politico, sociologo e critico musicale italiano (1948-) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Luigi Manconi (1948 – vivente), politico e sociologo italiano.
Citazioni in ordine temporale.
Terminare la propria esistenza in carcere non costituisce un fatto episodico, bensì rappresenta un vero e proprio parametro e un asse portante dell'attuale sistema della reclusione. Se non esiste la pena di morte, esiste la morte per pena.[1]
[...] non va dimenticato mai che il carcere è un prodotto umano e come tale va sottoposto a un test di validità. E il criterio fondamentale è quello relativo alla quantità di bene e alla quantità di male che ne derivano. Ovvero: il carcere produce bene se risponde allo scopo per il quale è stato creato. Produce male se non raggiunge il fine al quale è destinato e se determina danni che superino i benefici ottenuti.[1]
Anche se nella mentalità collettiva non è immaginabile una pena che prescinda dalla reclusione, non è sempre stato così. Sono state le leggi ordinarie, modificabili da qualsiasi maggioranza parlamentare, a introdurre l'idea che la risposta sanzionatoria dello stato alla violazione delle leggi penali debba consistere nella privazione della libertà, all'interno di un perimetro chiuso e di una cella serrata, per un determinato periodo di tempo. E un simile concetto non lo si trova da nessun'altra parte e tanto meno nella costituzione italiana. È diventato senso comune e norma di legge, per una inveterata abitudine, che risale a qualche secolo fa e che è stata legittimata dall'autorità di Cesare Beccaria, preoccupato delle pene efferate che incrudelivano sui corpi nell'ancien régime. In quel contesto, dunque, il carcere era il male minore: una pena la cui "dolcezza" avrebbe fatto decadere le punizioni più atroci.[1]
Se la pena [...] viene considerata esclusivamente per la sua finalità "retributiva" – ovvero compensare la colpevolezza del reo – saremmo in presenza di una misura che ha il solo obiettivo di arrecare dolore, ovvero affliggere il detenuto. E ciò la renderebbe iniqua e sostanzialmente immorale.[1]
[...] mai ho definito tout court "razzista" la Lega Nord, nonostante i reiterati tentativi, messi in opera da quest'ultima, per meritarsi un tale appellativo.[2]
Stupisce che una persona considerata anche dagli avversari equilibrata e saggia ricorra a un atto che suona inevitabilmente - uso una parola forte, ma qui ci vuole - intimidatorio, considerata la sproporzione tra il potere di un ministro e quella di un giornale. [Sulla querela di Guido Crosetto al quotidiano Domani]
Il titolare di un ministero importante e delicato come quello della Difesa avrebbe tutto l’interesse, innanzitutto personale, a rispondere alle critiche, dissipando anche la più piccola ombra di sospetto o di mancata chiarezza su un tema così cruciale. [Riguardo a potenziali conflitti di interessi di Guido Crosetto al Ministero della Difesa]
Crosetto è il ministro della Difesa e ha competenza e potere su questioni che rivelano un qualche rapporto, tutto da verificare e da ”misurare”, con la sua precedente attività lavorativa.
Io sono dell’idea che nessuno politico dovrebbe mai querelare un giornalista ma capisco che è qualcosa che mai si otterrà.
Detto in modo semplice: io sono favorevole a che i giornalisti e i politici se le diano di santa ragione, entrando nel merito e rispettando un codice di autocontrollo che non richieda il ricorso alla magistratura né alle forze dell’ordine.
[...] in generale, il giornalismo italiano è spesso approssimativo e altrettanto spesso inutilmente aggressivo, senza tracciare una linea di demarcazione tra la critica più rigorosa e la pratica del character assassination.
Luigi Manconi, sociologo, politologo, docente universitario, ex portavoce dei Verdi, ex Ulivo, improvvidamente sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi II, dopo aver dato, sulla scia di Bersani, del 'fascista' a Beppe Grillo e ad Antonio Di Pietro, lo appioppa, per proprietà transitiva, anche al Fatto “giornale vicino alle posizioni di Grillo e di Di Pietro”. E se non proprio 'fascisti' per Manconi siamo comunque degli squadristi di destra. [...] Luigi Manconi è stato un importante leader di Lotta Continua. Negli anni Settanta scendeva in strada con i suoi compagni e, oltre a spaccar vetrine e, all'occorrenza, anche qualche cranio, urlava “Fascista, basco nero, il tuo posto è al cimitero”, “Uccidere un fascista non è reato”. [...] La verità è che Grillo [...] fa paura col suo 15/20% di consensi cui lo danno i sondaggi. E allora è 'fascista'. [...] È destino della mia generazione, coeva a quella dei Manconi, di dover prendere lezioni di buona educazione politica da chi, nelle parole e nei fatti, squadrista, e anche peggio, lo fu davvero. (Massimo Fini)