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mediometraggio del 1936 diretto da Jean Renoir Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Una gita in campagna (Partie de campagne) è un featurette del 1936 diretto da Jean Renoir.
Una gita in campagna | |
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una scena del film | |
Titolo originale | Partie de campagne |
Lingua originale | francese |
Paese di produzione | Francia |
Anno | 1936 |
Durata | 40 min (1100 metri[1]) |
Dati tecnici | B/N rapporto: 1,37:1 |
Genere | drammatico |
Regia | Jean Renoir |
Soggetto | dal racconto Una scampagnata (1881) di Guy de Maupassant |
Sceneggiatura | Jean Renoir |
Produttore | Pierre Braunberger |
Casa di produzione | Les Films du Panthéon |
Fotografia | Claude Renoir |
Montaggio | Marguerite Houllé |
Musiche | Joseph Kosma |
Scenografia | Robert Gys |
Trucco | Eugène Gaidaroff |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori originali | |
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«M. Dufour, guincaillier a Paris, entouré de sa belle-mère, de sa femme, de sa fille et de son commis Anatole gui est aussi son futur gendre et son futur successeur, a decidé, après avoir emprunté la voiture de son voisin le laitier, en ce dimanche de l'été 1860, d'aller se retrouver face a face avec la nature.»
«M. Dufour, chincagliere di Parigi, in compagnia della suocera, della moglie, della figlia e del commesso Anatole, che è anche suo futuro genero e suo futuro successore, ha deciso, dopo aver preso a prestito il birroccio dal suo vicino, il lattaio, in questa domenica d'estate 1860, di andare a ritrovarsi faccia a faccia con la natura.»
La comitiva fa sosta in un'osteria sul fiume, il Restaurant Poulain, che promette fritture e piatti di pesce al modico prezzo di due franchi e mezzo.
La moglie e la figlia inebriate dal piacere della campagna, dalla gioia di dondolarsi sull'altalena, dalla libertà di pranzare all'aperto sull'erba, sono corteggiate da due giovani canottieri, Henri e Rodolphe.
Dopo il picnic, mentre Monsieur Dufour e il commesso Anatole vanno a pescare con le lenze prestate dai due giovanotti, le donne sono invitate ad una gita in barca sul fiume. La madre sale con l'intraprendente biondo Rodolphe, la figlia accetta la compagnia del riservato e bruno Henri. Nell'isoletta magica dove egli la conduce, al canto dell'usignolo, cede al suo abbraccio. La pioggia interrompe l'idillio.
Passa qualche anno. Anatole ha sposato Henriette.
Una domenica, Henri torna con la sua barca all'isola magica. Inaspettatamente incontra Henriette. Nessuno dei due ha scordato quel lontano pomeriggio. Entrambi confessano di ritornare in quel luogo a ricordare. Henriette a stento trattiene le lacrime, ma la voce impaziente di Anatole la richiama alla realtà.
«Ce film est un vrai film d’amour. J’étais très amoureux de la comédienne Sylvia Bataille et Renoir était mon meilleur ami.»
«Questo film è un vero film d'amore. Ero molto innamorato dell'attrice Sylvia Bataille e Renoir era il mio miglior amico.»
Nel 1933, Pierre Braunberger è a Billancourt sul set d’Ademaï Aviateur di Jean Tarride. Qui conosce l'attrice Sylvia Bataille e ne è affascinato. La prende sotto la sua protezione con l'intento di farne una stella del cinema. La fa recitare in alcuni film di sua produzione prima che Renoir la diriga nel film Le Crime de Monsieur Lange. Nel 1936 le offre l'occasione di interpretare il ruolo di protagonista in un film in costume e convince Renoir a realizzare Partie de campagne.[2]
Il film è tratto dal racconto Una scampagnata (Une partie de campagne) di Guy de Maupassant.
Braunberger assicura la produzione del film tramite la Société du Cinéma du Panthéon, creata nel 1934. Il 15 maggio 1936, firma un contratto, per ottenere i diritti cinematografici del racconto omonimo, con Simone De Maupassant, rappresentata dall'editore Albin Michel. Il produttore ottiene, per 5 000 franchi e per sei anni, "...il diritto esclusivo di adattare e di pubblicare in Francia e all'estero la versione francese di un film sonoro e parlato".
Una clausola stabilisce che il film non debba superare la lunghezza di 1 000 metri (cioè 32 minuti). Il contratto corrisponde al progetto di Renoir: realizzare un cortometraggio corrispondente alla brevità della novella.[3]
Nei fatti, tempi e sforzo produttivo si gonfiarono, sino a richiedere tre settimane per le sole riprese esterne. La lavorazione del film si realizza nei mesi di luglio e di agosto 1936.
