assassinio del 1972 Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
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Citazioni sull'omicidio Calabresi.
«Archiviano Pinelli, ammazziamo Calabresi»: è scritto sui muri di Milano, è scritto anche sulla caserma S. Ambrogio, e noi, solo per dovere di cronaca, come si dice, riportiamo la cosa. A prima vista, a noi superficiali lettori di scritte murali, questo sembrerebbe un incitamento all'omicidio di funzionario di P.S. Quello che infastidisce è che, se qualcuno segue il suggerimento, si rischia di vedere saltare, per morte del querelante, il processo Calabresi-Lotta Continua, e la cosa in effetti ci dispiacerebbe un po'... A questo punto qualcuno potrebbe esigere la denuncia di Calabresi e Guida per «falso ideologico in atto pubblico»; noi che, più modestamente, di questi nemici del popolo vogliamo la morte, ci accontentiamo di acquisire anche questo elemento... Questo processo lo si deve fare, e questo marine dalla finestra facile dovrà rispondere di tutto. Gli siamo alle costole ormai ed è inutile che si dibatta «come un bufalo inferocito che corre per i quattro angoli della foresta in fiamme». (da Un'amnistia per Calabresi, Lotta Continua, 6 giugno 1970, p. 15[1])
Quella sera a Milano era caldo | Calabresi nervoso fumava. | "Tu Lograno apri un po' la finestra". | Ad un tratto Pinelli cascò. | "Poche storie, confessa, Pinelli, | c'è Valpreda che ha già parlato. | È l'autore di questo attentato | ed il complice è certo sei tu". | "Impossibile – grida Pinelli – | un compagno non può averlo fatto. | E l'autore di questo delitto | tra i padroni bisogna cercar". | "Stai attento indiziato Pinelli. | Questa stanza è già piena di fumo. | Se tu insisti apriam la finestra: | quattro piani son duri da far". | Calabresi e tu Guida assassini | se un compagno avete ammazzato | questa lotta non avete fermato | la vendetta più dura sarà. (La ballata del Pinelli, 45 giri pubblicato da Lotta Continua)
[Quilici scrive alla vedova Calabresi menzionando l'appello che firmò nel 1971 insieme ad altri 800 intellettuali] Cara signora, ci tengo a dirle che non sono io, ho la sensazione che si tratti di qualcun altro o che sia stata apposta la mia firma senza interpellarmi. Anzi, vorrei che lei mi credesse, mi addolorai molto per l'assassinio di un uomo di coraggio. (lettera scritta nel 1991) (Folco Quilici)
Da 15 anni è irrevocabilmente accertato che l'assassinio di Calabresi fu organizzato nel servizio d'ordine di Lotta continua, ordinato da Giorgio Pietrostefani con l'assenso del leader Adriano Sofri e materialmente eseguito da Ovidio Bompressi, con la complicità di Leonardo Marino, che rubò e guidò l'auto durante l'agguato, e di altri fiancheggiatori miracolati dalla mancanza di prove certe. [...] Eppure, nella fiction, queste quattro figure diventano invisibili. Non pervenute, se non nei titoli di coda che danno conto delle quattro condanne. Uno degli aspetti più positivi del film-tv di Graziano Diana è quello di mostrare la campagna d'odio che si scatenò contro Calabresi dopo la tragica fine alla questura di Milano dell'anarchico Pinelli, ingiustamente sospettato di aver avuto un ruolo nella strage di Piazza Fontana: prime pagine di Lotta continua e altri giornali, appelli di intellettuali, manifestazioni con slogan assassini. [...] Ma il peccato originale della fiction è che mancano i volti e le imprese dei colpevoli. Non c'è la riunione in cui si decise l'omicidio, non c'è l'ordine di uccidere, non c'è il viaggio di Marino a Pisa dove Sofri gli confermò il mandato, non c'è il processo costellato dalle bugie degli imputati e ancor più dei falsi testimoni ingaggiati dalla nota lobby. Nulla di nulla: nel 2013, alla Rai, è ancora proibito. [...] Eppure questo banalissimo rilievo nessuno degli ipercritici della libera stampa ha osato muoverlo. Strano, eh? Chissà come mai. (Marco Travaglio)
E pensare che è tutta colpa di quella carogna di Camilla Cederna che col suo libro su Pinelli e contro Calabresi, tra l'altro, ha guadagnato decine di milioni. (Libero Mazza)
