conduttore radiofonico, giornalista, opinionista e conduttore televisivo italiano (1966-) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Giuseppe Cruciani (1966 – vivente), giornalista, conduttore radiofonico e conduttore televisivo italiano.
Citazioni in ordine temporale.
Una ragazza non è una vera e propria femmina, una donna, se non ha un vibratore dentro la borsetta. Se non lo hanno nel cassetto o nella borsetta non sono vere donne. Dopo molti anni sono arrivato a questa conclusione. Se non c'è questa dotazione non c'è la femminilità, non c'è l'adrenalina.[1]
Io amo far godere una donna. Pensi che il mio più grande piacere è vedere la donna farsi scopare da altri. Io credo in una complicità non convenzionale. Io cerco una donna che non mi sia fedele. La fedeltà non esiste. Nel senso che non è una condizione del corpo. La fedeltà è un valore che appartiene (se si è fortunati) solo al cuore. Ma non agli organi genitali. La fedeltà fisiologica è solo una ridicola convezione borghese.[2]
Non ho dubbi. Detesto quelle con il "filetto", quelle tipo alla brasiliana. Lo trovo stupido. Meglio a 'sto punto depilarla tutta. Che significa 'sta striscetta de pelo? Non la capisco.[2][riferendosi ai metodi di depilazione pubica]
Ho un rapporto conflittuale con l'élite frociona italica. Loro mi tacciano di essere omofobo. Ma non hanno capito un cazzo.[2]
[Il suo mito erotico?] Ne ho due: la pornostar Lilli Carati (l'eroinomane, una pazza, un mito) e la buonanima di Moana.[2]
La questione relazionale, avere relazioni buone con il capo, con l'amministratore delegato, col presidente eccetera vale per chi non è capace, cioè vale per chi non porta risultati, vale [...] – che devono vivere ovviamente, non è che sto dicendo che devono scomparire – per chi non ha l'obbligo di portare un risultato; ecco, per tanti anni da noi è stato così, cioè non c'era l'obbligo di portare un risultato. Poi a un certo punto c'è qualcuno che ha portato un po' di risultati, il sottoscritto, e allora mi sono conquistato la libertà di parola, anche la libertà di essere ogni tanto scurrile, la libertà di fare gli scherzi e ogni tanto arrivare a mettere in discussione la presidenza della repubblica, la presidenza del consiglio, i governi, i ministri eccetera – questa libertà me la sono conquistata, me la sono conquistata con gli ascolti e questa è una cosa di cui vado fiero.[3]
Chi mette al centro della propria vita un animale o gli animali, con tutto il rispetto, perché ognuno nella vita può fare quello che vuole, però è evidente che ha problemi col mondo che lo circonda.[4]
[Parlando di Calciopoli] Ho seguito con attenzione quella vicenda e ho sviluppato una mia idea: ci fu una vergognosa campagna mediatica, con processi allucinanti, ma ci fu anche una parte della società che si è fatta male da sola. Evidentemente c'era qualcuno che voleva fermare i dirigenti di allora. Non considero Moggi e Giraudo due santarellini: erano personaggi con un discreto pelo sullo stomaco e stavano acquisendo sempre più potere. Ma la conquista del potere non è un reato, il fatto di avere una rete solida che contribuisce al potere stesso non può essere condannato. Venne istruito un processo su una base di congetture e c'è chi prese la palla al balzo, sia fra gli avversari sia in seno alla società.[5]
L'anti-juventinismo è un lavoro, un mestiere che paga. Nei media la Juventus fa audience a prescindere: puoi parlarne bene e puoi parlarne male. Così c'è chi si è creato un personaggio.[5]
Si parla del "potere della Juventus" che viene identificata con la Fiat e la famiglia Agnelli che, peraltro, non era l'unica famiglia depositaria del potere, ma poi mancano le prove. Certo, avere dietro la Fiat dà potere economico e questo rende forte la squadra, però dov'è il reato? Allora anche il Real Madrid o il Bayern Monaco hanno "potere"… Sento in continuazione dei teoremi sui furti della Juventus, che poi vengono smentiti dai fatti.[5]
