Questo qui è un pezzo di catena dello spessore di mezzo centimetro, di ferro crudo, più forte dell'acciaio. Con la semplice espansione dei muscoli pettorali, ossia del petto, io spezzerò il gancio. Grazie, grazie. Grazie siore e siori. Per fare questo dovrò gonfiare i polmoni come una camera d'aria. Potrebbe rompersi una vena e io sputerei sangue. Una volta, a Milano, un uomo che pesava un quintale e venti chili ha perso la vista facendo questo esercizio. Questo perché è il nervo ottico che fa tutto lo sforzo e quando si è persa la vita, è finita. Se c'è qualche persona delicata tra il pubblico è meglio che non guardi. Potrebbe uscire del sangue. (Zampanò) [presentando il numero]
Devi essere elegante. Con Zampanò stracci in giro non ne voglio. Le mie donne hanno sempre fatto la sua figura. (Zampanò) [a Gelsomina]
Io sono un artista viaggiante e quella è la mia assistente: ci ho insegnato tutto io, quando l'ho presa non sapeva neanche ragliare. (Zampanò) [riferito a Gelsomina]
Io me ne vado. Torno al mio paese perché me so proprio stufata. E non è per il lavoro, perché il lavoro mi piacerebbe. A me mi piace a far l'artista. Siete voi che non mi piacete. (Gelsomina) [a Zampanò]
Sta tranquilla, tanto andrà malissimo! (il Matto) [a Gelsomina prima del numero al circo]
Siore e siori, ecco a voi una catena di più di mezzo centimetro. È di ferro crudo e più forte dell'acciaio. Voi mi vedrete passare la catena attorno al petto e chiuderla solidamente con questo gancio. Con la semplice espansione dei muscoli pettorali, ovverosia del petto io spezzerò il gancio. Qualcuno in mezzo a voi può dire che il gancio è segato nel mezzo. Un momento. Controllate con i vostri occhi. Signora Gelsomina, prego. [consegna a Gelsomina la catena in modo che tutto il pubblico possa vederla e toccarla] Questo pezzo di stoffa non è per proteggermi [...] ma per evitare a voi la vita del sangue nel caso dovesse infilarsi nella carne. Io non vi dirò che ci vuole la forza di due paia di buoi. Forse non siete tutti professori ma una qualunque persona intelligente capisce che ci vogliono tre cose: polmoni sani, costole d'acciaio e forza sovraumana. (Zampanò) [presentando il numero al circo]
Ah, che gli fa bene stare un po' dentro, ha tanti anni da campare quello lì. [Zampanò] Sono io che muoio presto. (Il Matto) [a Gelsomina]
Che faccia buffa che hai! Ma sei sicura di essere una donna? Sembri un carciofo! (Il Matto) [a Gelsomina]
M'hai rotto l'orologio... (Il Matto) [ultime parole a Zampanò]
Il Matto sta male! (Gelsomina) [ripetendolo continuamente a Zampanò]
Io non volevo ammazzarlo, gli ho dato solo due pugni e non aveva niente, solo un po' di sangue al naso. Poi me ne vado e lui casca in terra. Ma devo passare la mia vita in galera per un paio di pugni?! Io voglio solo lavorare in pace! Avrò il diritto di vivere no?! (Zampanò) [a Gelsomina]
Citazioni in ordine temporale.
Zampanò: Non la facevi mai la minestra a casa tua, eh? Gelsomina: No. Zampanò: Buona per i maiali!
Il Matto[riferito a Zampanò]: Uhuhuhuh! Guarda chi c'è: Ciufile! [al signor Giraffa] Avete fatto benissimo a prenderlo: in un circo c'è bisogno d'animali! [ride; poi a Zampanò] Scherzo! Lo sai che scherzo sempre. Vuoi una cicca? Ah no ce l'hai già! [al signor Giraffa] Veramente devo dire che è un grande artista e poi che varietà di programmi! [a Zampanò] Dovresti fare... ah sì, quello della catena! È un pezzo che non lo fai più. Zampanò: Senti, voglio darti un consiglio d'amico a te. Non parlare mai. Non parlare mai con me! Altrimenti va a finire molto male.
