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politico e oratore ateniese Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Iperide (390/389 a.C. – 322 a.C.), oratore e politico ateniese.
[L'ordine delle orazioni è quello presentato in Oratori attici minori.]
Personalmente, signori giudici, come appunto dicevo poco fa a quelli seduti accanto a me, il fatto che mi stupisce è questo qui: che, per Zeus, Demostene sia il solo uomo in Atene nei cui confronti non abbiano vigore né le leggi che prescrivono la validità di ogni contratto stipulato da una persona in suo proprio danno, né i decreti del popolo, secondo i quali voi avete giurato di dare il vostro voto. Tanto più che questi decreti non sono stati proposto da nessuno dei nemici di Demostene, ma da lui stesso, e il popolo li ha votati dietro suo invito e quasi con il suo volontario consenso alla propria sentenza di morte ...[1] Eppure il buon diritto, signori giudici, è semplice, penso, da stabilire: esso è in nostro favore contro Demostene. Come nelle cause private molte controversie si decidono per mezzo di intimazioni, analogamente anche quest'affare è già bell'e deciso. Consideratelo, signori giudici, nel modo seguente. Il popolo ti accusò, Demostene, di aver ricevuto venti talenti contro l'interesse dello stato e contro le leggi. Tu negasti di averli ricevuti e redigesti un'intimazione in forma di decreto, che presentasti al popolo, rimettendoti per le accuse che ti erano state mosse all'arbitrato del consiglio dell'Areopago ...[1] [Frammento 1; traduzione in Oratori attici minori, pp. 119-121]
Io sono venuto qui pieno di fiducia anzitutto negli dèi, nei quali appunto anche voi solete confidare sia negli affari privati, ciascuno per proprio conto, sia in quelli pubblici, poi nella legge e nel giuramento che vi impone di ascoltare del pari gli accusatori e i difensori, e ...[1]
[Frammento 1; traduzione in Oratori attici minori, p. 147]
Ciò che io ero in grado di dire in mia difesa, signori giudici, a un dipresso l'avete udito. Ma poiché il mio accusatore, pur non essendo inesperto nell'arte della parola e pur avendo frequente pratica di contese giudiziarie, ha fatto appello ad altri oratori disposti a rovinare un cittadino contro la giustizia, anch'io vi prego e vi supplico di autorizzarmi a chiedere a mia volta l'intervento di uomini che parleranno a mio favore in un processo così grave, e di ascoltare con animo benigno i congiunti e gli amici in grado di aiutarmi; ché sono vostro concittadino, e come privato, non ho pratica di parlare, e in questo processo corro il rischio non solo di essere condannato a morte – cosa, questa, di minima importanza per chi sappia ben valutare – ma di essere gettato fuori dei confini e, dopo morto, di non aver neppure sepoltura in patria. Pertanto, se mi autorizzerete, signori giudici, chiamerò un amico che venga in mio soccorso. Sali quassù, Teofilo, per favore, e di' in mia difesa ciò che puoi; hai l'autorizzazione dei giudici.
[19-20; traduzione in Oratori attici minori, pp. 160-161]
Per parte mia, signori giudici, come appunto dicevo poco fa a quelli seduti accanto a me, mi stupisco se non siete ormai stomacati di queste così fatte eisangelie. In passato venivano denunziati davanti a voi con questa procedura Timomaco, Leostene, Callistrato, Filone di Anea, Teotimo che perdette Sesto e altri personaggi del genere: erano accusati, i primi due, di avere consegnato al nemico una flotta, i due ultimi città dell'impero ateniese, l'altro infine di non fare, nella sua qualità di oratore, le proposte più conformi agl'interessi del popolo. Di questi, cinque quanti erano, nessuno affrontò il processo, ma volontariamente se ne andarono in esilio da Atene. Né diversamente fecero molti altri denunziati con eisangelia, ed era raro vedere che uno processato mediante eisangelia comparisse in tribunale; così gravi e manifeste erano le colpe che allora provocavano le eisangelie. Ma quel che ora accade nella nostra città tocca il colmo del ridicolo. Diognide e il meteco Antidoro si vedono intentare un'eisangelia con il pretesto che danno a nolo le flautiste a un prezzo superiore a quello prescritto dalla legge, Agasicle del Pireo perché si è fatto iscrivere nel demo di Alimunte, Eussenippo per ciò che dice di aver visto in sogno. Non c'è dubbio che nessuna di queste accuse ha il menomo rapporto con la legge eisangeltica.
[1-3; traduzione in Oratori attici minori, pp. 172-173]
Orbene a questi tali forse non è facile impedire di comportarsi così, ma voi, signori giudici, come avete già salvato molti altri cittadini ingiustamente implicati in processi, così date il vostro aiuto anche ad Eussenippo, e non disinteressatevi di lui in un affare di nessun conto e in un'eisangelia di tal genere; un'eisangelia a cui l'imputato non è soggetto, che è stata intentata contro le leggi e che inoltre è stata invalidata in certo modo dallo stesso accusatore. Infatti Polieucto gli ha rimproverato, nella sua eisangelia, di non fare le proposte più conformi agl'interessi del popolo ateniese, perché corrotto con denaro e donativi dai nemici del popolo ateniese. Se egli dunque, fuori dalla nostra città, denunziasse l'esistenza di certe persone dalle quali Eussenippo ha accettato donativi per farsi loro alleato, potrebbe sostenere che, non essendo possibile punire quelli, bisogna far pagare il fio ai loro agenti di qui. Ora invece afferma che sono Ateniesi quelli dai quali Eussenippo ha accettato donativi. Ma allora? Mentre hai in città i nemici del popolo, tu non cerchi di punirli, ma è con Eussenippo che te la prendi? Ancora poche parole sul voto che voi dovete dare, e scenderò. Quando, signori giudici, vi accingerete a votare, ordinate al cancelliere di leggervi punto per punto la eisangelia e il giuramento eliastico. Poi prescindete dai discorsi di noi tutti e considerando soltanto, sulla scorta dell'eisangelia e delle leggi, ciò che vi sembra giusto e conforme al vostro giuramento, votate di conseguenza. Io per parte mia, o Eussenippo, ti ho dato tutto l'aiuto che potevo. Ora non ti resta che supplicare i giudici, invocare l'assistenza degli amici e far salire quassù i tuoi figlioletti.
[38-41; traduzione in Oratori attici minori, p. 194-195]
Io mi sono proposto di non superare con il mio discorso un'anfora d'acqua, perciò non intendo dilungarmi oltre. Il cancelliere vi leggerà di nuovo l'atto di accusa. Voi tenete a mente le imputazioni; ascoltate la lettura delle leggi; ed emettete un verdetto conforme alla giustizia e al vostro stesso interesse.
[13; traduzione in Oratori attici minori, p. 209]
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