scacchista statunitense (1943-2008) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
Robert James "Bobby" Fischer (1943 – 2008), scacchista statunitense naturalizzato islandese.
Gli scacchi somigliano alla pallacanestro: i giocatori si passano la palla finché non trovano un varco, proprio come negli scacchi, proprio come in un attacco che porta al matto.[1]
Oggi esiste un solo giocatore immortale nel mondo e quello è Fischer. È bello essere modesti, ma è stupido non dire la verità.[2]
Bravo chi intuisce, sta nel suo, aspetta e colpisce, | siamo pedine nella scacchiera di Bobby Fischer. (Salmo)
È difficile capire perché un uomo che viveva, mangiava, respirava, pensando solo agli scacchi, e che aveva un ideale di aristocrazia intellettuale, cui solo il successo poteva elevarlo, abbia deciso di rinunciarvi proprio quando era riuscito a ottenere ciò che voleva. Forse è proprio questo che lo rende ancora più grande, che lo distingue dagli automi che si misurano con altri automi, che gli rende tutta la sua umanità e ci fa capire come anche le nostre ambizioni più sfrenate possano tramutarsi a volte in un percorso di salvezza individuale. (Paolo Maurensig)
Fischer, come Mozart per la musica, sembra essere il Gioco stesso fattosi carne. Per quanti di noi hanno seguito la sua avventura egli rimane però un eroe nel vero senso della parola, l'ultimo eroe di quest'America ferita a morte, un uomo che da solo ha saputo condurre e vincere la propria guerra, anche se a qualcuno le guerre senza morte e distruzione piacciono poco. (Paolo Maurensig)
La sua arma era la memoria. Assoluta. Il suo segreto era la solitudine. Assoluta. La sua morte è stata la follia. Assoluta. (Vittorio Zucconi)
Ma io e Fischer, un gigante, una figura tragica, eravamo solo scacchisti. (Boris Vasil'evič Spasskij)
[Dalla lettera aperta al presidente statunitense nel 2004] Ma quello di Fischer non è un caso comune. Sono un vecchio amico di Bobby fin dal 1960, quando vincemmo ex aequo al torneo di Mar-del-Plata. Bobby ha una personalità tormentata, me ne accorsi subito: è onesto e altruista, ma assolutamente asociale. Non si adegua al modo di vita di tutti, ha un elevatissimo senso della giustizia e non è disposto a compromessi né con sé stesso né con le persone circostanti. È una persona che agisce quasi sempre a proprio svantaggio. Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: la prego, corregga l'errore che ha commesso François Mitterrand nel 1992. Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera. (Boris Vasil'evič Spasskij)
Nella estrema frontiera dei quozienti di intelligenze raggiunta soltanto da personaggi come Einstein, della memoria assoluta, della arroganza infinita del divo timido, Bobby Fischer si perdette. La sua mente costruita per calcolare le variazioni e le combinazioni possibile di pedoni, torri, regine e re arrivando a ridicolizzare il primo «computer scacchista» costruito dal Mit di Boston, si rivoltò contro di lui, come in una malattia autoimmunitaria del genio, cacciandolo in un labirinto di paranoia dal quale neppure lui avrebbe saputo più uscire. Si convinse di essere perseguitato dal governo americano, nonostante il Congresso avesse votato addirittura una legge «ad personam» per riconoscerlo come unico vero campione del mondo di scacchi. Sprofondò nel «complottismo» più torvo, vedendo la mano dello «sporco ebreo» dietro ogni catastrofe della storia e dietro ogni sua avversità. (Vittorio Zucconi)
Nella storia degli scacchi, sicuramente non c'è stato campione più detestato e al contempo amato di Bobby Fischer. Detestato dai suoi avversari, che a stento sopportavano i suoi capricci, era amato dagli appassionati del gioco per le sue pirotecniche partite. (Paolo Maurensig)
Se davvero sapessimo che cosa è la pazzia, potremmo dire che Bobby Fischer era pazzo. Ma lui avrebbe riso di noi, come rideva di sé stesso quando si autosconfiggeva, nella stanzetta di Brooklyn giocando da solo. (Vittorio Zucconi)