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Il vero storico (o vero positivo[1]) è una tecnica narrativa tipica del romanzo storico.
Consiste nell'utilizzare come cornice o come sfondo delle vicende narrate dei fatti storici realmente accaduti; i fatti narrati nel romanzo devono aderire a criteri di verosimiglianza, ma sono frutto della creatività dell'autore. Una sua esplicazione e differenziazione rispetto al vero poetico la si trova nella Lettera a Monsieur Chauvet di Alessandro Manzoni:
«Perché, in sostanza, cosa ci dà la storia?Avvenimenti noti, per così dire, solo esteriormente; ciò che gli uomini hanno fatto; ma ciò che hanno pensato, i sentimenti che hanno accompagnato le loro deliberazioni e i loro progetti, i loro successi e insuccessi, i discorsi con i quali hanno fatto e cercato di far prevalere le loro passioni e le loro volontà su altre passioni e altre volontà, con i quali hanno espresso la loro collera, effuso la loro tristezza, con i quali in una parola, hanno manifestato la loro individualità, tutto ciò, tranne pochissimo, è passato sotto silenzio dalla storia, e tutto ciò forma il dominio della poesia.»
Un esempio di utilizzo del "vero storico" in un romanzo sono la peste di Milano del XVII secolo, adattata come cornice sempre da Alessandro Manzoni ne I Promessi Sposi, ma anche l'aver deciso di inserire nel suo romanzo. Sulla scia di Manzoni, altri letterati italiani hanno adottato il vero storico quali Massimo d'Azeglio che ha ambientato il suo Ettore Fieramosca all'interno delle guerre italiane del XVI secolo; o Tommaso Grossi che ha scelto le Crociate per i suoi Lombardi alla prima crociata. Al di fuori della realtà letteraria italiana, abbiamo per esempio il Medioevo inglese nell'Ivanhoe dello scozzese Walter Scott[2].
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