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I vangeli giudeo-cristiani, in uso tra i cristiani dei primi secoli rimasti legati alla tradizione religiosa giudaica, sono andati perduti.
Ci è giunta traccia di essi solo attraverso testimonianze indirette e occasionali fornite da alcuni Padri della Chiesa. Se esiste una certa tendenza nella comunità scientifica a ricondurli verso un unico vangelo (anche sulla scia delle citazioni patristiche[1]), detto appunto vangelo degli Ebrei[2] (ritenuto verosimilmente dai Padri della Chiesa come il vangelo originario di Matteo[1] privo almeno della parte iniziale, la genealogia di Gesù[3]), oggi ci sono anche due teorie differenti[2][4]. La prima identifica nel vangelo degli Ebrei anche il cosiddetto vangelo dei Nazarei[5], e nel vangelo degli Ebioniti il cosiddetto vangelo dei Dodici. A supporto di questa ipotesi la probabilità che, sulla base dei riferimenti pervenutici, il vangelo degli Ebioniti sia stato composto con il contributo fondamentale dei tre vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), e pertanto appare difficile il riferimento ad un unico vangelo aramaico per questi tre testi citati dai ‘'Padri'’[6]. Una seconda ipotesi parla di tre entità distinte: vangelo degli Ebrei, vangelo dei Nazarei e vangelo degli Ebioniti.
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