Loading AI tools
scrittore statunitense (1928-1982) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Philip Kindred Dick (1928 – 1982), scrittore statunitense.
Da una settimana il signor R. Childan teneva d'occhio ansiosamente la posta. Ma il prezioso pacchetto inviato dagli Stati delle Montagne Rocciose non era ancora arrivato. Il venerdí mattina, quando aprí il negozio e vide sul pavimento solo lettere pensò: il mio cliente si infurierà.
Un attimo dopo Juliana ripercorreva il vialetto lastricato in pietra, camminando sulle macchie di luce che provenivano dalle finestre del soggiorno, e poi nelle ombre del giardino che circondava la casa, fino al marciapiede buio.
Camminò senza voltarsi indietro verso la casa degli Abendsen e, mentre camminava, continuò a guardare su e giù per la strada in cerca di un taxi o una macchina, qualcosa di mobile, vivo e lucente che la riportasse al motel.
[Philip K. Dick, La svastica sul sole, traduzione di Maurizio Nati, collana Tif Extra, Fanucci Editore]
Barefoot tiene i suoi seminari nella sua casa galleggiante di Sausalito. Costa cento dollari scoprire perché siamo su questa Terra. Nel prezzo è compreso anche un sandwich, ma quel giorno non avevo fame. John Lennon era appena stato ucciso, e io pensavo di sapere perché siamo su questa Terra: per scoprire che ciò che ami di più ti verrà rubato, probabilmente più per un errore nelle alte sfere che per un preciso disegno.
[Philip K. Dick, La trasmigrazione di Timothy Archer, in La trilogia di Valis, volume 3, traduzione di Vittorio Curtoni, Fanucci Editore]
Una minuscola e allegra vibrazione elettrica, trasmessa dalla soneria automatica e proveniente dall'organo degli umori, accanto al suo letto, svegliò Rick Deckard. Sorpreso (trovarsi sveglio senza preavviso lo sorprendeva sempre) si alzò dal letto, restò immobile un attimo nel suo variopinto pigiama e si stiracchiò.
Una gioviale scossetta elettrica, trasmessa dalla sveglia automatica incorporata nel modulatore d'umore che si trovava vicino al letto, destò Rick Deckard. Sorpreso — lo sorprendeva sempre il trovarsi sveglio senza alcun preavviso — si alzò dal letto con indosso il pigiama multicolore e si stiracchiò. Ora, nell'altro letto, anche Iran, sua moglie, dischiuse gli occhi grigi, tutt'altro che gioviali, sbatté le palpebre, quindi gemette e li richiuse.
Una volta un tizio stette tutto il giorno a frugarsi in testa cercando pidocchi. Il dottore gli aveva detto che non ne aveva. Dopo una doccia di otto ore, in piedi un'ora dopo l'altra sotto l'acqua bollente a sopportare le stesse pene dei pidocchi, uscì e s'asciugò, con gli insetti ancora nei capelli; anzi ne aveva ormai su tutto il corpo. Un mese più tardi gli erano arrivati fin dentro i polmoni.
La tensione incombeva sui tre uomini in attesa. Fumavano, passeggiavano avanti e indietro e, senza pensare, tiravano calci alle erbe che crescevano sul lato della strada. Un caldo sole di mezzogiorno colpiva con la sua luce abbagliante i campi bruni, i tetti delle pulitissime case di plastica e la linea delle montagne lontane a Ovest.
Il maggiore Lawrence Hall si chinò sul microscopio binoculare e lo regolò con cura.
— Interessante — mormorò.
— Non è vero? Siamo da tre settimane su questo pianeta e dobbiamo ancora trovare una forma di vita pericolosa. — Il tenente Friendly sedette sull'orlo del tavolo, stando ben attento a non urtare le bacinelle di coltura. — Che razza di posto è questo? Niente germi di malattie, niente pidocchi, niente mosche, niente ratti, niente...
