velocista italiano (1939-) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Livio Berruti (1939 – vivente), x velocista italiano.
Era chiuso e scontroso. Incredibilmente suscettibile. Io ero Platone, lui Aristotele: agli antipodi. Del tormento ed estasi di Michelangelo, Mennea era solo tormento.[1]
Ho sempre ammirato l'eleganza della Juventus ma nel dopo Boniperti ho iniziato ad amare meno i bianconeri, troppo freddi, adeguati alla cultura del successo a tutti i costi. Poi ho avuto modo di conoscere il cappellano del Torino, don Aldo Rabino e moltissimi tifosi granata, gente meravigliosa: il mondo Toro mi ha coinvolto ed ammaliato. Io non sono tifoso di calcio ma amante delle cose belle, e il Toro ha saputo fare tante cose belle. Per me i granata rappresentano la passione viscerale, la Juve l'educazione e l'eleganza. Entrambe le squadre hanno saputo mostrare con calciatori come Boniperti, Scirea, Zaccarelli e Sala una signorilità e una compostezza che ho sempre ammirato negli sportivi.[2]
La verità è che ognuno è campione del suo tempo: io vivevo di slanci dilettantistici, lui portò all'esasperazione il concetto di professionismo. Io correvo sulla terra battuta, lui sul sintetico. Io ero per lo sport come divertimento e lui come affermazione del proprio ego.[1]
[«Perché lei e Mennea non vi siete mai piaciuti?»] Perché appartenevamo a mondi diversi e antitetici. Io con il sorriso e la gioia di fare atletica, lui sempre tormentato e sofferente: il più grande masochista della storia della velocità.[1]
Rispettavo la sua dedizione e il suo atteggiamento maniacale. Lo sport, però, deve essere esempio per i giovani e io ancora oggi mi chiedo: quanto è stato utile tramandare quell'immagine di sofferenza?[1]
Scompare un asceta dello sport, interpretato sempre con ferocia, volontà, determinazione. Mennea è stato un inno alla resistenza, alla tenacia e alla sofferenza. All'atletica italiana manca questa grande voglia di emergere e di mettersi in luce. Tra noi c'è stato un rapporto molto dialettico: per lui l'atletica era un lavoro, io lo facevo per divertirmi; lui era pragmatico, io idealista. Il nostro è stato uno scontro, come tra Platone e Aristotele.[3]
[«Le mancherà Mennea almeno un po'?»] Sono d'accordo con Hegel quando diceva che il progresso è la dialettica degli opposti. Da ieri, ecco, mi mancherà il mio opposto.[1]
Chi scrive, in oltre sessant'anni di giornalismo [...] sportivo, non ha mai conosciuto uno come lui. Uno al quale (la definizione è di Gianni Mura) sembra che abbia nevicato dentro, per come e quanto è pulito, placido, sereno al punto di apparire talora algido, di una serenità onnicomprensiva per cui non è blasfemo scrivere che lui sa amare un piatto ben riuscito, un vino giusto, ai tempi giovani anche una bella donna, quanto una medaglia olimpica. (Gianpaolo Ormezzano)
L'impressione che desta Berruti è sconvolgente. I muscoli deflagrano come in frenesia ma il gesto è di eleganza incredibile, mai vista. (Gianni Brera)
Livio Berruti è stato forse atteso come figlia da una madre severa. Io lo scopro già celebre. M'incanta. Debbo solo decidere a quale gens assegnarlo. Il resto mi vane tutto. Ha il profilo gentile di un ragazzo pianista (oh, delicato ha da essere!): ma lo stampino morfologico rasenta la perfezione a buon linea. (Gianni Brera)
Livio Berruti fu il mio primo, vero abatino. Il suo stile era la risultante di continui raptus armoniosi. E qui non sono certo originale, ma neppure ho voglia di scadere a guardone estetizzante. L'apparizione di Berruti fu angelica e folgorante insieme. Un ragazzino costretto da qualche iddio a compiere gesti di superiore coordinazione, dunque di naturale eleganza. Lo ispira un orgoglio fisico mediocre, per non dire qualsiasi. (Gianni Brera)
Parlargli è sempre di grande ispirazione, al Mondiale di Doha 2019 corsi la finale dei 100 con le scarpe bianche, citazione del suo oro nei 200 metri: Livio ha dimostrato che la differenza con gli atleti di colore che hanno qualità fisiche superiori si può colmare. (Filippo Tortu)