Ladri di biciclette, film italiano del 1948, regia di Vittorio De Sica.
Citazioni in ordine temporale.
Mannaggia a me quanno so' nato! Vie' voglia de buttarsi al fiume, vie' voglia! (Antonio) [imprecazione]
Annàmo, va'! Morto ammazzato pe' morto ammazzato, ma chi ce lo fa fa' de sta' qui a tribola'? (Antonio) [al figlio Bruno, portandolo in trattoria]
A tutto si rimedia, meno che alla morte. (Antonio) [a Bruno, in trattoria]
'A bicicletta? E che voi che ti dica, fijo mio. Io posso di' solamente quello che vedo. Ascolta bene: o la trovi subito o nun la trovi più. Hai capito? O la trovi subito, o nun la trovi proprio più. (La santona) [profezia]
Se sei così fregnone da fatte ruba' 'a bicicletta, adesso fatte frega' pure il portafoglio e vieni qua a baccaglia'! (Un uomo) [ad Antonio, nel rione malfamato]
Lui dorme qua. [alza il materasso] Guardate sotto al letto se ci sono le biciclette! (Madre di Alfredo) [ad Antonio e al carabiniere, difendendo il figlio che è accusato di aver rubato la bicicletta]
Citazioni in ordine temporale.
[Baiocco e Antonio vogliono vedere il numero di matricola di una bicicletta per verificare se sia quella rubata] Baiocco: Voi c'avete l'obbligo de far vede' er numero a chi 'o vo' vede'. Una signora: E tu mi fai vedere il numero delle scarpe tue? No! E io non ti faccio vedere pure la bicicletta mia! Verniciatore di bici: Ma che ce fai coi numeri, ce giochi al lotto?
Verniciatore di bici: Amico, a piazza Vittorio c'è tutta gente onesta! Un anziano: Eeeh... Verniciatore di bici: Che? [facendogli il verso] Aaah... Un anziano: Aaah...
Antonio: Dodicimila fisso. Più... più duemila de straordinari. Più gli assegni famigliari... Fanno ottocento lire al giorno. Ottocento per trenta , fa n'po l'conto. Che voi de più? Meglo de così. E uno ce deve rinuncia'? Io non ce voglio rinuncia'. Capisci che bisogna ritrovalla? Perché sennò nun se magna. Che se pò fa? Bruno: [...] dovemmo da ritrova' quelli là. Antonio: Sì, quelli! Quelli non se fanno vede' più là. Mica la ritrovamo con le candele de tu' madre. Mica la ritrovamo con i santi.
La santona: Semina in altro campo. M'intendi? Capisci cosa voglio dire? Un ragazzo: No, non capisco. La santona: Ma come fai a non capirlo, ragazzo caro? È così facile a capirsi. A che serve zappare del terreno ingrato? Zappi e non raccogli. Capisci? Un ragazzo: Veramente non ci capisco niente. La santona: Quella non te vo' bene! Te la devi scorda'! Sei brutto, fijo mio... Sei brutto! Ce ne so' tante de donne ar mondo... tu zappa e semina in altro campo.
Carabiniere: Non l'hai visto proprio in faccia, non c'hai nessun altro che lo riconosca, che voi fa'? Puoi aver ragione, ma ti manca la prova. E se per caso lui è innocente so' pasticci. Questi o li cogli sul fatto o ritrovi la refurtiva, sennò non c'è niente da fa'. Antonio: Ma io gli spacco la faccia! Carabiniere: Allora finisce che dovrei portar dentro te. Antonio: Se sapesse che vor di' per me 'sta storia...
Ci fu una stagione in cui le classifiche nobili del cinema ponevano questo film al secondo posto a pari merito con La Febbre dell'oro, dietro l'immancabile Potemkin. Negli anni successivi, il suo fascino "populista" venne considerato suggestione e la verità venne considerata poesia. Poi venne "corretta" l'interpretazione di ciò che il film rappresentava, anche fuori dal nostro paese, con un'istantanea dell'Italia del dopoguerra ritenuta misera, persino squallida. Dunque nelle classifiche di volta in volta compilate il film scendeva continuamente. Era responsabilità di gran parte della critica che ha giudicato i film secondo il momento politico. Per molto tempo il sentimento è stato una sorta di veleno per la pellicola. Ora, al di là di tutto, Ladri di biciclette rimane un lavoro di bellezza assoluta, come manifesto sociale nel quadro del suo tempo, come opera cinematografica e come monumento della storia dell'arte generale. [...] In sostanza il film è davvero un mito generale, fa parte di tutte le memorie di comunicazione. Le scene da ricordare sono praticamente tutte quelle del film: dalla ricerca fra migliaia di biciclette di Porta Portese, al pasto di padre e figlio nella trattoria fino alla sequenza finale del bambino che tiene la mano del padre. (il Farinotti)
È – con Umberto D (1952) – il risultato più alto del sodalizio De Sica-Zavattini e uno dei capolavori del neorealismo, quello che con Roma, città aperta (1945) fu più conosciuto all'estero. L'amore per i personaggi diventa vera pietà, la poesia del quotidiano non nasconde la realtà sociale. (il Morandini)
Lucida e profonda analisi della dura realtà di quegli anni, è il punto più alto della collaborazione tra De Sica e Zavattini [...]. De Sica [...] dimostrò quanto fosse vincente la sua scelta di utilizzare attori non professionisti. (Il Mereghetti)
Mentre Hollywood talvolta tratta questi fatti per analogia, gli italiani trattano i fatti, punto. (Arthur Miller)
Questo è il vero dramma della povertà: la banale e orribile perdita di dignità. (Peter Bradshaw)