Io sono fatto d'acqua. Non ve ne potete accorgere perché faccio in modo che non esca fuori. Anche i miei amici sono fatti d'acqua. Tutti quanti. Il nostro problema è che non solo dobbiamo andarcene in giro senza essere assorbiti dal terreno ma, anche, che dobbiamo guadagnarci da vivere.
Nella luce dorata del primo mattino Stuart McConchie spazzava il marciapiede di fronte alla Modern TV Sales & Service, con l'orecchio attento alle automobili che passavano lungo Shattuck Avenue e alle segretarie che si affrettavano sui tacchi a spillo verso i loro uffici, tutti piccoli movimenti e gradevoli profumi di una nuova settimana, un nuovo momento in cui un buon venditore poteva realizzare un bel po' di cose.
[Philip K. Dick, Cronache del dopobomba, traduzione di Maurizio Nati, Fanucci, 2012. ISBN 9788834718735]
Di buon'ora, nella luce dorata del mattino, Stuart McConchie spazzava il marciapiede davanti alla Modern Tv Vendita e Riparazioni; sentiva il viavai delle auto lungo Shattuck Avenue, i tacchi alti delle segretarie che si affrettavano verso gli uffici, tutto il fermento e gli odori pungenti di una nuova settimana, un'altra settimana in cui un buon commesso poteva mandare in porto un mucchio di cose.
[Philip K. Dick, Cronache del dopobomba, traduzione di Ginetta Pignolo, Einaudi, 1997. ISBN 8806145584]
Ecco! La mucca pezzata di nero che tirava il carretto biciclo. Al centro del carretto. E dalla soglia della sagrestia Padre Handy, scrutando contro la luce del mattino dal Wyoming fino al nord, come se il sole sorgesse in quella direzione, vide il dipendente della chiesa, il tronco smembrato con la testa bitorzoluta che dondolava come in un viaggio immaginifico, assecondando la lenta danza della mucca Holstein che si avvicinava arrancando.
Arrivò il momento di affidare Manny a una scuola. Il governo aveva una scuola speciale. La legge decretava che Manny non poteva frequentare una scuola normale a causa delle sue condizioni, ed Elias Tate non poteva farci niente. Non poteva aggirare i regolamenti del governo perché quella era la Terra e la zona maligna avvolgeva tutto. Elias la sentiva, e probabilmente la sentiva anche il bambino.
La temperatura del Rifugio oscillava tra i 38 e i 40 gradi. L'aria era costantemente invasa dal vapore che si spostava e ondeggiava pigramente. Geyser spruzzavano acqua bollente e il 'terreno' era uno strato mobile di melma calda, un composto di acqua, minerali dissolti e polpa fungoide. Resti di licheni e protozoi coloravano e ispessivano l'intruglio umido che gocciolava ovunque, sulle pietre bagnate e sugli arbusti spugnosi, sulle diverse installazioni funzionali. C'era un fondale accuratamente dipinto, una lunga piattaforma emersa da un oceano pesante.
Prima di entrare nella sala del Supremo Consiglio, Gabriel Baines inviò avanti il suo scricchiolante simulacro, prodotto dalle insuperate industrie belliche Mani, per vedere se per caso avesse corso qualche pericolo. Il simulacro, ingegnosamente costruito per rassomigliare a Baines in ogni particolare, era stato inventato dagli scienziati Mani che lo avevano programmato per molti altri lavori, ma Baines lo impiegava soltanto per difendersi, o quando temeva qualche pericolo: difendere se stesso era l'unico scopo della sua vita, l'unico suo diritto per fare parte del clan Para, nella città di Adolfville situata al polo settentrionale della luna.