Faccio il tifo per lui [Donald Trump] perché è il vuoto assoluto. Come me. Può essere di destra, sinistra, centro, se ne sbatte delle etichette, siamo contenitori che includono tutto e il contrario di tutto, dal Ku Klux Klan all'operaio sindacalista della Pennsylvania (non che siano per forza due cose diverse). Certo, una differenza tra noi è che lui è miliardario e io no.[6]
L'anti-juventinismo militante si basa su mille contraddizioni. Ha attraversato il culmine nel momento di Calciopoli, quando non c'erano nemmeno prove reali a sostegno di quelle accuse. Si è poi attenuato negli anni in cui la Juve arrivava settima. Nel momento in cui la Juventus è tornata forte è risorto l'anti-juventinismo d'accatto, quello di professione, il più becero. Questa altalena dimostra che per placare questa sindrome la Juve dovrebbe tornare sesta o settima. Vi sembra normale tutto ciò?[7]
I fasciovegani hanno un obiettivo molto chiaro, molto esplicito quanto pericoloso: forgiare un uomo nuovo, cambiare la mentalità degli esseri viventi del pianeta, annullare le diversità in nome dell'uguaglianza assoluta tra individuo e animale. In poche parole, rifondare tutto, facendo tabula rasa di un passato fatto di disuguaglianza e di massacri.[8]
Gli esseri umani si dividono in due categorie: quelli che vanno a prostitute e quelli che non ci vanno, innanzitutto. Poi ci sono gli aguzzi e i rotondi. Io sono aguzzo.[9]
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Cos'è il benaltrismo? Consiste nel dire che c'è sempre qualcosa di meglio da fare, qualsiasi cosa venga proposta. Una patologia trasversale, ma tipica soprattutto della sinistra. Un governo vara una riforma? «Noi avremmo fatto ben altro» rispondono gli oppositori. Spesso senza nemmeno entrare nel merito. In Italia il risultato di questo modo di pensare è il non concludere mai nulla: il trionfo della cultura del parlare e la mortificazione di quella del fare.
Il ponte s'ha da fare anche per spezzare una sorta di condanna che ci trasciniamo appresso. Cioè quella di essere un Paese dove si ciancia fino allo sfinimento senza arrivare mai a un risultato concreto. Il ponte di Messina è certamente il simbolo di quest'Italia parolaia e inconcludente.
È un tipico esempio di benaltrismo, che è quel trucco dialettico grazie al quale si evita di entrare nel merito delle questioni. Un esempio? Qualcuno pretende che la politica riduca i costi? «Ma sono ben altri i problemi...» si sente rispondere. Inutile aggiungere che la conseguenza di questo modo di pensare è la paralisi totale.
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A Cruciani non frega nulla della politica: da buon ex radicale è un trasformista dichiarato che pilucca di qua e di là in base al proprio tornaconto. Una sorta di Capezzone, però bravo e consapevole. Cruciani ha un unico obiettivo: portare chi parla con lui a dire una frase che, subito dopo averla pronunciata, l'ospite non ridirebbe mai. Neanche sotto tortura. Ma non è facile, perché se Salvini non aspetta altro, molti altri sono più guardinghi e timorosi. Addirittura politicamente corretti, che è per Cruciani la colpa più grave. Qualcosa di inaccettabile e anzi empio. Se gli racconti che hai appena sgozzato tre cani si esalta ("Ecco, questo è interessante"), ma se ti azzardi a dire "Non bisogna essere islamofobi" lui sbotta subito ("Che palle", "Che banalità", "Come sei noioso"). Cruciani è sadico, va di fretta e non ama le convenzioni: la sola frase "Ciao Giuseppe" lo esaspera. (Andrea Scanzi)
↑ Dall'intervista Il buono e il cattivo della radio. Incontro con Linus e Giuseppe Cruciani, International Journalism Festival, 18 aprile 2015. Video disponibile su Youtube.com.