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filosofo e psicologo tedesco (1833-1911) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Wilhelm Dilthey (Wiesbaden nel sobborgo di Biebrich, 19 novembre 1833 – Siusi allo Sciliar, 1º ottobre 1911) è stato un filosofo e psicologo tedesco, rappresentante principale di un indirizzo filosofico post-hegeliano della seconda metà del XIX e inizio del XX secolo, che cercò di adoperare le categorie trascendentali di Kant nei campi delle scienze dello spirito, ossia delle scienze umane e umanistiche (Geisteswissenschaften), nonché delle scienze storiche compiendo una «critica della ragione storica», aprendo anche la strada ad una «filosofia delle visioni del mondo» (Weltanschauungsphilosophie), cioè ad una critica storica della ragione.
Figlio di un pastore riformato nel villaggio di Biebrich nel Ducato di Nassau, ora in Assia, studiò teologia all'Università di Heidelberg, dove ebbe tra i suoi insegnanti il giovane Kuno Fischer. Si trasferì poi all'Università di Berlino dove fu istruito, tra gli altri, da Friedrich Adolf Trendelenburg e August Böckh, entrambi ex allievi di Friedrich Schleiermacher.
Nel gennaio 1864 ricevette il dottorato a Berlino con una tesi in latino sull'etica di Schleiermacher, e nel giugno dello stesso anno ottenne anche l'abilitazione con una tesi sulla coscienza morale.[1] Divenne Privatdozent a Berlino nel 1865.
Nel 1859 curò l'edizione delle lettere di Schleiermacher e subito dopo gli fu anche commissionata la stesura di una biografia, il cui primo volume fu infine pubblicato nel 1870. Nel 1867 accettò una cattedra all'Università di Basilea,[2] a cui seguirono incarichi a Kiel (1868–1871) e Breslavia (1871–1883), finché nel 1882 Dilsey ricevette una chiamata a Berlino per succedere al defunto Rudolf Hermann Lotze, dove insegnò dal 1883 al 1908.[2]
Nella sua prima opera, Introduzione alle scienze dello spirito, delineò le differenze dell'oggetto di indagine delle scienze dello spirito rispetto a quello delle scienze naturali.
Riafferma l'importanza della storicità nella scoperta dell'influenza delle cause sociali sulla formazione dell'uomo e del mondo, e sostiene il primato e l'autonomia dei fatti nella storia.
Diversamente dalle scienze naturali, che tendono a rivelare le uniformità del mondo grazie al loro oggetto che è esterno all'uomo e viene compreso attraverso la spiegazione di un fenomeno, le scienze dello spirito tendono a vedere l'universale nel particolare indagando all'interno dell'uomo, esse comprendono un fenomeno.
Nell'opera Il contributo allo studio dell'individualità, Dilthey definisce che l'oggetto del comprendere è l'individualità, che viene studiata attraverso l'utilizzo dei tipi e delle loro relazioni interne.
Negli Studi per la fondazione delle scienze dello spirito e nella Costruzione del mondo storico lo stesso Dilthey afferma:
«Il comprendere è il ritrovamento dell'io nel tu; lo spirito si trova in gradi sempre superiori di connessione; questa identità dello spirito nell'io, nel tu, in ogni soggetto di una comunità, in ogni sistema di cultura e infine nella totalità dello spirito e nella storia universale, rende possibile la collaborazione delle diverse operazioni nelle scienze dello spirito. Il soggetto del sapere è qui identico al suo oggetto e questo è il medesimo in tutti i gradi della sua oggettivazione.»
I pilastri della ragione storica sono la vita del singolo individuo rapportata con gli altri soggetti, la connessione dinamica o strutturale (istituzioni, civiltà, epoche), l'autocentralità di ogni struttura.
Nell'Essenza della filosofia l'autore sostiene che la filosofia deve affrontare i misteri del mondo e della vita oltreché arrivare a conclusioni universali. La filosofia si può definire una intuizione del mondo, avente alcune basi in comune con l'arte e con la religione; quando la sua validità è universale, allora si può definire metafisica. Tre sono i modelli di intuizione del mondo: il primo è il realismo, di cui fa parte il positivismo, il secondo è l'idealismo oggettivo, il terzo è l'idealismo della libertà. La funzione universale della filosofia è quella di fissare la condizione dell'uomo di fronte al mondo e di interpretare le cause delle limitatezze umane.
Le opere e il pensiero dello storico tedesco furono diffuse in Francia dal suo più fedele interprete, il filosofo e storico naturalizzato francese Bernard Groethuysen.
Dilthey affermò la centralità del processo della comprensione all'interno delle scienze dello spirito, e fondò questa asserzione su una ontologia della vita, secondo la quale il comprendere non è un comportamento teorico specialistico, ma il rapporto fondamentale che l'uomo intrattiene con sé stesso. Per Dilthey spiegare e comprendere non si differenziano come due metodi diversi per chiarire un oggetto omogeneo, ma sono due diverse direzioni della coscienza che giungono a costituire due differenti categorie di oggetti (agli oggetti dello spiegare corrispondono le scienze empiriche; agli oggetti del comprendere, le scienze storico-sociali).
Il comprendere può essere articolato in una metodologia logico-trascendentale specifica per scopi teorici particolari; più in generale, però, la circolarità della comprensione è il modo in cui la vita si riferisce a sé stessa, impegnando tutte le facoltà dell'animo (intelletto, sentimento e volontà). Dilthey applicò l'ermeneutica metodologica, cercando di provvedere interpretazioni sistematiche e scientifiche situando ogni testo nel suo contesto storico originario. Questa ricerca storica non porta comunque ad una visione "relativistica", poiché i significati ed i valori che ne emergono vanno a coincidere con l'esperienza spirituale nella sua continuità evolutiva. Dopo Dilthey, la disciplina dell'ermeneutica si è distanziata da questa operazione centrale e fondamentale, estendendosi anche ai multimedia e alle basi dei significati stessi.[senza fonte]
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