[Philip K. Dick, Follia per sette clan, traduzione di Vittorio Curtoni e Gianni Montanari, Mondadori, 1998]
Prima di entrare nella sala del Consiglio Supremo, Gabriel Baines mandò il suo ticchettante simulacro assemblato dai Mani per vedere se per caso lo avrebbero attaccato. Il simulacro – costruito ad arte per somigliare a Baines in ogni dettaglio – poteva svolgere molte funzioni, poiché era stato creato dall'inventivo clan dei Mani, ma Baines si preoccupava solo di impiegarlo nelle sue manovre difensive; difendersi, infatti, era il suo unico scopo nella vita, ciò che gli dava il diritto di far parte dell'enclave Para di Adolfville all'estremità nord della luna.
[Philip K. Dick, Follia per sette clan, traduzione di Paolo Prezzavento, Fanucci, 2012. ISBN 9788834718773]
Suo padre era stato un restauratore di vasi prima di lui. Così anche Joe riparava vasi; praticamente qualsiasi tipo di oggetto in ceramica proveniente dai Vecchi Tempi, prima della guerra, quando non tutto era fatto di plastica. Un vaso in ceramica era una cosa meravigliosa, e tutti quelli che lui restaurava si trasformavano in qualcosa che Joe avrebbe amato, che non avrebbe dimenticato mai più; la forma di quell'oggetto, la sua composizione e il suo smalto restavano impressi in lui nel corso degli anni.
Tuttavia quasi nessuno aveva bisogno del suo lavoro, delle sue prestazioni. Rimanevano troppo pochi oggetti in ceramica, e chi li possedeva prendeva mille precauzione affinché non si rompessero.
— Che tipo di nave sarà? — chiese il Capitano Shure, gli occhi fissi sullo schermo, le mani contratte sulla manopola per la regolazione più delicata.
Il navigatore Nelson diede un'occhiata al di sopra della sua spalla. — Aspetti un minuto — Girò la telecamera di controllo e fotografò lo schermo. La fotografia scomparve giù nel tubo portamessaggi verso la stanza d'astrografia. — Restiamo calmi. Faremo fare una ricerca da Barnes.
Era stata una brutta serata e quando cercò di tornare a casa ebbe un diverbio terribile con la sua auto. «Signora Garden, lei non è in condizione di guidare. Prego, inserisca l'auto-autopilota e si distenda sul sedile posteriore.» Pete Garden restò seduto al posto di guida e disse con tutta la chiarezza di cui era capace: «Senti, posso guidare. Un bicchierino, anzi due o tre, mi rendono più vigile. Perciò piantala con queste fesserie.» Premette il bottone dello starter, ma non accadde nulla. «E parti, per la miseria!»
Il memo interno, alla Electronical Musical Enterprise, spaventò Nat Flieger, e non riuscí a spiegarsi il perché. In fondo si trattava di un'opportunità da non lasciarsi sfuggire: il famoso pianista sovietico Richard Kongrosian, uno psicocinetico che suonava Brahms e Schumann senza toccare fisicamente la tastiera con le mani, era stato localizzato nella sua residenza estiva di Jenner, in California. E con un po' di fortuna Kongrosian sarebbe stato disponibile per una serie di sedute di registrazione alla EME. Eppure...
Si erano già manifestati dei segni premonitori. I primi giorni di maggio dell'anno 2203 i giornali elettronici diedero notevole risalto alla notizia di un insolito volo di cornacchie bianche sui cieli svedesi. Un'inspiegabile sequenza di incendi distrusse circa metà degli edifici della corporazione Oiseau-Lyre Hill, una delle industrie più importanti di tutto il Sistema Solare. Piccole pietre sferiche caddero vicino alle installazioni del campo di lavoro su Marte. A
Batavia, sede del Direttorato della Federazione dei Nove Pianeti del Sistema Solare, era nato un vitello di razza Jersey con due teste: un segno indiscutibile che qualcosa di enorme importanza stava per accadere.
