Vigo Rendena
frazione di Porte di Rendena, già comune autonomo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Vigo Rendena (Vich[4] in dialetto locale) è una frazione[5] di 512 abitanti[1] del comune di Porte di Rendena, nella provincia di Trento in Trentino-Alto Adige. Situato in Val Rendena, si trova a sud delle località turistiche Madonna di Campiglio e Pinzolo.
Vigo Rendena frazione | |
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Scorcio del paese | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Trentino-Alto Adige |
Provincia | Trento |
Comune | Porte di Rendena |
Territorio | |
Coordinate | 46°04′47.96″N 10°43′18.77″E |
Altitudine | 627 m s.l.m. |
Superficie | 4,52 km² |
Abitanti | 512[1] (31-12-2015) |
Densità | 113,27 ab./km² |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 38094 (già 38080) |
Prefisso | 0465 |
Fuso orario | UTC+1 |
Cod. catastale | L903 |
Targa | TN |
Cl. sismica | zona 4 (sismicità molto bassa)[2] |
Cl. climatica | zona F, 3 345 GG[3] |
Nome abitanti | vighesi (i vich) |
Patrono | san Lorenzo |
Giorno festivo | 10 agosto |
Cartografia | |
Fino al 31 dicembre 2015 ha costituito un comune autonomo, prima di fondersi con i vicini paesi di Darè e Villa Rendena nel nuovo comune.
L'abitato è ubicato nella parte meridionale della Val Rendena, rinomata zona turistica. Il paese si trova all'imbocco della Val di San Valentino, una laterale della Rendena attraversata da una strada di montagna che ne risale il fondovalle lungo la quale si trova il rifugio Gorck[6]. La strada inizia nella parte alta del paese, dopo un notevole dislivello incontra la chiesetta di San Valentino, oltre la chiesa la strada entra nella vera e propria valle dapprima sul versante alla sinistra orografica del rio Bedù di Villa e poi nel fondovalle. Alquanto numerose sono le famose "case da mont" ovvero le baite e le vecchie malghe dove gli allevatori portavano le vacche al pascolo, ora utilizzate nei momenti di tempo libero dai proprietari. La strada oltre il rifugio diventa sterrata e conduce al Pian del Forno, località dalla quale parte il sentiero segnavia 0224 SENTIERO DELLA PACE che conduce ai passi "di San Valentino" e "delle vacche", scollinando i valichi si giunge in alta Val di Fumo. Poco oltre il passo, a quota 3050 m è posto il bivacco Eugenio Segalla[7], ubicato ai piedi della parte SO del Carè Alto.
Dall'altra parte della Val Rendena, oltre il fiume Sarca si trova la parte meridionale delle Dolomiti del Gruppo di Brenta. Il pendio sale ripido ricoperto interamente da un vasto bosco di larici e abeti verso il Passo Daone dove la strada che parte da Ches (Spiazzo) raggiunge il punto più alto a quota 1300 m e inizia la discesa verso Montagne. A quota 1100 m circa si trova Casaròle, unica "casa da mont" del paese su questo versante.
Il nome del paese deriva probabilmente dal latino vicus, "villaggio", termine che conferisce al paese una notevole importanza, attestata anche dal ritrovamento di alcune monete argentee di epoca tardo-romana e alto-medievale nelle campagne circostanti l'abitato. I possessi patrimoniali del paese si estendevano in Val di San Valentino e in particolare dove adesso sorge la Malga Calvera e comprendevano anche gli abitati di Javrè e Darè. Il paese viene citato, così come Bocenago e Pinzolo, in un'opera del '600 di Michelangelo Mariani, come uno dei più grandi della valle.
L'economia era caratterizzata dalla prevalenza del settore primario, in particolare dell'allevamento dei bovini appartenenti alla razza Rendena, della coltura dei cereali e della selvicoltura. Anche il settore secondario vide nel tempo un notevole sviluppo, con la presenza di due falegnamerie, una filanda e un mulino. Il paese inoltre era centro dei servizi per la bassa Rendena.
Nel passato il paese era solcato da numerosi ruscelli, lungo i quali sorgevano diverse fontane di notevole dimensioni, spesso in granito, alcune delle quali visibili ancora oggi come la fontana dai Baltram o la fontana dai Brüc.
Nel 1881, più precisamente il 31 luglio, con un Atto assunto nella Cancelleria del Comune di Vigo venne concessa la costruzione di una masera sul terreno dei fratelli Gasperi Tanei.
Nel corso del Novecento la massiccia emigrazione ha ridotto molto la popolazione di Vigo così come degli altri paesi della valle. La professione tipica dei rendeneri emigrati era quella di arrotini: spingendo la mola, molti contadini hanno invaso dapprima le strade e le piazze del Nord Italia, per poi arrivare in tutta Europa e infine in tutto il mondo, Australia compresa. Ancora oggi i più rinomati negozi di coltelli delle grandi capitali sono gestiti da discendenti di rendeneri, che in molti casi hanno fatto fortuna affilando coltelli e forbici e sapendosi inventare un mestiere fino ad allora sconosciuto.
Nel 1929 un furioso incendio ha devastato l'intero abitato: le fiamme hanno avuto facile innesco nel legno di larice che rivestiva il piano superiore delle abitazioni e nella paglia accatastata nei fienili. Nella ricostruzione il tessuto urbano è stato modificato e, anche a causa della forte spinta del turismo negli anni Sessanta, molte abitazioni hanno oggi un'impronta piuttosto cittadina.
Lo stemma e il gonfalone del comune erano stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 14 gennaio 1954.[8]
«D'azzurro, alla banda d'argento, attraversata da un abete nodrito su un monte movente dalla punta, il tutto al naturale. Ornamenti esteriori da Comune.»
Il gonfalone era un drappo di azzurro.[9]
Abitanti censiti[14]
Nel prima metà del secolo scorso l'economia dell'intera valle era caratterizzata dalla quasi totale occupazione nel settore primario, in particolare nell'allevamento. L'estate infatti la popolazione dei paesi si riduceva a meno della metà poiché molti allevatori che possedevano stalle in fondovalle portavano i bovini (appartenenti alla particolare razza rendena) in alpeggio sulle malghe poste a quote che spesso superavano i 1500 m. Oggi queste malghe sono perlopiù abbandonate e in rovina poiché la pratica del settore primario si è notevolmente ridotta e le poche malghe che rimangono attive riescono a gestire senza problemi il carico estivo del bestiame proveniente dal fondovalle. Importante è stata anche la coltura dei cereali e la selvicoltura.
Da notare che già nel passato erano presenti in paese attività legate al settore secondario vi erano infatti due falegnamerie, una filanda e un mulino che sorgeva nei pressi dell'attuale piscicoltura lungo il torrente Molinera.
Attualmente il paese può vantare un ruolo notevole, date le dimensioni, nel settore secondario della valle. Sono infatti presenti due fabbriche di divani e poltrone, la Loran salotti Srl[19] e la Gyform Srl[20]. Da segnalare anche la presenza dell'azienda agricola Pescicoltura Burrini, azienda leader in Italia per la produzione di uova embrionate.
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