Eleanor Wilner (1937 – vivente), poetessa statunitense.
- È il mattino dopo il ritorno | d'Odisseo. I pretendenti giacciono a mucchi | come i rifiuti, già densi | di mosche. Al di là del grande cancello | della sua casa ad Itaca, un gemito | come il richiamo delle sirene – le donne | con le urne, vuote, che chiedono | le ceneri dei figli, degli amanti, | qualcosa – fosse solo una parola. || [...] || Ascolta. Il suono delle forbici che scattano. | Ad uno ad uno, taglia i fili | che tendevano il telaio. Il sudario | che aveva tessuto | diviene nuvola di filamenti | che cascano, finché la stanza è cosparsa | di fili inutili, come frasi | da cui il senso è fuggito. | Scuote la testa come per liberarla | dal nome che ha ripetuto | per tutti quegli anni, litania | per i morti, ovvero mantra senza scopo | inteso a coprire lo sgomento – | quell'intelaiatura un patibolo | da cui pendeva lei, ragno | che si strangolava con la sua stessa tela. || Per il disuso il gancio alla persiana | s'era arrugginito. Dovette forzarlo. | Quando spalancò le persiane | era estate e il sole alto. | Mentre i suoi occhi s'adattavano allo splendore | vide la forma delle cose fuori: un fregio | che il vento animava, i campi | che si riversavano come un oceano nella distanza, | gli alberi agitati dal vento, il cancello | come in attesa, la strada che si snodava... || Un colpo alla porta vi fu e poi ripetuto. | Mise il catenaccio per guadagnare | il tempo necessario. Quando lui ebbe forzata | la porta, la stanza era vuota ed il telaio | s'ergeva libero presso la finestra aperta. | Il sole era accecante: l'intelaiatura tratteneva | solo luce senza immagine. || Non è affare degli altri | immaginare oltre. Una volta che ha tagliato | i lunghi fili della storia, la sua utilità – | è libera.[1]
- ↑ Da Il mondo non è una meditazione, Shekkinah. In Eleanor Wilner, La voce di Medusa, in Poesia, n. 99, anno IX, ottobre 1996, traduzione di Eleonora Chiavetta, Crocetti Editore, Milano, 1996, pp. 23-25.