Leonardo Marino (1946 – vivente), attivista italiano.
- [Dario Fo] Ha portato in giro nelle piazze per anni Morte accidentale di un anarchico, che presentava il commissario Calabresi come il responsabile della morte di Pinelli. Andai anch'io a vederlo, a Torino. Anche lui contribuì a formare le convinzioni ideologiche che mi portarono a far parte del commando che uccise Calabresi, quel 17 maggio 1972.[1]
- [Alla domanda «Vuole intendere che Fo è stato uno dei "cattivi maestri" che la portarono sulla strada dell'attentato, come ha detto tempo fa in un'intervista?»] Certo, è così. Io commisi quell'attentato sulla base di motivazioni ideologiche. Quella mattina del 17 maggio andai in via Cherubini convinto di compiere un atto di giustizia. Era questo quello che tutti dicevano allora e che anch'io pensavo fosse la verità. Morte accidentale di un anarchico aveva contribuito a rafforzare queste convinzioni. Tra i miei cattivi maestri c'era dunque anche Dario Fo. Questo è indubbio.[1]
- [Alla domanda «Ritiene Calabresi ancora oggi responsabile della morte di Pinelli?»] Assolutamente no. C'è una sentenza, quella del giudice D'Ambrosio, in cui credo pienamente.[1]
- Tutte le volte che vedevo in televisione le immagini degli attentati delle Brigate rosse o di Prima linea mi tornavano in mente le immagini di quella mattina in via Cherubini. In fondo il nostro è stato il primo attentato di quella stagione, è stato come dare l'esempio.[1]
- In quegli anni la vita l'abbiamo vissuta spontaneamente, nessuno sapeva quel che sarebbe accaduto dopo. Quando Lotta continua si è sciolta, quando abbiamo capito che erano pie illusioni, ognuno è tornato nel proprio ruolo: lui è tornato a fare il professore, io l'operaio. Era naturale.[1]
- Non capita quasi mai che uno «si penta» a piede libero. L'unica eccezione (o quasi) che si ricordi è Leonardo Marino, che si è autoaccusato del delitto Calabresi senza che nessuno fosse andato a cercarlo. E infatti sta ancora pagando una campagna di delegittimazione inaudita, che tenta di farlo passare per matto, bugiardo, o chissà che altro, sebbene confermato da una sentenza definitiva. (Marcello Maddalena)