Luoghi delle riprese: le sponde del fiume Loing nei pressi di Marlotte, di Montigny-sur-Loing e di Pont des Sorques; Malesherbes sulle rive del fiume Essonne.[4]
Racconta Renoir:
«Per le riprese ci stabilimmo sulle rive del Loing, a pochi chilometri da Marlotte. Mi ritornavano in mente i miei esordi: La ragazza dell'acqua l'avevo girato lì. La sceneggiatura che avevo in mente prevedeva il bel tempo. Scrivendola immaginavo inquadrature inondate di sole. E qualcuna ce n'è, rubata tra una nuvole e l'altra. Cambiarono i venti e gran parte del film fu girato sotto una pioggia battente. Bisognava o rinunciare o cambiare sceneggiatura. La storia mi piaceva troppo per lasciarla cadere: cambiai la sceneggiatura. E questo si rivelò un bene per il film. La minaccia di tempesta aggiunge al dramma una dimensione in più.»
Renoir fa interpretare i personaggi da attori non ancora troppo famosi, il cui talento sarà valorizzato dalla sua regia.:
Come sua abitudine, Renoir sul set stabilisce un clima familiare, recita lui stesso e fa recitare amici e parenti:
Renoir si circonda di giovani assistenti dal promettente futuro: Henri Cartier-Bresson, Jacques Becker, Yves Allégret, Claude Heymann, Luchino Visconti, (pare con il compito di curare i costumi); suo nipote Claude Renoir è per la prima volta nel ruolo di capo-operatore.[6]
Il protrarsi delle riprese a causa delle difficili condizioni climatiche, l'esaurirsi dei finanziamenti e le tensioni all'interno della troupe, in particolare tra Sylvia Bataille e Renoir, indussero quest'ultimo ad abbandonare la lavorazione prima della fine, per dedicarsi a Verso la vita.
Il film fu presentato al pubblico solo dieci anni dopo.
Nel 1946, il produttore Pierre Braunberger cui era rimasta la proprietà del materiale girato, ne affidò il montaggio a Marguerite Houllé, compagna di vita del regista negli anni trenta. Dagli Stati Uniti, dove risiedeva dal 1940, il regista autorizzò l'operazione, probabilmente senza aver visto il film. Quando il film uscì, una didascalia introduttiva spiegava:
«Ce film realisé par Jean Renoir n'a pu être, pour des raisons de force majeure, tout à fait terminé. En l'absence de Jean Renoir, actuellement en Amérique, soucieux de respecter son œuvre et d'en conserver le caractère, nous avons décidé de vous le présenter tel qu'il est. Pour le rendre comprehensible, nous y avons ajoute deux sous-titres.»
«Questo film, realizzato da Jean Renoir, non ha potuto essere, per ragioni di forza maggiore, terminato. In assenza di Jean Renoir, attualmente in America, desiderosi di rispettare la sua opera e di conservarne il carattere, noi abbiamo deciso di presentarvelo così com'è. Per renderlo comprensibile vi abbiamo aggiunto due didascalie.»
Le musiche furono affidate a Joseph Kosma che già aveva collaborato con Renoir in film importanti come "La Marsigliese", "La grande illusione", "L'angelo del male".
Molto struggente la melodia mormorata a bocca chiusa dalla cantante Germaine Montéro.
Nel 1994 uscì un documentario di 88 minuti, di Alain Fleischer, Tournage à la campagne che, utilizzando le quattro ore di materiale girato, non impiegato nel film, oltre a costituire un importante contributo alla conoscenza dei metodi registici di Renoir, illustra l'entità dell'impegno immesso dal regista nella lavorazione (con scene ripetute anche cinque, sei volte).
La prima copia del film è pronta l'11 aprile 1946. L'8 maggio il film ottiene l'autorizzazione per uscire nelle sale. Nella primavera e nell'estate avrà delle presentazioni ufficiose.
Sarà proiettato, nella categoria cortometraggi, il 21 settembre, al Primo Festival di Cannes.
Esce a Parigi, nelle sale cinematografiche, mercoledì 18 dicembre, al cinema César, Champs-Élysées.
La proiezione, a causa della durata inusuale del film, propone tre cortometraggi: Partie de campagne, l’Homme di Gilles Margaritis, un altro film prodotto da La Société du Panthéon, e Naissance du cinéma di Roger Leenhardt, prodotto da Les films du Compas.[1]
In Italia il film uscì solo nel 1962, all'interno della raccolta Il fiore e la violenza, operazione editoriale che riuniva La scampagnata, il primo episodio, quello "inglese" de I vinti di Michelangelo Antonioni e un documentario di François Reichenbach sulla vita in caserma dei marine.
A dispetto delle traversie incontrate La scampagnata ha ricevuto molti apprezzamenti:
«Partie de campagne è un film di pure sensazioni, ogni filo d'erba ci solletica il viso...Ci offre il solo vero equivalente dell'arte del racconto sullo schermo e senza far uso di una sola riga di commento. Renoir ci offre quarantacinque minuti di prosa poetica la cui verità in certi momenti ci procura il brivido o qualcosa di simile alla pelle d'oca. Questo film, il più fisico del suo autore, vi toccherà fisicamente.»
