Marina Massironi (1963 – vivente), attrice, cabarettista e doppiatrice italiana.
Citazioni in ordine temporale.
- [«Come vive gli anni che passano?»] Fare i conti con il tempo che passa è sempre un problema... in alcune cose si migliora, in altre no. Si diventa più sensibili, più fragili, anche più impazienti, sicuramente più intolleranti. Ma allo stesso tempo si può combattere tutto questo, lavorandoci su.[1]
- Se non hai figli non sei una donna fallita... semplicemente avrai un nucleo affettivo diverso.[1]
- Non ho mai deciso se essere un'attrice comica o drammatica, ho solo fatto esperienze di lavoro su personaggi e comicità di situazione: ho trovato cioè compagni di viaggio con cui mi sono confrontata in momenti comici, con loro è stata necessaria una buona dose di voglia di giocare, osservando la realtà intorno e dando il proprio contributo per cogliere gli aspetti su cui ridere. Ecco, diciamo che ho esperienza di situazioni brillanti, scoppiettanti.[2]
- [«Com'è cambiata la comicità dagli anni '90 ad oggi?»] Adesso le trasmissioni che contengono comicità sono un po' dei cataloghi, molto a consumo. I comici presenziano, magari neanche tutte le settimane, hanno i minuti contati per esibirsi e via. Negli anni '90 c'era un po' più il meccanismo dell'affetto, del sequel diciamo, si costruivano delle storie [...]. I personaggi dalla prima all'ultima puntata facevano un percorso, c'erano comunque i tormentoni, però le storie si evolvevano.[3]
Daniela Sgambelluri, guide.supereva.it, febbraio 2008.
- Al trio (Aldo, Giovanni & Giacomo) sono grata per l'incoraggiamento a tirar fuori le corde più comiche, a lavorare di più sull'autoironia. La mia timidezza e l'indole malinconica mi spingevano verso lidi più drammatici.
- La comicità non ha sesso. Bisogna essere diponibili all'autoironia e a ribaltare i ruoli consueti. E nel mio caso, amando la comicità di situazione, bisogna essere disponibili al gioco in maniera assolutamente infantile.
- Il teatro è sicuramente il luogo emotivamente più forte per me. Quello che ogni sera mi fa tremare prima di entrare in scena e poi miracolosamente mi guarisce dall'influenza, mi dà una forza sovrumana, mi permette un rapporto diretto con la gente a cui sto parlando, uno scambio intenso di energia attraverso un misterioso fluido che trasporta emozioni in entrambe le direzioni. Una magia. È una conferma immediata se stai lavorando bene, specie se si tratta di un testo o una situazione comica.
Intervista di Giulia Cananzi, messaggerosantantonio.it, 30 novembre 2018.
- Per me la risata è pari a una condivisione drammatica; anzi, in molti casi attraverso il comico si possono veicolare argomenti e temi anche molto drammatici. Forse la risata è più «simpatica», ma, se non è banale, crea un meccanismo di empatia altrettanto efficace.
- Ogni testo che affronti come attore per un nuovo spettacolo può rafforzarti o indebolirti. Se sei più fragile diventi più sensibile, ricettiva, e ti metti in ascolto; se sei più forte sei più chiusa in te stessa, ma diventi un modello. In ogni caso contribuisci a costruire un pezzetto di esperienza che un giorno, magari, smonterai, per rimontare qualcos'altro.
- Tra attore e pubblico c'è un continuo scambio di energia, che nel comico si trasforma in risata e nel drammatico in silenzio, attenzione e commozione. È la magia del teatro.
Dall'intervista di Franco Giubilei a La Stampa; citato in dagospia.com, 25 dicembre 2023.
- Sono in pace con la comicità e ho i miei gusti. C'è molta offerta rispetto agli Anni 90 e 2000, anche sui social, ma rispetto ad allora si è persa un po' l'affezione. Una volta i personaggi avevano una vita propria e c'era il tempo di farli evolvere [...]. Diciamo che allora c'erano molto più tempo, energia e lavoro di gruppo. Ai tempi di Mai dire Gol, per esempio, noi il lunedì eravamo tutti lì in riunione ed erano brainstorming divertentissimi, ci facevamo i regali, condividevamo.
- Io ho scelto di fare il teatro per fare un'esperienza collettiva, perché lavoro con un gruppo di persone e mi rivolgo a un altro gruppo che è il pubblico in sala. È questo che sviluppa una capacità critica su temi politici e sociali [...]
