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scrittore polacco (1857–1924) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Joseph Conrad, nato con il nome di Józef Teodor Nałęcz Konrad Korzeniowski (1857 – 1924), scrittore polacco naturalizzato britannico.
The Nellie, a cruising yawl, swung to her anchor without a flutter of the sails, and was at rest. The flood had made, the wind was nearly calm, and being bound down the river, the only thing for it was to come to and wait for the turn of the tide.
The sea–reach of the Thames stretched before us like the beginning of an interminable waterway. In the offing the sea and the sky were welded together without a joint, and in the luminous space the tanned sails of the barges drifting up with the tide seemed to stand still in red clusters of canvas sharply peaked, with gleams of varnished sprits.
[Da Wikisource]
Il Nellie, piccolo yacht da crociera, girò sull'ancora senza un fluttuar delle vele, e s'arrestò. La marea era alta, quasi del tutto cessato il vento, e poiché si scendeva, in favor di corrente, verso la foce, altro non rimaneva che fermarci e attendere il riflusso.
L'ultimo tratto del Tamigi che conduce al mare si stendeva innanzi a noi, come il principio di una sterminata via acquea. Laggiù al largo il mare e il cielo si saldavano insieme senza giuntura, e nello spazio luminoso le vele color di ruggine delle barche che salivano alla deriva portate dal flusso parevan ferme in rossi grappoli di tela foggiata a punte aguzze, tra un balenio di aste verniciate.
[Joseph Conrad, Cuore di tenebra (Heart of Darkness), nota introduttiva di Giuseppe Sertoli, traduzione di Alberto Rossi, Einaudi, Torino, 1974. ISBN 8806385704]
La Nellie ruotò sull'ancora senza far oscillare le vele, e restò immobile. La marea si era alzata, il vento era quasi caduto e, dovendo ridiscendere il fiume, non ci restava che ormeggiare aspettando il riflusso.
L'estuario del Tamigi si apriva davanti a noi, simile all'imbocco di un interminabile viale. Al largo, il cielo e il mare si univano confondendosi e, nello spazio luminoso, le vele color ruggine delle chiatte che risalivano il fiume lasciandosi trasportare dalla marea, sembravano ferme in rossi sciami di tela tesa tra il luccichio di aste verniciate.
[Joseph Conrad, Cuore di tenebra, traduzione di Luisa Saraval, Garzanti, 1990. ISBN 8811584124]
La Nellie, una iole da crociera, girò all'ancora senza alcun tremolio di vele, e giacque immobile. Si era alzata la marea, il vento si era quasi calmato del tutto, e volendo discendere il fiume, non ci restava che aspettare all'ancora il riflusso.
La foce del Tamigi si stendeva davanti a noi come l'inizio di un interminabile corso d'acqua. Mare e cielo erano saldati insieme al largo senza alcuna giuntura e nello spazio di luce le vele tinte dei barconi, che risalivano portate dalla marea, parevano rosse macchie dalla forma ben appuntita, immobilizzate, tese da pennoni smaltati che si intravedevano a sprazzi.
[Joseph Conrad, Cuore di tenebra (Heart of Darkness), traduzione di Mauro Fissore, Edisco, Torino 1998.]
La Nellie, una iolla da crociera, girò sull'ancora senza il minimo fluttuare delle vele e si fermò. La marea si era alzata, il vento era quasi calmo e, poiché dovevamo discendere il fiume, non ci restava che fermarci all'ancora e attendere il riflusso.
L'ultimo tratto del Tamigi si stendeva davanti a noi come il principio di un interminabile corso d'acqua. Al largo, cielo e mare erano saldati senza una giuntura e nello spazio luminoso le vele conciate delle barche che salivano con la marea sembravano immobili fastelli rossi di tele appuntite tra luccicori di aste verniciate.
[Joseph Conrad, Cuore di tenebra, traduzione di Rossella Bernascone, Mondadori, 2000. ISBN 8852000097]
Due uomini parlavano nell'ufficio di direzione del quotidiano più autorevole di una grande città coloniale. Erano giovani tutt'e due. Quello più corpulento, biondo e dall'aspetto cittadino, era capo redattore e comproprietario del giornale. L'altro si chiamava Renouard. Dal suo bel viso abbronzato appariva evidente che qualche cosa lo preoccupava. Era un uomo magro, e dava un'impressione di alacrità e insieme di indolenza.
Il giornalista continuò a parlare:
«E ieri sera, dunque, avete pranzato in casa del vecchio Dunster?»
Adoperò la parola «vecchio» non nel senso affettuoso che talora si usa parlando di vecchi amici, ma come di un semplice riconoscimento della realtà.
