È ricordato soprattutto per i Sopranos, James Gandolfini, che invece di ruoli ne interpretò tanti. Sempre un po' border, aiutato anche dal fisico grosso, dal volto caratterizzato da una morfologia da classico delinquente italoamericano che può essere, a scelta e di volta in volta o anche insieme, crudele, tonto, acuto, sempre pericolosissimo. Ma la celebrità televisiva gli arrivò soprattutto grazie alla serie HBO, trasgressiva soprattutto perché metteva in luce l'"anima" dei mafiosi, trattava la malavita come un mestiere, il male tanto più pericoloso quanto lavoro quotidiano. Una serie che ha fatto la storia: sesso e psicoanalisi, famiglia e vite parallele, un must, da Freud ai nostri giorni.
[Sulla sua interpretazione nella serie tv cult I Soprano] Era una realizzazione più cinematografica che televisiva; gli attori, tutti, impeccabili; la tristezza, grande. Gandolfini era il protagonista, che cercava di risolvere i suoi dubbi esistenziali andando in analisi.
Gandolfini non era soltanto i Sopranos. A parte il cinema mai abbandonato, lo si ricorda per un’altra grande interpretazione tv, sempre per la HBO. Siamo nel 1973, e il film tv «Cinema Verité» era prima di tutto un bellissimo ritratto d'epoca. Vestiti, scarpe, mobili, luoghi, tutto è perfetto. Ancora un bel prodotto di quell’azienda che non farà soltanto capolavori, ma certo dà al pubblico standard di qualità sempre elevati, qui 9 candidature agli Emmy. Era il racconto, con Tim Robbins e Diane Lane accanto a Gandolfini, del primo vero reality della tv. I registi Spring Berman e Pulcini furono bravissimi a ricostruire non soltanto l’estetica dell’epoca, ma anche l’etica. Il trauma del Vietnam, la condizione femminile e gay, il nascente problema della privacy.