Il Matto: Ehi, che ha fatto quella volta che sei scappata? Gelsomina: Tanti schiaffi... Il Matto: Ma perché 'un t'ha lasciato andar via? Non lo capisco. Io 'un ti terrei con me ma neanche per un giorno. Chissà, forse... forse ti vuole bene. Gelsomina: Zampanò? A me? Il Matto: Eh. E perché no? Lui è come i cani. Li hai mai visti i cani che ci guardano perché vogliono parlare e invece abbaiano soltanto? Gelsomina: Poveraccio... eh? Il Matto: Eh... E già, poveraccio. Ma se non ci stai te con lui, chi ci sta? Io so 'gnorante, però ho letto qualche libro. Tu 'un ci crederai ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco prendi quel sasso lì, per esempio. Gelsomina: Quale? Il Matto[prendendo un sasso da terra]: Questo... uno qualunque. Be', anche questo serve a qualcosa, anche questo sassetto. Gelsomina: E a cosa serve? Il Matto: Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi sai chi sarei? Gelsomina: Chi? Il Matto: Il Padreterno che sa tutto... quando nasci, quando muori e chi può saperlo? No. 'Un lo so a cosa serve questo sasso qui ma a qualcosa deve servire, perché se questo è inutile, allora è inutile tutto. Anche le stelle. Almeno credo. E anche tu... anche tu servi a qualcosa con la tu' testa di carciofo.
La suora: Eh, ma anche noi giriamo, cambiamo di convento ogni due anni, questo per me è già il secondo. Gelsomina: E perché? La suora: Così non ci attacchiamo troppo alle cose del mondo. Uno si affeziona al posto dove abita, no? Anche a una pianta uno s'affeziona. E si rischia di dimenticare il più importante che è Dio. [ride] Giriamo tutte e due: voi seguite il vostro sposo, io il mio. Gelsomina: Eh già... Ciascuna il suo.
Ci sembra [...] che il fenomeno Fellini riguardi più il costume, più la psicologia e la sociologia che non l'arte del film: esso va comunque ricollegato con tutto un modo di concepire e intendere l'arte, di assumere verso di essa e la vita un atteggiamento simile a quello della nostra letteratura d'anteguerra, e anche in parte e per molti versi, di quella contemporanea. In questo senso Fellini appare come un regista anacronistico, irretito com'è in problemi e dimensioni umane largamente superate. [...]. In La strada, troviamo in maggior misura altri motivi ambigui: il simbolismo, il lirismo, l'angelismo, il misticismo, l'autobiografia sentimentale. [...] Se una cultura esiste in Fellini, questa è più specificatamente cinematografica, trae origine dall'ammirazione per film e motivi chapliniani [...]. Ma [...] Chaplin non isola i suoi personaggi, li fa agire e muovere nella società, nel mondo. [...] Fellini continua a vagheggiare esperienze trascorse, contentandosi di vagheggiarle. (Guido Aristarco)
Credo che il film l'ho fatto perché mi sono innamorato di quella bambina-vecchina un po' matta e un po' santa, di quell'arruffato, buffo, sgraziato e tenerissimo clown che ho chiamato Gelsomina e che ancora oggi riesce a farmi ingobbire di malinconia quando sento il motivo della sua tromba. (Federico Fellini)
Ho visto l'ultimo Fellini giusto martedì scorso... non è uno dei suoi migliori. È mancante di strutture coesive, si ha la sensazione che non sia del tutto sicuro di quello che vuole dire. Oddio, io l'ho sempre definito essenzialmente "un grande tecnico del cinema". D'accordo, La strada era un buon grandissimo film. Grandissimo nell'uso dell'energia negativa... (Io e Annie)
La strada dà la sensazione d'essere una pellicola abbozzata, sembra soltanto accennare ai suoi temi. [...] Fellini è stato sinceramente, teneramente, affettuoso con Zampanò e Gelsomina ma forse, a furia di rinunciare ai compromessi, ha avuto il torto di avvolgere la sua elegia in una sorta di caligine grigia, senza dare rilievo ai fatti, specialmente senza differenziare i personaggi. [...] Quasi temerariamente. Fellini ha preferito le penombre là dove gli sarebbe stato agevole trovare contrasti più spiccati, illuminazioni più precise e gradevoli. Si tratta di un dramma romanticamente picaresco, che conteneva gli elementi delle narrazioni fortemente colorite; non basta dire che Fellini li ha evitati, per dargli lode. (Arturo Lanocita)