[Joseph Conrad, Il piantatore di Malata (The planter of Malata), in Within the Tides, traduzione di Gilberto Altichieri, Muggiani Tipografo Editore, Milano 1944.]
Il signor Verloc, uscendo di buon mattino, affidò a suo cognato le cure nominali della bottega. La cosa non presentava inconvenienti perché il da fare era sempre scarso, niente prima di sera, e d'altra parte la bottega, quanto alle sue attività ostensibili, interessava pochissimo il signor Verloc.[15]
Uscendo di mattina, il signor Verloc lasciava nominalmente la bottega alle cure del cognato. Poteva permetterselo, perché di affari ce n'erano pochissimi in qualunque ora del giorno, e meno che mai prima di sera. Della sua attività ufficiale il signor Verloc poco si curava; e, a badare al cognato, c'era sempre sua moglie.
Quella mattina, uscendo, il signor Verloc lasciò nominalmente il negozio nelle mani di suo cognato. La cosa era possibile, perché di affari se ne facevano pochissimi in qualunque momento, e praticamente nessuno prima di sera. Al signor Verloc quella sua attività dichiarata interessava assai poco e, per di più, il cognato era nelle mani di sua moglie.
Soltanto i giovani hanno momenti del genere. Non dico i più giovani. No. Quando si è molto giovani, a dirla esatta, non vi sono momenti. È privilegio della prima gioventù vivere d'anticipo sul tempo a venire, in un flusso ininterrotto di belle speranze che non conosce soste o attimi di riflessione.
Ci si chiude alle spalle il cancelletto dell'infanzia, e si entra in un giardino di incanti. Persino la penombra qui brilla di promesse. A ogni svolta il sentiero ha le sue seduzioni. E non perché sia questo un paese inesplorato. Lo sappiamo bene che l'umanità tutta è passata di lì. È piuttosto l'incanto dell'universale esperienza, da cui ci aspettiamo emozioni non ordinarie o personali, qualcosa che sia solo nostro.
Solo i giovani hanno di questi momenti. Non intendo dire i giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. È privilegio della prima gioventù vivere in anticipo sui propri giorni, nella bella continuità di speranze che non conosce pause né introspezione.
Uno chiude dietro di sé il cancelletto della fanciullezza – ed entra in un giardino incantato. Là persino le ombre rilucono di promesse. Ogni svolta del sentiero ha un suo fascino. E non perché sia una terra tutta da scoprire. Si sa bene che l'umanità intera l'ha percorsa in folla. È la seduzione dell'esperienza universale, da cui ci si attende una sensazione singolare o personale: un po' di se stessi.
Solo i giovani hanno momenti simili. Non penso ai giovanissimi. No, i giovanissimi, propriamente parlando, non hanno momenti. È privilegio della prima giovinezza vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta la bella continuità di speranze che non conosce pause o introspezioni. Si chiude dietro di noi il cancelletto della pura fanciullezza – e ci si addentra in un giardino incantato. Persino le ombre vi risplendono promettenti. Ogni svolta del sentiero è piena di seduzioni. E questo non perché sia una terra inesplorata. Si sa bene che tutta l'umanità ha già percorso questa strada. È il fascino dell'esperienza universale dalla quale ognuno si aspetta una sensazione particolare e personale – un po' di noi stessi.
Mi avvicinai tendendogli la mano. I suoi occhi, che guardavano altrove, avevano un'espressione tesa. Era come uno che stesse ad ascoltare un grido d'avvertimento.
«Non volete stringermi la mano, Ransome?» dissi con dolcezza.
Uscì in un'esclamazione, arrossì fino a diventar paonazzo, quasi mi slogò la mano nella sua stretta, e subito dopo, rimasto io solo nella cabina, lo udii salire la scaletta del boccaporto con cautela, gradino per gradino, nel timor panico di risvegliare improvvisamente l'ira del nostro comune nemico, ch'era suo destino di dover consapevolmente portare nel petto fedele.
Era alto quasi sei piedi, forse un pollice o due meno, solidamente costrutto, e vi veniva incontro con le spalle un po' incurvate, la testa in avanti, e uno sguardo dall'alto in basso che vi faceva pensare a un toro pronto a caricare. La sua voce era profonda e sonora e i suoi modi rivelavano una tenace sicurezza in se stesso che pure nulla aveva di aggressivo. Sembrava una necessità, quel suo atteggiamento, che appariva diretto tanto agli altri quanto a se medesimo. Meticolosamente curato nella persona, vestiva di candido dalla testa ai piedi ed era assai popolare nei vari porti dell'Estremo Oriente, dove si guadagnava da vivere come agente di forniture marittime.