[Philip K. Dick, Lotteria dello spazio, traduzione di Domenico Gallo, Fanucci, 2012. ISBN 9788834718766]
Si erano avuti segni premonitori. Ai primi di maggio del 2203 i giornali automatici furono messi in movimento da un volo di cornacchie bianche sulla Svezia. Una serie di incendi inspiegabili demolì metà dell'Oiseau-Lyre Hill, un centro industriale cardine del sistema. Piccole pietre rotonde caddero vicino alle installazioni del campo di lavoro su Marte. A Batavia, Direttorato delle Federazione dei nove pianeti nacque un vitello con due teste: segno sicuro che si stava preparando qualcosa di incredibile importanza.
[Philip K. Dick, Il disco di fiamma, traduzione di Laura Grimaldi, Mondadori, 1986. ISBN 8804432527]
Kastner girò attorno alla navicella senza parlare. Si arrampicò sulla scaletta ed entrò, scomparendo cautamente nell'interno. Per alcuni minuti si vide solo il suo contorno indistinto muoversi qua e là nell'abitacolo. Poi Kastner comparve di nuovo, l'ampio viso lievemente acceso.
«Be'?» disse Caleb Ryan. «Cosa ne pensi?»
«Mr. Lars...?»
«Temo di non poter dedicare ai vostri spettatori neppure un istante. Mi spiace.» Si mosse, ma l'intervistatore autonomo TV gli bloccò la strada, continuando a centrarlo con la camera. Il sorriso metallico della creatura scintillava fiducioso.
«Per caso, non state entrando in trance, Mr. Lars?» S'informò speranzoso l'intervistatore autonomo, come se questo potesse accadere perfino davanti ai sistemi di lenti multifax alternate della sua camera portatile.[6]
[Philip K. Dick, Il sognatore d'armi (The Zap Gun), traduzione di Sandro Sandrelli, Mondadori, 1998]
«Mr Lars, signore!»
«Temo di avere solo un attimo per parlare ai suoi spettatori. Mi dispiace.» riprese a camminare, ma l'intervistatore televisivo autonomico, con la telecamera in mano, gli bloccò la strada. Il sorriso metallico della creatura scintillava fiducioso.
«Sente una trance in arrivo, signore?» L'intervistatore autonomico indagò speranzoso, come se uno stato di trance potesse avvenire davanti al sistema di lenti a trasmissione alternata della sua telecamera portatile. [7]
[Philip K. Dick, Mr Lars sognatore d'armi, traduzione di Carlo Pagetti, Fanucci, 2010. ISBN 978-88-347-1570-3]
Era notte inoltrata quando l'agente Joseph Tinbane, mentre faceva un giro di perlustrazione nei pressi di un cimitero molto piccolo e fuori mano a bordo della sua aeromobile, udì suoni lamentosi e familiari. Una voce. Si diresse subito sul posto con l'aeromobile, sorvolando i ferri acuminati del malridotto cancello del cimitero, discese dalla parte opposta, e si mise in ascolto.
La voce, soffocata e debole, diceva: "Mi chiamo Tilly M. Benton, e voglio uscire. Qualcuno mi sente?"
L'agente Timbane puntò la sua torcia. La voce veniva dall'erba. Come aveva immaginato, la signora Benton era sottoterra.
Era notte inoltrata quando l'agente Joseph Tinbane, passando con la sua aerovettura di pattuglia nei pressi di un cimitero estremamente piccolo e fuori mano, udì dei suoni lamentosi e ben noti. Una voce. Salì subito di quota superando gli appuntiti pali di ferro del malandato recinto del cimitero, discese all'estremità opposta, e si mise in ascolto.
La voce, soffocata e debole, diceva: «Sono la signora Tilly M. Benton, e voglio uscire. C'è nessuno che mi sente?».
L'agente Tinbane puntò i fari. La voce proveniva da sotto l'erba. Come aveva supposto, la signora Tilly M. Benton era sottoterra. Impugnò il microfono della radio di bordo e disse:
«Sono al cimitero Forest Knolls (mi pare che si chiami così) e ho qui un 1206. Sarà meglio inviare un'ambulanza con una squadra di scavo: dal tono della voce, mi pare un caso urgente».
[Philip K. Dick, Redivivi S.p.a.]
