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re mitologico sueune Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vísburr, o Vísburn (che in norreno antico significa "figlio certo"[1]; I secolo – Gamla Uppsala, II secolo), è stato un re leggendario sueone della casata dei Yngling, di Uppsala. Era figlio di Vanlandi e a lui succedette Dómaldi.
Vísburr | |
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Incendio. Illustrazione di Wilhelm Wetlesen per Heimskringla, 1899 | |
Re mitologico della Svezia | |
In carica | I-II secolo |
Predecessore | Vanlandi |
Successore | Dómaldi |
Signore di Uppsala | |
Nome completo | Vísburr Vanlandisson |
Nascita | I secolo |
Morte | Gamla Uppsala, II secolo |
Dinastia | Yngling |
Padre | Vanlandi |
Madre | Driva |
Consorte | La figlia di Auðr il ricco |
Figli | Gisle, Ond, Dómaldi |
Religione | norrena |
La Saga degli Ynglingar (Ynglinga saga) racconta come fu bruciato vivo dai suoi figli per vendetta per aver ripudiato la loro madre e rifiutato di restituire la dote quale loro eredità:
«Vísburr tók arf eptir Vanlanda föður sinn; hann gékk at eiga dóttur Auða hins auðga ok gaf henni at mundi þrjá stórbœi ok gullmen. Þau áttu 2 sonu, Gisl ok Öndur. En Vísburr lét hana eina ok fékk annarrar konu; en hon fór til föður síns með sonu sína. Vísbur átti son er Dómaldi hét; stjúpmóðir Dómalda lét síða at honum úgæfu. En er synir Vísburs váru 12 vetra ok 13, fóru þeir á fund hans ok heimtu mund móður sinnar, en hann vildi eigi gjalda. Þá mæltu þeir, at gullmenit skyldi verða at bana hinum bezta manni í ætt hans, ok fóru í brott ok heim. Þá var enn fengit at seið ok siðit til þess, at þeir skyldu mega drepa föður sinn. Þá sagði Huldr völva þeim, at hon mundi svá síða, ok þat með, at ættvíg skyldu ávalt vera í ætt þeirra Ynglinga síðan. Þeir játtu því. Eptir þat sömnuðu þeir liði, ok kómu at Vísbur um nótt á úvart ok brendu hann inni.»
«Vísburr successe a suo padre Vanlandi. Sposò la figlia di Auðr il ricco, che diede a lei tre grandi fattorie, e monili d'oro. Ebbero due figli, Gisle e Ond; ma Vísburr lasciò lei e prese un'altra moglie, sicché lei tornò a casa di suo padre con i suoi due figli. Visburr ebbe un figlio che fu chiamato Dómaldi, e la sua matrigna fece un Seiðr che lo rese malaticcio. Ebbene, quando i figli di Visburr raggiunsero uno i dodici e l'altro i tredici anni di età, si recarono dal padre e reclamarono la dote della madre; ma non volle concederla. Al che dissero che i monili d'oro dovrebbero essere la morte del migliore uomo di tutta la sua razza, e tornarono a casa. Poi ricominciarono ancora con incantesimi e stregonerie per tentare di distruggere il loro padre. Huld la vǫlva disse che con la stregoneria poteva andare al di là di quel che sarebbe dovuto, che un assassinio del proprio genitore non si dovrebbe mai volere nella stirpe degli Yngling; e loro acconsentirono a ciò. Successivamente raccolsero uomini, andarono inaspettatamente nella notte a Visburr, e lo bruciarono nella sua casa.»
Snorri riprende solo lontanamente lo Ynglingatal, citandone il fuoco che brucia la sua dimora e la rivolta del figlio contro il padre:
«Ok Visburs
vilja byrgi
sævar niðr
svelga knátti,
þá er meinþjóf
markar öttu
setrs verjendr
á sinn föður;
ok allvald
í arinkjóli
glóða garmr
glymjandi beit»
«Il sangue di Vísburr
Hanno leccato
le feroci lingue di fuoco
urlanti sul suo focolare?
Hanno le fiamme
consumato la dimora
dell'anima sulla terra?
pazzamente tu agisti, che liberasti
il nemico della foresta
il rosso fuoco, il ladro notturno;
cadde il fratello
nel mare in tempesta
Contro tuo padre e tuo capo[2].»
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