La strada di Fellini è il film che forse ho amato di più. M'identifico molto in quel film, in cui troviamo un implicito riferimento a san Francesco. Fellini ha saputo donare una luce inedita allo sguardo sugli ultimi. In quel film il racconto sugli ultimi è esemplare ed è un invito a preservare il loro prezioso sguardo sulla realtà. (Papa Francesco)
La strada è un'opera che presuppone dal suo autore, oltre alla genialità d'espressione, una perfetta conoscenza di certi problemi spirituali ed una riflessione su di essi. Questo film, infatti, tratta del sacro, non dico del religioso né della religione. Parlo di quel bisogno primitivo e specifico all'uomo che ci spinge ad andare oltre, all'attività metafisica, sia sotto forma religiosa che sotto quella artistica, bisogno fondamentale come quello della "durata". Sembra che Federico Fellini sappia perfettamente che questo istinto è all'origine sia delle religioni che dell'arte. Ce lo mostra allo stato puro in Gelsomina. Ricordiamoci di una delle prime immagini del film. Gelsomina ha due volti, uno triste e uno gioioso, quello gioioso si volge verso il mare in un sorriso di soddisfazione solitaria e irreprensibile. "A me piace fare l'artista!", dichiara poco dopo. (Dominique Aubier)
La strada è un sorprendente e misterioso film; soggioga e turba lo spettatore, anche se questi fatica a capirne le ragioni profonde; là dove lo stesso Fellini è arrivato più con la forza dei sentimenti che con la chiarezza dell'intelletto. Gelsomina è nata dentro di lui molto tempo fa, prima dello Sceicco bianco, prima dei Vitelloni, e vi ha dipanato lentamente la sua storia con la chiaroveggente libertà propria appunto dei folli. Molte cose di Gelsomina, Fellini non è riuscito, mi sembra, a dire;ma tale reticenza ha qualcosa di nobile, di alto, questo lo indoviniamo e ci riempie di rispetto. Comunque, soltanto Gelsomina resta vagamente irreale; Zampanò è uno dei più poderosi, corposi e drammatici personaggi del cinema contemporaneo; e lo stile del film tra i più puri e più lucidi del neorealismo (si rammenti la lievità, l'intensità, l'immediato calore dei personaggi e l'immediata definizione di essi nella sequenza del pranzo nuziale e della escursione di Gelsomina nella grande casa campestre, fino allo scoprimento del bambino malato). E penso peraltro sia ingiusto dire che Fellini ha costruito un film di evasione dalla realtà. Si potrà se mai discutere la natura dell'uomo Fellini, quella sua ben reale inclinazione alla creatura eccezionalmente "innocente", nel senso dostojewskiano. (Vittorio Bonicelli)
La strada inizia come una sorta di farsa stridente e nostalgica (su un motivo musicale di Nino Rota preso a prestito al primo movimento della sinfonia Il titano di Mahler) per scivolare poco alla volta verso una tragedia quasi scespiriana. Più che a Charlot, al quale è stata frettolosamente paragonata, Gelsomina, creatura lunare interpretata con grazia un po' maldestra dalla moglie del regista Giulietta Masina, fa pensare ad Harpo Marx. Fa parte di quella famiglia di "clown bianchi" cari a Fellini, con Zampanò che è un crudele Augusto, e con un Matto filosofo che deve dare alla favola la sua morale: "Tutto serve a qualcosa, nell'universo. Anche un sassolino". Fellini ha dato opere più importanti, ma non ha ritrovato la purezza di questo sogno infantile. (Claude Beylie)
Le notti di Cabiria e La strada di Fellini sono film in piena sintonia con lo spirito del cattolicesimo. (Krzysztof Zanussi)
Vivevo di danza a Parigi, poi vidi La strada e decisi che il mio futuro era da attrice, avrei lavorato con Fellini o almeno nel cinema. (Milena Vukotic)