«... Poche altre volte il cinema è riuscito a comunicarci come il senso di un'intera vita possa confluire in un incontro di poche ore, in un solo punto di pienezza fisica e sentimentale e perfetta sintonia con la natura.»
«Ecco un piccolo film di esterni realizzato senza grandi mezzi, con una sorta di modestia. Eppure una sua sola immagine conta più per il cinema di tutti i capolavori riuniti.»
«... incompiuto gioiello impressionista»
«... forse dei film di Renoir, il più schiettamente di Renoir»
André Bazin scrive:
«Una delle più belle immagini dell'opera di Renoir e di tutto il cinema è l'istante ne La scampagnata in cui Sylvia Bataille si arrende ai baci di Georges Darnoux. Introdotto da un tono ironico, comico, quasi caricaturale, l'idillio per poter proseguire dovrebbe volgersi al licenzioso: ma quando ci prepariamo a ridere, bruscamente il riso si spezza, il mondo si rovescia insieme allo sguardo di Sylvia Bataille, l'amore erompe come un grido; il sorriso non si è spento sulle nostre labbra che le lacrime già bagnano i nostri occhi.»
«Est-ce-que tu sentais une espèce de tendresse pour tout, pour l'herbe, pour l'eau, pour les arbres...une espèce de désir vague, n'est-ce pas? Ça prend ici, ça monte, ça vous donne envie de pleurer. Dis maman, tu as senti ça quand tu étais jeune?»
«Sentivi una specie di tenerezza per ogni creatura, per l'erba, per l'acqua, per gli alberi... una specie di desiderio indefinito? Una sensazione che prende al cuore, che sale, che ti fa venir voglia di piangere. Dimmi, mamma, hai provato questa sensazione quando eri giovane?»
Jacques Doniol-Valcroze commenta in questo modo:
«Ne La scampagnata, la commedia si dissolve senza sosta nell'emozione: emozione di fronte alla natura, emozione dei sensi, emozione sentimentale. [...]
È un dialogo amoroso fra Jean Renoir e la natura, conversazione ora scherzosa, ora seria, a cui Maupassant assiste solo da spettatore. La natura restituisce bene a Jean Renoir l'amore che il regista le porta: nel corso della lunga scena fra la madre e la figlia in cui parlano della primavera, una farfalla volteggia continuamente dall'una e dall'altra, esce dall'inquadratura e subito vi rientra.»
Giorgio De Vincenti:
«Lo sguardo aperto sul mondo da Rodolphe, che dischiude la finestra della locanda e ammira le donne sull'altalena, ha il suo compimento nel bacio che sigilla l'epifania del desiderio alla fine del film. Quel bacio, trovato in innumerevoli ciak, è la conclusione di un itinerario iniziato con la prima inquadratura del film sugli alberi stagliati nel cielo.»
Si è visto in questo film una delle più convincenti espressioni del "realismo poetico"[7] di Jean Renoir, del connubio tra il naturalismo e la lezione impressionista appresa dal padre.
Georges Sadoul ha scritto:
"... il film si riattacca nelle immagini a August Renoir, ma anche a Manet, Monet, Degas e, per la sceneggiatura, tanto a Zola, quanto a Maupassant[8].
«Si certains passages et certains costumes peuvent rappeler les tableaux de mon père, c’est pour deux raisons: d’abord parce que cela se passe à une époque et dans des lieux où mon père a beaucoup travaillé, à l’époque de sa jeunesse ; ensuite c’est parce que je suis le fils de mon père et qu’on est forcément influencé par ses parents.»
«Se certi passaggi e certi costumi possono ricordare i quadri di mio padre, ciò avviene per due ragioni: la prima riguarda il fatto che l'epoca e i luoghi in cui si ambienta la storia sono quelli in cui mio padre ha molto lavorato durante la sua giovinezza; la seconda è data dal fatto che io sono il figlio di mio padre e che si è fortemente influenzati dai propri genitori.»
Parecchie inquadrature del film rinviano a celebri quadri paterni come dimostra il confronto fra inquadrature del film e riproduzioni dei quadri di Pierre Auguste Renoir[9]:
Ma troviamo nel film ispirazione anche da:
In occasione della versione restaurata del 2024 su Cahiers du cinéma, nel numero dedicato al (Ri)pensare la storia del cinema, troviamo l'articolo di Marcos Uzal che scrive di un certo malinteso, e di conseguenza di una visione incompleta, riguardo ad un'interpretazione frequente che vede nell'opera un semplice omaggio di Jean ad Auguste Renoir e che i riferimenti si fermano alla parte solare del film, quella panteista e sensuale. Tale dimensione si duplica specularmente di un'altra, invisibile ma onnipresente, quella naturalista, cruda e crudele.[10]
Esemplare la sequenza del temporale estivo e la lunga carrellata sul fiume sferzato dalla pioggia che, nel sottolineare l'esplodere della passione, dell'elemento naturale, tra Henriette e Henry, traghettano il film verso il successivo incontro dei due che avverrà all'insegna della rassegnata accettazione del corso che le convenienze sociali hanno imposto alle loro esistenze.
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