rompiti il collo, non fermarti! [ride istericamente]
Livia: La lettera parla chiaro: s'è fatto credere malato pagando... dei medici. È disertore del campo di battaglia. Generale austriaco: Ah, ho capito. Il tenente è stato suo amante e lei ora si vendica facendolo fucilare. Ci pensi, contessa. La delazione è un'infamia e l'opera sua è un assassinio. [...] Livia[dopo una lunga pausa]: Signor generale, faccia il suo dovere.
Nel 1954 Luchino Visconti le affida [ad Alida Valli] il ruolo più importante di tutta la sua carriera, quello della contessa Livia Serpieri in Senso, dove l'attrice riesce ad esprimere tutto il suo potenziale drammatico e una maturità impensabile. (Dizionario del cinema italiano)