Il palazzo apteriforme che gli era così familiare emetteva la consueta luminosità grigia e fumosa mentre Eric Sweetscent faceva planare il disco e riusciva a parcheggiare nel piccolo box che gli era stato assegnato.
La nostra tecnica di vendita è stata perfezionata agli inizi degli anni Settanta. Prima di tutto mettiamo un'inserzione su un giornale locale, negli annunci economici. Piano-spinetta, anche organo elettronico, sequestrato per mancato pagamento, in perfette condizioni, SVENDIAMO. Contanti o credito coperto in questa zona, per completare riscatto rateale onde evitare spese ritorno Oregon. Scrivere: Frauenzimmer Piano Company, Sig. Rock – Direttore Vendite Rateali, Ontario, Oregon.
L'addetto alle riparazioni della West Marin Water Company tirò calci a sassi e foglie e trovò il tubo e la falla. Un camion della contea, nel fare marcia indietro, era finito sul tubo e lo aveva rotto col proprio peso. Il camion era lì per cimare le piante lungo la strada; una squadra aveva trascorso l'ultima settimana a tagliare i rami dei cipressi. Furono loro a chiamare l'azienda dell'acqua, telefonando dalla caserma dei vigili del fuoco a Carquinez, dove l'azienda aveva gli uffici.
Il Commissario della Sicurezza Reinhart salì rapidamente gli scalini ed entrò nel Palazzo del Consiglio. Le guardie si scostarono per lasciarlo passare, e lui fece il suo ingresso nel familiare ambiente dove le grandi macchine ronzavano in continuazione. Sul volto magro gli occhi s'illuminarono per la tensione e si misero a fuoco sul calcolatore centrale SRB per leggere gli ultimi dati.
La giornata era torrida. Tremule onde di calore salivano dalla strada, per svanire poi nel catrame che scorreva dolcemente, frusciando, sotto le ruote della macchina. Il sole estivo inondava le fattorie sulla collina, le distese verde scuro cosparse di arbusti e di alti pini, i cedri svettanti, l'alloro più tenero, i pioppi.
Ted e Peggy Barton si allontanavano rapidamente da Patrick County. Erano vicini al confine di Carroll e al massiccio di Beaver Knob. La strada era in pessime condizioni. La Packard gialla tossiva e ansimava, arrampicandosi sulle ripide colline della Virginia.
Una nebbia può penetrare dall'esterno e impossessarsi di te; può invaderti. Alla lunga e alta finestra della sua biblioteca (una regale struttura costruita con i frammenti di cemento che un tempo, in un'altra epoca, formavano una rampa d'accesso della Bayshore Freeway), Joseph Adams rifletteva mentre guardava la nebbia, quella del Pacifico. E siccome era sera e sul mondo stava scendendo il buio, quella nebbia lo spaventava quanto l'altra, quella nebbia interiore che non invadeva ma si estendeva e si rimescolava riempiendo ogni parte vuota del suo corpo. Quasi sempre, a quest'ultima nebbia si dava il nome di solitudine.
[Philip K. Dick, La penultima verità, traduzione di Vittorio Curtoni, Mondadori, 1999. ISBN 8804472057]
La nebbia può penetrare dall'esterno e giungere fino a te; può invaderti. Così pensava Joseph Adams mentre fissava la nebbia, quella del Pacifico, dalla finestra alta e lunga della sua biblioteca: una struttura faraonica ricavata da frammenti di cemento che un tempo, in un'altra epoca, formavano una rampa di entrata della Bayshore Freeway. E poiché era sera e sul mondo stava calando l'oscurità questa nebbia lo spaventava così come l'altra nebbia, quella interna che non invadeva, ma si allungava, si muoveva e riempiva le parti vuote del suo corpo. Di solito la seconda nebbia veniva chiamata solitudine.