- Ho le mie idee politiche e una capacità critica, e a teatro ho la possibilità di lavorare anche sul politicamente scorretto. Ma se il politicamente corretto serve a smascherare lo scorretto ed è un punto di vista genuino, allora va benissimo
Intervista di Emilia Costantini, corriere.it, 4 febbraio 2024.
- [«Ha iniziato la carriera alla fermata dell'autobus»] Ebbene sì! Quando uscivo dal liceo con le compagne di scuola, mi divertivo a farle ridere, ma lo facevo anche in classe, durante gli intervalli tra una lezione e l'altra: mi piaceva fare la buffoncella, ci riuscivo molto bene... E non mi limitavo a questo. Erano gli anni delle radio libere e un tappezziere, che lavorava a San Vittore Olona, un paesino vicino a Legnano, la "metropoli" dove sono nata e dove vivevo, aveva aperto un'emittente privata. Andavo lì quasi tutti i giorni e davo sfogo alle mie bizzarre invenzioni di comici personaggi: era una radio piccolissima e credo che i probabili ascoltatori mi sentissero nel raggio di un solo chilometro quadrato, ma sentivo dentro di me che, se mi mettevo una maschera, potevo essere accettata, scoprivo la mia capacità comunicativa.
- [...] in fondo, non esiste una reale differenza tra far ridere e far piangere, l'importante è saper trasmettere al pubblico delle emozioni.
- [...] ero una bambina timida, introversa, ma il teatro è magia e ho capito molto presto che poteva darmi degli scossoni forti per superare la timidezza: un alleato.
- Mi ero diplomata al liceo linguistico e, per mantenermi e continuare gli studi, ero stata assunta da una ditta che produceva tomaie per le calzature dove, conoscendo un po' di lingue straniere, dovevo gestire i clienti esteri. Di giorno lavoravo in ufficio, la sera frequentavo la scuola di recitazione. Un andirivieni durato solo un anno perché, quando mi è stato proposto il primo contratto da attrice, nonostante lo stipendiuccio irrisorio, mi sono subito licenziata dal posto fisso... fu grande la preoccupazione dei miei genitori, papà Terenzio faceva l'operaio, mamma Angela casalinga e si sono straniti.
- [Su Aldo, Giovanni e Giacomo] [...] il Trio, nato per amicizia, era costituito da tre maschi e solo in un secondo momento abbiamo deciso il mio definitivo coinvolgimento, entrando nel cast fisso. Inizialmente ero quella che, nel Trio, andava e veniva... parallelamente ero impegnata anche in altri progetti: con loro mi dedicavo alla comicità, poi andavo a recitare La peste di Camus. Una vera e propria schizofrenia, usando corde farsesche, drammatiche, politiche, grottesche... [«Si è mai pentita di aver, in seguito, lasciato definitivamente il Trio?»] No, anche perché è stata una separazione consensuale [...]. Dopo aver interpretato, anche al cinema, la moglie o la fidanzata di Aldo, poi di Giovanni e di Giacomo, ho finito il giro e ho imboccato un altro percorso, con altri film e altri registi. Però la cosa curiosa è che, a furia di lavorare con loro tre, la gente mi fermava per strada, chiedendomi se ero la moglie di Aldo, Giovanni e Giacomo! Dovevo spiegare che non ero trigama.
- [Su Dario Fo] Ho avuto la fortuna di averlo come autore e regista, per la sua commedia Sotto paga, non si paga!, un mese intero a stretto contatto. Mi incantava la sua fanciullezza, la freschezza, l'energia che trasmetteva, nonostante non fosse più un ragazzo: era come un bambino felice in teatro, con una resistenza incredibile. Non smetteva mai di lavorare e, quando eravamo stremati, lo pregavamo di fare una pausa.
- [...] la risata è salvifica: ti fa superare l'ansia, il dolore di una perdita, ti dà la forza per andare avanti. D'altronde, sono nata in una famiglia allegra: a casa mia mancavano spesso i soldi per fare la spesa, mangiavamo carne o prosciutto una volta a settimana, ma la risata non mancava mai. L'importante è saper guardare oltre il problema, perché la rinascita è accessibile a tutti. Magari basta essere disponibili all'incontro fortuito con persone nuove, e scopri all'improvviso che puoi pensare in un modo diverso.