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Volo Aero Trasporti Italiani 327
incidente aereo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il volo Aero Trasporti Italiani BM 327 era un volo di linea tra Napoli-Capodichino e Brindisi-Casale con scalo all'aeroporto di Bari-Palese, operato dalla compagnia aerea italiana ATI Aero Trasporti Italiani, con un Fokker F27-200, marche I-ATIR (c/n 10301, costruito nel 1966, aveva 17420 ore e 23337 cicli al momento dell'incidente), che il 30 ottobre 1972, alle ore 20.40 CET circa, precipitò su una collina nella campagna tra Corato, Ruvo di Puglia e Poggiorsini, in provincia di Bari, causando 27 vittime: 3 membri dell'equipaggio e 24 passeggeri.[1]
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Passeggeri ed equipaggio
Tutte le persone a bordo sono morte nell'impatto:[2]
- Equipaggio
- Bruno Cappellini, 32 anni, secondo pilota
- Giuseppe Cardone, 34 anni, comandante
- Antonio Di Bella, 28 anni, ufficiale di rotta
- Membri dell'equipaggio fuori servizio
- Bruno Malevolti, 25 anni
- Mauro Parlapiano, 25 anni
- Passeggeri
- Ugo Attardi, di Milano
- Franco Biraghi, di Milano
- Marino Brugoli, di Molfetta
- Vittorio Capoccello, 34 anni di San Pancrazio Salentino
- Roberto Chiurazzi, di Bari
- Vincenzo Cocozza, di Napoli
- Anna Colazzo, di Lecce
- Pasquale De Santis, di Lecce
- Romano Faraoni, di Bari
- Aimone Franceschini, di Ferrara
- Antonio Gardino, di Roma
- Luigi Iannacci, 30 anni, di Napoli
- Suor Maria Natalina Macchia, di Catania
- Lia Martino Raia, di Napoli
- Giacoma Mazzeo, 24 anni, di Trapani
- Franco Meetti, di Firenze
- Maria Sofia Merico De Santis, di Lecce
- Adolfo Orsini, 40 anni, di Bari
- Donato Palermino, di Bari
- Paolo Peloni, di Livorno
- Giorgio Renga, di Perugia
- Suor Anna Suglia, di Catania
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L'incidente
L'aereo era decollato da Napoli alle 20.00, con circa 20 minuti di ritardo sull'orario prestabilito. A bordo, oltre ai tre membri dell'equipaggio, si erano imbarcati 22 passeggeri e 2 tecnici di volo dell'ATI fuori servizio. Il volo era proseguito regolarmente fino a circa 50 km dall'aeroporto di Bari quando il Comandante Cardone comunicò via radio di essere in vista della pista di atterraggio, poi lo schianto.[3]
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Le indagini
I tecnici dell'ATI che presero parte alla commissione d'inchiesta, dichiararono che l'aereo aveva "spanciato" sul terreno ad oltre 400 km/h, provocando l'apertura della parte sottostante della fusoliera che, nella scivolata sulla pietraia, si era svuotata di tutto ciò che conteneva.[4]
La comunicazione del pilota in cui affermava che si preparava all'atterraggio a vista (l'aeroporto all'epoca non era infatti dotato delle apparecchiature radar per un controllo del traffico né del sistema di atterraggio strumentale di precisione ILS) e l'altimetro dell'aereo, che fu ritrovato tra i resti indicante 1 450 ft, circa 442 m, l'altezza del luogo dello schianto, fecero ipotizzare un errore dei piloti.[4]
- Il comandante Giuseppe Cardone
- Una fase delle indagini
Presunti misteri
Le cause dell'incidente furono oggetto di varie ipotesi, tra le quali anche quella che riconduce il motivo della caduta al malfunzionamento del VOR a bordo dell'aereo per causa della presunta esistenza di forze magnetiche anomale nella zona.[5] Tuttavia le prove eseguite da un gruppo di membri del CICAP e pubblicate su Query, hanno dimostrato l'infondatezza delle ipotesi riguardanti l'esistenza di anomalie particolari nel campo magnetico terrestre nella zona teatro del disastro.[6]
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Note
Voci correlate
Collegamenti esterni
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