[Philip K. Dick, La penultima verità, traduzione di Maurizio Nati, Fanucci, 2012. ISBN 9788834718704]
L'esaurimento nervoso di Horselover Fat cominciò il giorno in cui ricevette la telefonata di Gloria, con cui gli chiedeva se avesse del Nembutal. Lui le domandò perché lo volesse, e lei rispose che aveva intenzione di uccidersi.
Il lavoro come sempre lo annoiava. Così si era recato, la settimana precedente, al trasmettitore della nave e ne aveva allacciato i condotti agli elettrodi permanenti che uscivano dalla sua ghiandola pineale. I condotti avevano trasferito la preghiera al trasmettitore, e da lì la preghiera era passata al più vicino centro d'ascolto; la preghiera, in quei giorni, aveva fatto il giro della galassia, per finire (almeno lo sperava) su uno dei mondi divini.
Barney Mayerson si svegliò con un mal di testa fuori dal comune, per scoprire che si trovava in una camera da letto nient'affatto familiare in un appcon nient'affatto familiare. Al suo fianco, con le coperte che le arrivavano fino alle spalle nude e lisce, continuava a dormire una ragazza nient'affatto familiare, che respirava lievemente con la bocca, i capelli una matassa di bianco cotonato.
[Philip K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldritch (1964), traduzione di U. Rossi, Fanucci Editore, 2003. ISBN 8834709152]
Con un mal di testa fuori dal comune, Barney Mayerson si svegliò in una camera da letto sconosciuta di un condominio sconosciuto. Accanto a lui, con le coperte tirate su fino alle spalle, nude e lisce, dormiva una ragazza sconosciuta, che respirava piano con la bocca, i capelli un bianco scompiglio simile a cotone[9].
[Philip K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, traduzione di Gianni Pannofino, Sellerio, 2000]
Mentre guidava Jim Fergesson abbassò il finestrino della sua Pontiac e, sporgendo il gomito, tirò fuori la testa per inalare boccate dell'aria estiva del primo mattino. Colse la luce del sole sui negozi e sul marciapiede mentre percorreva a velocità ridotta San Pablo Avenue. Tutto fresco. Tutto nuovo, pulito. La macchina della notte, la spazzola ronzante della città, gli passò accanto mentre raccoglieva i rifiuti: la scopa che convogliava le loro tasse.
Alla destra dell'auto in corsa, oltre il ciglio dell'autostrada, sostava un gruppo di vacche. Poco più in là ce n'erano altre, sagome marroni mezze nascoste dall'ombra di un granaio. A lato del granaio si scorgeva vagamente una vecchia insegna della Coca-Cola.
Joseph Schilling, seduto sul retro, infilò la mano nel taschino e tirò fuori il suo orologio d'oro. Con un movimento esperto dell'unghia lo aprì e guardò l'ora. Erano le due e quaranta del pomeriggio, di un caldo pomeriggio californiano di piena estate.
Il soldato russo si arrampicava nervosamente su per il fianco accidentato della collina, imbracciando il fucile. Lanciava occhiate intorno, umettandosi le labbra inaridite, teso in volto. Di tanto in tanto sollevava una mano guantata e si asciugava il sudore dal collo, sollevando il colletto della camicia.
Immersa negli abissi del sonno procuratole dal fenobarbital, Silvia Bohlen udì gridare il suo nome. Una voce penetrante, che irruppe negli strati in cui era sprofondata e che le rovinò quel perfetto stato di non-esistenza.
Bobby disse:«Non voglio fare l'esame.»
E invece devi farlo, pensò suo padre. Se deve esserci speranza che la nostra famiglia prosegua davvero nel futuro. In periodi che si stendono molto dopo la mia morte... la mia e quella di Kleo.
«Proverò a spiegartelo in un altro modo» disse ad alta voce, mentre avanzavano lungo l'affollato marciapiede mobile verso l'Ufficio federale per gli standard del personale.
