Ho una dichiarazione sola da farvi: che non vi faccio dichiarazioni.[1]
Io, il mio discorso l'ho fatto. Ora, a voi preparare il discorso funebre per me.[2]
L'economia e la finanza italiana nel loro complesso hanno continuato quel miglioramento e quella lenta ricostruzione delle devastazioni della guerra, che erano già cominciati ed avviati negli anni precedenti; ma ad opera di energie sane del paese, non per gli eccessi o le stravaganze della dominazione fascista; alla quale una sola cosa è certamente dovuta: che i profitti della speculazione e del capitalismo sono aumentati di tanto, di quanto sono diminuiti i compensi e le più piccole risorse della classe lavoratrice e dei ceti intermedi, che hanno perduta insieme ogni libertà e dignità di cittadini.[3]
Mussolini stesso con grande energia ha creato una forma di governo sorretta dalla spada, dalla violenza e dal pervertimento politico. Il vigore delle sue vedute, la potenza dei suoi sradicati seguaci hanno soppresso la democrazia in Italia».[4]
Nessuno può collaborare agli inganni capitalistici della più trista fata Morgana.[5]
[A Rovigo] Ogni libertà è soppressa, ogni persecuzione è consumata e le violenze fasciste avvengono impunemente per la connivenza delle autorità.[6]
Uccidete me, ma l'idea che è in me non la ucciderete mai.[7]
Finchè ho fiato in corpo, voglio prendermi il gusto di annoiarli. E quando mi avranno messo sotto terra, continuerò ad annoiarli anche dall'Averno, come sta facendo Matteotti (Gaetano Salvemini).[8]
Col senno di poi sarei stato con Matteotti, che stava con Turati. Era semplicemente un po' più giovane, più energico, quello che più di qualunque altro osò sfidare Mussolini in Parlamento, sbattendogli in faccia che era un falsario, un imbroglione, che con la violenza aveva truccato le elezioni. E la pagherà col suo assassinio. (Claudio Martelli)
Di pensiero in pensiero, si trovò avventatamente a dire: «Una cosa cui allora si badò poco: era libero docente di diritto penale all'università di Bologna». «Chi?» domandò il procuratore. «Matteotti» disse il giudice: ma dallo sguardo guardingo, e con un che di compassionevole, del procuratore, capì di avergli suscitato, oltre che diffidenza, un sospetto di disordine mentale, di sconnessione. L'argomento era spinoso, spinosissimo; e che c'entrava quel particolare della libera docenza? Ma da quel particolare era rampollata nella mente del giudice una constatazione: che Matteotti era stato considerato, tra gli oppositori del fascismo, il più implacabile non perché parlava in nome del socialismo, che in quel momento era una porta aperta da cui scioltamente si entrava ed usciva, ma perché parlava in nome del diritto. Del diritto penale. (Leonardo Sciascia)
Io ricordo quando venne alla Camera il povero Matteotti. Era arrivato assai giovane, pieno di buona volontà. Aveva uno spiegabile orgoglio. Era presidente del Consiglio provinciale della sua provincia... aveva dato molto denaro per le cooperative socialiste e... ne aveva anche perduto. Era circondato da simpatie. Giunto alla Camera, fece un amaro discorso finanziario contro di me. Io dal banco del Governo non lo contraddissi, non lo interruppi; presi nota di tutto. Era caduto in errori di inesperienza, aveva confuso partite diverse del bilancio, aveva male interpretato la funzione dei residui e aveva confuso, perfino, alcune cifre dell'attivo con quelle del passivo, e viceversa. Io mi accorsi di ciò e tacqui. Ma quando gli risposi, cominciai col lodare la sua intelligenza, la sua facondia, e poi dissi soltanto: «È accaduto però che ha confuso alcune cifre dell'attivo con il passivo». Fu uno scoppio di risa, di cui mi pentii. Mi aspettavo che l'onorevole Matteotti mi dicesse delle insolenze, invece all'uscita mi aspettò serenamente e con un sorriso. Aveva grandi, buoni e dolci occhi, e mi disse: Io sono stato troppo poco prudente. (Francesco Saverio Nitti)
«Pellegrino del nulla» appare a noi Giacomo Matteotti quando consideriamo la sua vita e la sua fine in relazione con tutte le circostanze che dànno ad esse un valore non più «personale», ma di indicazione generale e di simbolo. (Antonio Gramsci)
↑ Frase ironica rivolta a fascisti che lo minacciavano in un paesino del Veneto; da Discorsi parlamentari, Stabilimenti tipografici C. Colombo.
↑ Affermazione rivolta ai suoi compagni dopo l'accusa a Mussolini di elezioni truccate dai fascisti; citato in Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, Einaudi, 1976.
↑ Dall'introduzione a Un anno di dominazione fascista.
↑ Da Machiavelli, Mussolini and Fascism, English life, luglio 1924, pp. 87 e sgg., citato in M. Canali, Il delitto Matteotti Bologna, Il Mulino, 1997.
↑ Citato in Paolo Valera, Mussolini, Il Melangolo, Genova, 1995.
↑ I linguaggi della memoria civile: Piero Calamandrei e la memoria della grande guerra e della Resistenza (Curatore Silvia Calamandrei), Fondazione Monte dei paschi di Siena, Editore Le balze, 2007, p. 65.