E tuttavia quello che resta, sono i poeti che lo creano.[3]
Was bleibet aber, stiften die Dichter.
Essere una cosa sola con tutto ciò che vive, far ritorno, beatamente dimentichi di se stessi, nel seno universale della natura, ecco il vertice di ogni pensiero e di ogni gioia.[4]
Giorno e notte, un fuoco divino ci spinge ad aprire la via. Su vieni! Guardiamo nell'Aperto, cerchiamo qualcosa di proprio, sebbene sia ancora lontano.[5]
Il comporsi delle dissonanze in un determinato carattere non è cosa per la sola riflessione, né per il vuoto diletto.[1]
L'aureo splendore di tua pace angelica | spesso ho turbato. Tu molti reconditi | profondi mali della vita | hai da me appreso, essere santo! || Dimentica e perdona. Io sono simile | al nembo che trascorre su la placida | luna: passo; e tu splendi, | dopo, più bella, o dolce luce.[6]
Noi siamo originali solo perché non sappiamo nulla.[3]
Wir sind nur Original, weil wir nichts wissen.
Siamo un segno che non indica nulla, siamo senza dolore, e abbiamo quasi perso il linguaggio in terra straniera.[7]
Il caro suolo della patria mi dà gioia e dolore. Io sono ora ogni mattina sulle alture dell'istmo di Corinto e, come l'ape tra i fiori, la mia anima vola spesso or qui or là tra i mari, che a destra e a sinistra rinfrescano i piedi dei miei monti infocati. Soprattutto uno dei due golfi avrebbe dovuto allegrarmi, s'io fossi nato un migliaio d'anni avanti.
Citazioni
Felice l'uomo a cui una patria fiorente dà gioia e forza al cuore. (p. 22)
Io non ho nulla, di cui possa dire: «è mio». (p. 22)
O natura felice! io non so che sia di me, quando sollevo lo sguardo innanzi alla tua bellezza, ma tutta la gioia del cielo è nelle lagrime ch'io verso innanzi a te, come l'amante dinanzi all'amata. (p. 23)
Essere uno col tutto, questa è la vita degli dei, è il cielo dell'uomo! (p. 23)
Oh! un Dio è l'uomo allorché sogna, un mendicante quando riflette; [...] (p. 24)
[...] un essere celeste è il bambino, finché non si camuffa nei colori camaleontici degli uomini! (p. 24)
Come è inetto lo zelo più volenteroso degli uomini di fronte all'onnipotenza dell'entusiasmo indiviso! (p. 29)
Quale squisita dolcezza, quando il nostro intimo trae forza così dal soggetto, se ne distingue e più fido vi si congiunge, e il nostro spirito man mano si addestra! (p. 30)
Dove potrei trovare rifugio, se non avessi i cari giorni della mia giovinezza? (p. 34)
[...] che cosa sarebbe la vita senza speranza? Una scintilla che sprizza dal carbone e si spegne; e come nella torbida stagione si ode una folata di vento, che spira un istante e poi va morendo, così sarebbe pure di noi! (p. 40)
L'albero secco e marcio non ha diritto di star dove sta: esso ruba luce e aria alla giovane vita, che sorge e matura per un mondo nuovo. (p. 46)
Delle loro gesta si nutrono i figli del sole, essi vivono della vittoria, nel proprio spirito si ricreano e la loro forza è la loro gioia. (p. 46)
Lo stato non deve pretendere ciò che non può ottenere con la forza, Ciò che però è dono o dell'amore o dello spirito non lo si ottiene a forza. . (p. 50)
Lo stato è il rozzo involucro intorno al nocciolo della vita e nulla più; è il muro che recinge il giardino, ove crescono i frutti e i fiori umani. (p. 50)
È meglio diventar ape e costruire in innocenza la propria casa, che il dominar coi signori del mondo e urlare con loro, come con lupi, che dominar popoli e macchiarsi le mani dell'impura materia. (p. 57)
Noi vogliamo crescer qui in alto, vogliamo là in alto spiegare rami e fronde, e terra e clima ci portano invece ove vogliono loro, e se il fulmine cade sulla tua corona e ti spacca giù fino alle radici, povero albero! che ti riguarda? (p. 58-59)
L'onda del cuore non si leverebbe spumeggiando sì bella e diventerebbe spirito, se non le si rizzasse contro l'antico muto scoglio: il destino. (p. 61)
Il fuoco si leva in forme gioiose dalla culla oscura, in cui dormiva, e la sua fiamma si innalza e ricade e nuovamente erompe e si avvolge festosa, finché la sua materia è consunta, e allora fuma e lotta e si spegne: ciò che rimane è cenere. (p. 61)
Vi è un oblio di quanto esiste, un ammutolito del nostro essere, in cui abbiamo l'impressione di aver tutto ritrovato. (p. 62)
Come un fiume che scorra fra rive deserte, ove nessuna fronda di salice si specchia nell'acqua, tale scorreva innanzi a me, disadorno, il mondo. (p. 63)
Nulla può crescere e nulla così profondamente dissolversi, come l'uomo. (p. 63)
Chi non aspira alle gioie dell'amore e a grandi cose, quando nell'occhio del cielo e nel seno della terra ritorna la primavera? (p. 63)