[Joseph Conrad, Lord Jim, traduzione di Alessandro Gallone, Alberto Peruzzo Editore, 1989.]
Durante la dominazione spagnola, e per molti anni dopo, la città di Sulaco ― la lussureggiante bellezza dei suoi aranceti ne attesta l'antichità ― non era stata commercialmente nulla più che un porto di piccolo cabotaggio con un discreto traffico locale di pelli bovine e indaco.[16]
Dichiaro innanzitutto di non possedere quelle doti d'immaginazione ed espressione che mi avrebbero permesso di ricreare, per il lettore, la personalità dell'uomo che secondo l'uso russo si chiamava Kirilo Sidorovič (Cirillo figlio di Isidoro) Razumov.[18]
È mio desiderio, tanto per cominciare, dichiarare subito che non posseggo quei sublimi doni espressivi e immaginativi che avrebbero potuto rendere la mia penna capace di creare, ad uso del lettore, la personalità dell'uomo che si chiamava, secondo il costume russo, Cirillo figlio di Isidoro – Kirylo Sidorovich – Razumov.
Un cupo rossore infuocava le facciate marmoree dei palazzi ammassati lungo le pendici di un'arida collina il cui spoglio crinale tracciava, alto sul cielo che imbruniva, un rigo luminoso e spettrale. Il sole invernale tramontava sul golfo di Genova. Oltre la costa a oriente il cielo era come vetro scuro. Anche il mare aperto aveva un aspetto vitreo, e sulla sua superficie rossastra la luce della sera indugiava come incapace di staccarsene. Le vele di alcune feluche alla fonda apparivano rosee e allegre, immobili nell'oscurità crescente. Tutte puntavano la prua verso la Superba. All'interno del molo, che era lungo e terminava con una tozza torre rotonda, l'acqua del porto si era fatta nera. (p. 37)
Il capitano Mac Whirr, del piroscafo Nan-Shan, aveva una fisionomia che, stando alle apparenze materiali, rispecchiava esattamente il suo carattere: non presentava particolari caratteristiche di risolutezza o di stupidità; non presentava caratteristiche di alcun tipo; era semplicemente normale, inespressiva e imperturbabile.
Questa era certamente la soluzione più conveniente per mettere a tacere il fatto nell'interesse di tutti. Qual è la tua opinione di signorino delle navi postali? Il vecchio capo dice che quella era decisamente la cosa migliore da farsi. L'altro giorno, il comandante sottolineava il fatto che: «Ci sono cose che non si trovano sui libri». Sono convinto che, per essere un uomo così limitato, se l'è cavata davvero molto bene.
Questo poteva accadere soltanto in Inghilterra, dove gli uomini e il mare si intrecciano.[19]
Percorrevamo in carrozza la strada che va da Tréguier a Kervanda. Passavamo ad un trotto serrato fra le siepi alzate sui ripari di terra che fiancheggiavano la strada, quando, al piede della ripida ascesa che precede Ploumar[20], il cavallo si mise spontaneamente al passo, mentre il cocchiere saltava da cassetta pesantemente a terra.
Egli fece scoppiettare la frusta e s’inerpicò sul pendio, salendo grevemente il colle a fianco del veicolo, la mano sul predellino e l’occhio a terra.
Dopo un certo tempo alzò la testa, indicò avanti a lui la strada colla punta della sua frusta e disse:
L'idiota!
Napoleone I, la cui carriera ebbe il carattere di un duello contro l'Europa intera, disapprovava il duello fra gli ufficiali del suo esercito. Il grande imperatore militare non era uno smargiasso e aveva poco rispetto per la tradizione.
Il signor Baker, primo ufficiale della nave Narciso, uscì con un solo passo dalla sua cabina illuminata e si trovò nell'ombra del cassero. Sopra la sua testa, sul frontone del casseretto, la guardia di notte suonò un doppio colpo. Il signor Baker, parlando all'uomo in alto, domandò:
– L'equipaggio è tutto a bordo, Knowells?
Il marinaio scese la scala zoppicando, poi disse con tono meditativo:
– Credo di sì, signore. Tutti i nostri vecchi sono qui, e ne sono venuti molti nuovi... Devono essere qui tutti.
Questa storia, episodio, avventura (chiamatela come vorrete), fu riferita verso il 1850 da un uomo che, per sua confessione, aveva in quell'epoca sessant'anni. Sessant'anni non è una brutta età, se non quando se ne considera la prospettiva, ciò che noi facciamo, nella maggior parte, con sentimenti molto confusi. È un'età calma; praticamente, la partita è al termine; e tenendosi in disparte, ciascuno comincia a ricordare, con una certa vivezza, l'uomo abile che ha saputo essere nel corso della sua esistenza.
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