La signora di Shanghai, film statunitense del 1947 con Rita Hayworth e Orson Welles, regia di Orson Welles.
A volte a me capita di fare una sciocchezza dopo l'altra, e non c'è nulla che possa fermarmi. Il giorno che incontrai quella donna, avrei dovuto fuggire subito, se avessi conservato un filo di buon senso. Ma appena l'ebbi vista, appena l'ebbi vista perdetti del tutto la ragione, e irrimediabilmente. (Michael)
Citazioni in ordine temporale.
Vi sono degli uomini che intuiscono il pericolo. Io no. (Michael)
Mi piace bere tutto all'infuori dell'acqua: non riesco proprio a digerirla. (Michael)
Voi avete girato troppo il mondo e ciò vi ha impedito di conoscerlo bene. (Arthur)
Elsa: E che ne pensa di Shanghai? Ho lavorato anche là. Michael: Ai giochi d'azzardo? Elsa: Può darsi. Michael: Spero che abbia avuto buona fortuna. Elsa: Occorre molta più fortuna a Shanghai.
Michael: La polizia aspira a mettermi in prigione in America. Ma le prigioni più belle sono invece in Australia, le peggiori sono in Ispagna. Elsa: Quale legge ha violato in Ispagna? Michael: Ho ucciso un uomo. Elsa: E poco fa quasi non faceva morire una donna. Michael: La legge lo proibisce? Elsa: Provi, e conoscerà anche le prigioni d'America. Michael: Arrestano forse gli assassini in questo Paese? Non lo credevo.
Jake: Gli uomini in gamba non esistono. Arthur: Non esistono uomini in gamba? Jake: Cos'è un uomo in gamba? Arthur: Io non lo so. Jake: È un uomo che ha dei vantaggi. Perché quello canta meglio di me? Ha qualcosa qui [in gola]. E perché canta forte, ha un microfono: ecco i suoi vantaggi. Arthur: Vantaggi? Jake: Un'arma, un coltello, uno sfollagente, un rasoio, qualcosa che gli altri non hanno. Sì, qualcosa che lo favorisce in tutto: due braccia molto forti, dei gradi sulla manica, un distintivo all'occhiello, un grosso sasso nelle mani, un conto corrente in banca. Sono vantaggi, amico: senza vantaggi, non c'è l'uomo in gamba.
Michael: Finge d'aver bisogno del mio aiuto? Questo è indegno, lei saprebbe aiutarsi da sola in ogni caso. Elsa: Io non sono la donna che tu credi: cerco solo di averne l'apparenza.
Elsa: Io ho imparato a pensare all'amore in cinese. Michael: O è una nuova raffinatezza, o un nuovissimo giochetto. Elsa: I cinesi dicono: "È molto difficile che l'amore duri a lungo, perciò colui che amerà troppo pavidamente non riuscirà ad essere amato, alla fine". Michael: Questa sentenza potrebbe essere arbitraria. Elsa: Ma ne conosco un'altra: "La natura umana è eterna, e anche l'amore è nella natura umana, perciò chi ama sarà amato, alla fine".
Elsa: Te l'ho già detto, caro, non hai il senso pratico della vita. Michael: La mia educazione la sto completando solo ora.
Michael: Un giorno, lungo le coste del Brasile, vidi l'oceano così pieno di sangue da sembrare quasi nero, mentre il sole tramontava in un cielo di fuoco. Ci ancorammo a Fortaleza, e alcuni di noi presero le lenze per pescare. Fui il primo ad afferrare qualcosa: era un pescecane, e poi ne venne un altro, e poi un altro ancora. In un momento tutto il mare era pieno di pescicani, e ne venivano sempre altri, l'acqua ne era coperta. Quando il mio pescecane poté liberarsi dall'amo, aveva una larga ferita dalla quale perdeva sangue in abbondanza e forse l'odore del sangue eccitò gli altri. Cominciarono a divorarsi fra di loro, e perfino a mordere se stessi. Si sentiva nell'aria la follia del sangue che saliva fino a noi: un cupo alito di morte gravava tutt'intorno. Non ho visto mai cosa più orrenda, prima del picnic di questa sera. E badate bene: neanche uno dei pescicani di tutto quel groviglio in furia sopravvisse. Tenetene conto. Arthur: Questa è la prima volta, George, che qualcuno ti ritiene degno di essere chiamato pescecane. Se tu fossi in commercio, potresti lusingarti.
Michael: Vieni con me in un luogo dove non ci siano spie. Elsa: Michael, dove? Michael: Molto lontano da qui, in qualche regione solitaria. Elsa: Lontano? Dove si dovrebbe andare? Fuggire non serve a nulla, io ho già provato. Tutto il mondo è cattivo, Michael, tutto il mondo. La fuga non dà scampo, né pace, né amore.
Michael: Ma perché ride? George: Perché muoio.
Michael: Come gli squali: ebbri del proprio sangue e famelici delle proprie carni. Elsa: È vero. Ho fatto troppi errori. Michael: Forse perché credevi che il mondo fosse troppo cattivo, ma il mondo sarebbe certo migliore se noi andassimo verso il bene, anziché verso il male. Lo vedi cos'è accaduto a te? Sei rimasta vittima della tua stessa follia. Elsa: Ma senza lottare come si può vincere? Addio. Michael: Ma credi che si possa vincere? Elsa: No, non lo credo. Porta il mio saluto al Sol Levante. Michael: Vince chi gioca una giusta partita, e non l'abbandona. Elsa: Tu non l'abbandonerai? Michael: No, mai più.
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C'è sempre una donna al mondo che riesce a ingannarci. E il solo modo di evitare questi guai è quello di invecchiare, perciò io sarò contento di invecchiare. Chissà se vivrò tanto a lungo da riuscire a dimenticarla, ma temo che morirò molto prima. (Michael)
Film minore di Welles, che forse aveva bisogno di soldi. Il sapore è quello del tradizionale noir con tanto di voce narrante in prima persona. Il regista era sposato con la Hayworth, ma il matrimonio aveva i giorni contati. Si dice che Welles, sadico e vendicativo, imbruttisse quanto più poteva la diva. Indimenticabile la sequenza finale dove si arriva alla resa dei conti, col famoso gioco di specchi che impedisce la visione della realtà. (il Farinotti)
La materia è da film noir, a mezza strada tra Gilda e Il mistero del falco, ma con bizzarre e sardoniche anticipazioni di Il tesoro dell'Africa di Huston. Fecero impressione, comunque, alcune sequenze che lo resero un cult movie: il corteggiamento nell'acquario, il teatro cinese, il taboga, la sparatoria finale nella sala degli specchi. Il barocchismo stilistico di Welles conferma quali e quanti fossero i debiti del noir hollywoodiano con l'espressionismo. Ridotta R. Hayworth a una statua di ghiaccio e piuttosto debole il marinaio O'Hara, l'attore che domina il film è E. Sloane. (il Morandini)