Il deflettore di raggi protonici del bevatrone di Belmont tradì i suoi inventori alle quattro del pomeriggio del 2 ottobre 1959. Ciò che avvenne dopo, avvenne istantaneamente. Non più adeguatamente deflesso, e quindi non più sotto controllo, il fascio da sei miliardi di volt si irradiò verso il soffitto della sala, riducendo in cenere al suo passaggio una piattaforma di osservazione che sovrastava il magnete a forma di ciambella.
Stancamente, Addison Doug arrancava su per il lungo sentiero di scalini di sequoia sintetica, passo dopo passo, con la testa appena piegata in avanti, come se provasse un autentico dolore fisico. La ragazza lo osservava, desiderosa di aiutarlo, angosciata nel vedere quanto fosse stanco ed infelice, ma nello stesso tempo si rallegrava che lui fosse venuto, in ogni caso. Una marcia estenuante verso di lei, senza alzare gli occhi, procedendo quasi ad intuito... Come se l'avesse fatto chissà quante volte, pensò lei all'improvviso. Conosce fin troppo bene la strada. Perché?
Il mio amico Nicholas Brady, che era certo di aver contribuito a salvare il mondo, era nato a Chicago nel 1928 ma poi si era trasferito in California. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita nell'area della baia, a Berkeley. Ricordava i pali metallici a forma di testa di cavallo che servivano per agganciare le redini di fronte ai vecchi edifici nella parte collinare della città, e i treni rossi a trazione elettrica che si collegavano ai traghetti; ma più di ogni altra cosa, ricordava la nebbia. In seguito però, verso gli anni '40, la nebbia smise di avvolgere la città ogni notte.
Quando vide il giovanotto, il primo pensiero di Anderton fu «Sto diventando calvo, grasso e soprattutto, vecchio». Ma tenne per sé queste constatazioni, e spinta indietro la sedia, si alzò per farsi incontro al nuovo venuto, tendendogli la mano con piglio deciso.
— Witwer? — domandò con un sorriso forzato.
— Sì — confermò l'altro. — Ma per voi sono Ed, sempre che condividiate la mia avversione per le formalità inutili. — L'espressione del suo viso, anche troppo spavalda, dava per scontata la cosa: sarebbero stati "Ed" e "John" ed avrebbero collaborato attivamente fin dall'inizio.
[Philip K. Dick, Rapporto di minoranza, traduzione di Beata Della Frattina, Mondadori, 1965]
Il primo pensiero che Anderton ebbe quando vide il giovane fu: Sto diventando calvo. Calvo, grasso e vecchio. Ma non l'espresse a voce. Invece spinse indietro la poltrona, si alzò in piedi e, protendendo rigidamente la mano destra, girò intorno alla scrivania e andò incontro al nuovo venuto. Gli strinse la mano, sorridendo con forzata cordialità.
«Witwer?» domandò, sforzandosi di pronunciare bene quel buffo nome.
«Precisamente,» rispose il giovane. «Ma lei può chiamarmi Ed, naturalmente. Cioè, se condivide la mia scarsa simpatia per i formalismi inutili.» Un'occhiata alla sua faccia chiara, eccessivamente fiduciosa, gli fece capire che l'altro considerava la questione già risolta. Ed e John avrebbero collaborato fin dall'inizio nel modo più proficuo.
[Philip K. Dick, Rapporto di minoranza, in "L'uomo variabile", traduzione di M. Nati e T. Tagliamonte, Fanucci, 1979]
Alle sette del mattino, Allen Purcell, il giovane e progressista presidente della più nuova e creativa fra le Agenzie di Ricerca, perse una stanza da letto. In compenso guadagnò una cucina. Si trattò di un processo automatico, gestito da un nastro impregnato di ossido di ferro, sigillato nella parete. Allen non aveva voce in capitolo al riguardo, ma accettò di buon grado la trasfigurazione; era già sveglio e pronto ad alzarsi.