Noi compiangiamo i morti, quasi sentissero la morte; e i morti hanno pur pace. Ma questo, questo è il dolore, che non ha uguali, questo è il senso dell'annullamento totale, che non dà tregua; quando la nostra vita perde così il suo significato, quando il cuore dice in tal guisa a se stesso: «tu devi cadere e nulla rimane di te; tu non hai piantato alcun fiore, non hai costrutto nessuna casa; oh, almeno potessi tu dire: io lascio sulla terra una traccia di me! Ahi! che l'anima può essere sempre sì piena di brama e nello stesso tempo, tanto scorata!» (p. 64-65)
Oh, i poeti hanno ragione; nulla è sì piccola e poca cosa, di cui non ci possiamo entusiasmare. (p. 67)
Amo questa Grecia al di sopra di tutto. Essa porta il color del mio cuore. Ovunque si guardi, giace sepolta una gioia. (p. 69)
Non è l'uomo invecchiato, sfiorito, non è egli come una foglia staccata, che non ritrova più il suo albero e che ora viene sbattuta qua e là dai venti, finché la sabbia non lo seppellisce? (p. 74)
Non piangete, se le cose migliori sfioriscono! Presto ringiovaniranno. Non affliggetevi, se la melodia del vostro cuore si spegne! Presto si trova una mano che la ridesta. (p. 75)
Era qui, il divino, qui, nella sfera della natura umana e delle cose. Io non domando più dove sia; era nel mondo e può nel mondo tornare. Ora è soltanto più nascosto in esso. Io non domando più cosa sia: io l'ho veduto, l'ho conosciuto. (p. 76)
Che cosa è tutto quanto gli uomini han pensato in millenni, di fronte a un solo istante di amore? È pur la cosa più perfetta, più divinamente bella della natura! Colà guidano tutti i gradini sulla soglia della vita, di là veniamo, colà andiamo! (p. 79)
Non si conosce il cigno che naviga superbo, se giace sulla riva nel sonno. (p. 79)
È pure eternamente certo e si rivela ovunque: quanto più innocente, più bella è un'anima, tanto più intimamente vive con gli altri esseri felici, che soliamo chiamare inanimati. (p. 80)
Come l'onda dell'oceano avvolge le rive dell'isole beate, così il mio cuore inquieto avvolgeva la pace della celeste fanciulla. (p. 82)
La mia anima è fuori del suo elemento, come un pesce sulla riva sabbiosa, e si avvolge e si agita, di qua di là, finché non si dissecchi nell'ardore del giorno. (p. 83)
L'amore generò il mondo, l'amicizia lo rigenererà. (p. 89)
Suoni pure per tutte le virtù l'ora estrema! Io sento per te, te, il canto del tuo cuore, o amata! e trovo vita immortale, ove tutto si spegne e appassisce. (p. 93)
Se volevo cercarla con l'occhio, si faceva buio innanzi a me; se mi volevo volgere a lei con una paroletta, mi soffocava in gola. (p. 95)
Sì, l'uomo è un sole che tutto vede e tutto trasfigura, quando ama; e se non ama è solo un'oscura dimora, ove arde un piccolo lume fumoso. (p. 101)
La prima figlia della bellezza umana, della bellezza divina è l'arte. In essa l'uomo divino ringiovanisce e si rinnova. Egli vuole sentire se stesso e perciò pone di fronte a sé la bellezza. Così l'uomo si diede i suoi dei, ché nel principio l'uomo e i suoi dei erano una sola cosa, poiché, ignota a se stessa, esisteva la bellezza eterna. (p. 107)
La seconda figlia della bellezza è la religione. Religione è amore della bellezza. Il saggio ama proprio lei, la infinita, che tutto abbraccia; il popolo ama i suoi figli, gli dei, che gli appaiono in varie fogge. (p. 107)
Solo quando le case e i templi sono ben morti, si arrischiano le fiere selvaggie nelle porte e per le strade. (p. 114)
Vi è un tempo dell'amore come v'è un tempo in cui si vive nella culla felice. Ma la vita stessa ce ne sospinge fuori. (p. 116)
Vi sarà una sola bellezza, e umanità e natura si fonderanno in una universale divinità. (p. 119)
Chi soffre un male estremo il male gli si addice. (p. 127)
Solo quando la giovinezza è passata, l'amiamo, e solo quando la giovinezza perduta ritorna, colma di beatitudine tutte le intimità dell'anima. (p. 149)
Voi errate in alto, nella luce | su molle suolo, geni beati! | Splendenti aure divine | vi sfioran lievi, | come le dita dell'artista | sfioran le sacre corde | Sciolte dal fato, come il dormiente | poppante respirano i celesti; | pudico avvolto | in boccio timido | fiorisce eterno | a lor lo spirito | e gli occhi beati | guardano in calma chiarezza eterna. | Ma a noi è dato | in nessun luogo posare; | scompaion, cadono | soffrendo gli uomini | ciecamente | di ora in ora, | com'acqua da masso | a masso lanciata | senza mai fine, giù nell'ignoto. (p. 181-182)
Tutte le volte che l'uomo ha voluto fare dello Stato il suo cielo, lo ha trasformato in un inferno. (2001)
È bello quando due esseri uguali si uniscono, ma che un uomo grande innalzi innanzi a sé chi è inferiore a lui, è divino.
1 2 Citato in prefazione a Iperione, a cura di Giovanni Angelo Alfero, UTET, Torino, 1931.
1 2 Citato in George Steiner, Una certa idea di Europa, traduzione di Oliviero Ponte di Pino, prologo di Rob Riemen, Garzanti, Milano, 2006. ISBN 88-11-59777-3
↑ Citato in Mario Pazzaglia, Letteratura italiana, Zanichelli, 1992, vol. 3, p. 105.