Ero al liceo, in una delle mille assemblee che si facevano in quegli anni. All'improvviso entrarono dei "compagni" che urlarono alla platea che finalmente era stato giustiziato il Commissario Calabresi. Tutta la palestra esplose in un applauso. Mai come in quel momento fui felice ed orgoglioso di non essere di sinistra. (Enrico Ruggeri)
Il tema di questo spettacolo che noi stiamo montando e sul quale sto lavorando da più di due mesi e mezzo, tratta del processo a Sofri, Pietrostefani e Bompressi, cioè a tre dirigenti e militanti di Lotta Continua condannati a 22 anni di carcere perché accusati da Leonardo Marino, a sua volta militante di Lotta Continua, di aver ucciso il Commissario Calabresi. Abbiamo portato il nostro spettacolo nei teatri, nelle università, e ci siamo resi conto che sull'inchiesta e su questo processo si sa pochissimo, quasi niente. Abbiamo notato, soprattutto nei giovani, una disinformazione impressionante riguardante il clima, le vicende politiche di quel tempo. Mentre raccontavamo certi particolari, certi passaggi, ci guardavamo allocchiti e allocchiti siamo rimasti quando abbiamo scoperto che questi giovani studenti non sapevano nulla nemmeno delle bombe, delle stragi e delle truffe giudiziarie di Stato, avvenute trent'anni fa, e che purtroppo si sono ripetute negli anni a venire. (Dario Fo)
Io commisi quell'attentato sulla base di motivazioni ideologiche. Quella mattina del 17 maggio andai in via Cherubini convinto di compiere un atto di giustizia. Era questo quello che tutti dicevano allora e che anch'io pensavo fosse la verità. Morte accidentale di un anarchico aveva contribuito a rafforzare queste convinzioni. Tra i miei cattivi maestri c'era dunque anche Dario Fo. Questo è indubbio. (Leonardo Marino)
[In risposta ad una lettera-manifesto con numerose firme in calce a lui indirizzata] Molti anni fa la mia firma capitò (me colpevole) in calce a uno di questi manifesti; nelle intenzioni dei promotori – e mia – quell'appello avrebbe dovuto essere a favore della libertà di stampa; ma, per una riprovevole ambiguità della formulazione, pareva che quel testo difendesse la lotta armata e incitasse al linciaggio di Luigi Calabresi. Poco dopo il commissario fu ucciso e io, a distanza di trent'anni, provo ancora vergogna per quella coincidenza. Come, credo (o quantomeno mi auguro), tutti coloro il cui nome comparve in fondo a quel foglio. (Paolo Mieli)
Nell'anniversario di quel delitto per cui i nostri amici Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani, che sappiamo innocenti, sono detenuti, noi – che con loro abbiamo in passato condiviso idee, parole e comportamenti – sentiamo il dovere di riconoscere che Luigi Calabresi, prima di essere ucciso, è stato oggetto di una campagna politica e di stampa che ha travalicato i limiti di una pur decisa contestazione e che ha suscitato verso di lui sentimenti di odio, contribuendo a creare un clima che ha portato al suo assassinio. Quella campagna e quei sentimenti non possono essere giustificati, né oggi né allora, nemmeno dal doveroso impegno, nostro e di altri, teso a denunciare gli abusi compiuti nelle indagini sulla strage di piazza Fontana e a pretendere la verità sulla morte di Giuseppe Pinelli. Non ha scusanti l'atteggiamento con cui, da molti di noi, fu accolta la notizia dell'uccisione di Luigi Calabresi: non fu spesa una parola sul valore della vita umana, anche di un avversario, né sulla gravissima violenza che l'uccisione di un uomo arreca alla vita dei suoi familiari. (inserzione a pagamento pubblicata su il manifesto, 18 maggio 1997)
Se c'era un funzionario corretto, che veniva portato come esempio da tutti i suoi colleghi, era Calabresi. Per quale motivo si scatenò questa campagna contro di lui non lo so. È vero che aveva interrogato Pinelli, ma gli interrogatori di Calabresi facevano testo per la loro correttezza. Sempre. [...] Non so per quale motivo, a un certo momento, la stampa s'incendiò e cominciò ad additare Calabresi come «il bruto», come «lo scherano del potere sopraffattore e assassino». Questo si lesse in vari giornali. Ora, il potere sopraffattore assassino in quel momento era rappresentato da Rumor e da Colombo: mi dica lei se hanno il viso dei sopraffattori assassini. Magari lo fossero stati un po', ma immaginiamoci. E questa campagna fu implacabile, assolutamente implacabile. (Indro Montanelli)