Martedì 11 ottobre 1988 il Jason Taverner Show si concluse trenta secondi prima del solito. Un tecnico che osservava dalla bolla di plastica della cabina di controllo bloccò l'ultimo titolo di coda sulla sezione video, poi fece un cenno in direzione di Jason Taverner, che già stava lasciando il palcoscenico. Il tecnico si picchiò un dito sul polso, poi si indicò la bocca.
I due giovani, una coppia, capelli e pelle scuri, probabilmente messicani o portoricani, stazionavano nervosamente davanti al bancone di Herb Lackmore e il ragazzo, il marito, disse in un sussurro, «Signore, vogliamo essere messi a dormire. Vogliamo diventare inerti.»
Dal congelatore sul retro del negozio, Victor Nielson spinse un carrello di patate novelle alla zona verdure del reparto ortofrutta. Nel cesto quasi vuoto cominciò a gettare i tuberi nuovi, controllandone uno ogni dieci in cerca di macchie e spaccature sulla buccia.
[Philip K. Dick, Tempo fuor di sesto, traduzione di Anna Martini, Fanucci, 2012. ISBN 9788834718599]
Dalla cella frigorifera, nel retro del supermercato, Victor Nielsen spinse un carrello di patate novelle fino al settore verdura del reparto di frutta e verdura. Cominciò a riempire lo scomparto semivuoto, esaminando un tubero ogni dieci alla ricerca di sbucciature e tracce di marcio.
[Philip K. Dick, Tempo fuori luogo, traduzione di Gianni Pannofino, Sellerio, 1996. ISBN 8838915156]
Alle tre e trenta del mattino del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò fece squillare i videofoni. L'organizzazione Runciter aveva perso le tracce di troppi psi di Hollis nel corso degli ultimi due mesi; questa ulteriore sparizione non ci voleva.
[Philip K. Dick, Ubik (1969), traduzione di P. Prezzavento, Fanucci Editore, 2001. ISBN 8834709306]
Alle tre e trenta della notte del 5 giugno 1992, il miglior telepate del Sistema Solare scomparve dalla mappa situata negli uffici della Runciter Associates a New York City. Ciò diede inizio agli squilli dei videofoni.
L'organizzazione di Runciter aveva perso le tracce di troppi psi appartenenti al gruppo di Hollis negli ultimi due mesi; quell'ultima sparizione era la goccia finale[10].
[Philip K. Dick, Ubik, traduzione di Gianni Montanari, Fanucci, 1998]
Quando entrò nell'appartamento, fu investito da un fracasso assordante e da colori abbaglianti. L'improvvisa cacofonia prodotta da quel gran numero di persone lo stordì. Consapevole dell'accavallarsi di forme, suoni, odori, indistinte macchie tridimensionali, ma sforzandosi di scorgere qualcosa attraverso quella confusione, si arrestò sulla soglia. Con uno sforzo di volontà riuscì in qualche modo a snebbiare l'immagine, e quell'agitarsi frenetico e privo di significato si trasformò lentamente in un quadro di movimenti quasi ordinati.
Giovedì mattina, il 5 giugno 1952, giunse caldo e luminoso. La luce umida del sole bagnava i negozi e le strade. Scintillante sui prati, la fredda brina notturna si trasformava in vapore e risaliva verso il cielo azzurrissimo. Era il cielo del primo mattino; ben presto si sarebbe riscaldato e ingrigito. Una soffocante nebbiolina bianca sarebbe risalita dalla baia e avrebbe aleggiato opaca sul mondo. Ma erano solo le otto e trenta; il cielo aveva ancora due ore da vivere.
Arthur Pitt avvertì la presenza della folla non appena fu uscito dall'ufficio del Gruppo e si accinse ad attraversare la strada. Giunto all'angolo, dove era posteggiata la sua macchina, si fermò ad accendere una sigaretta. Mentre apriva la portiera esaminò l'assembramento, tenendo saldamente la borsa.
Erano in tutto una sessantina di persone, piccola gente, operai e impiegati, meccanici e camionisti, contadini, massaie, e un droghiere in grembiule bianco.
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.