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Teodoro Capocci
militare italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Teodoro Capocci (Lioni, 26 marzo 1894 – Cesuna, 3 giugno 1916) è stato un militare italiano, insignito nel 1920 della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
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Biografia
Riepilogo
Prospettiva
Discendeva da note famiglie napoletane: bisnipote del matematico e senatore del regno d'Italia Ernesto Capocci di Belmonte[1], i suoi genitori erano Corrado (a sua volta discendente di Oscar Capocci e Friedrich Dehnhardt[2], al momento della sua nascita trasferitosi momentaneamente a Lioni perché impegnato nella costruzione della linea ferroviaria Avellino-Rocchetta[3]) e Livia Cottrau[4], figlia di Teodoro Cottrau[5].
Dopo aver frequentato prima il Liceo classico statale Umberto I[6] e poi la facoltà di Scienze Agrarie a Portici[4], visse a Napoli, giocandovi a calcio nelle file di quelle squadre che formarono poi l'odierno Napoli[7], il Naples Foot-Ball Club e l'Elios[8]. Completò gli studi a Modena, presso la Regia Accademia Militare. Arruolato nel 2º Reggimento[9] della Brigata "Granatieri di Sardegna", con il grado di Sottotenente di complemento di fanteria[4], combatté nella prima guerra mondiale durante la quale fu decorato con due medaglie d'argento al valor militare[10]: la prima per aver conquistato quota 188 nella notte tra il 20 e 21 novembre 1915 a Plava, sul Monte Sabotino[4], la seconda per la sua opera di difesa della posizione dal contrattacco del nemico il 30 maggio,[11] sul Cesuna[4].
Nel giugno del 1916,[12] raggiunse con il suo battaglione il fronte di Asiago, dove l'esercito italiano fronteggiava l'avanzata austriaca[9]. Per il comportamento valoroso con cui si distinse nella battaglia di Monte Cengio-Cesuna, nella quale fu colpito a morte nel tentativo di aiutare il comandante di battaglione[4] tenente colonnello Ugo Bignami,[13] gli fu conferita la Medaglia d'oro alla memoria.[14]

La sua testimonianza della vita militare nella guerra di trincea, descritta nel suo diario e nelle lettere inviate alla famiglia, fu citata nella raccolta di testimonianze storiche Momenti della vita di guerra di Adolfo Omodeo[15].
«[...] ero così sereno, così contento che ad alta voce davo la cadenza alle mie quattro squadre che mi correvano dietro affiancate. E difatti ero contentissimo; e ho pensato che morire così sarebbe stato bello.»
«Noi invece si vive tranquilli perché siamo convinti che dài oggi e dài domani, arriva un colpo che ti manda al creatore.
Siamo insieme cinici e sereni. Cinici, perché con tanti morti, tanti disagi, non si può approfondire il dolore. S'impazzirebbe.»
Siamo insieme cinici e sereni. Cinici, perché con tanti morti, tanti disagi, non si può approfondire il dolore. S'impazzirebbe.»
Gli sono state intitolate una via e alcune scuole a Napoli e Lioni. Un cippo a Roana lo ricorda insieme a Ugo Bignami e Alfonso Samoggia. Una competizione calcistica in suo ricordo, la Targa Capocci, venne disputata tra il 1935 e il 1943[18].
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Onorificenze
«Educato al culto della Patria, informò ad esso ogni suo atto e per esso divenne esempio insigne di cosciente audacia e di ogni altra più bella virtù militare, di cui dette prova costante negli aspri e sanguinosi combattimenti, ai quali prese parte. In una situazione di estrema gravità, mentre l’uragano di fuoco nemico si abbatteva con formidabili effetti sulla posizione occupata dai suoi uomini, con straordinario coraggio accorse dall’uno all’altro punto della fronte ad incitare, col fascino del proprio esempio e con la sua calda parola, i soldati che l’adoravano ed a confortare feriti e morenti. Premuto da ogni parte dagli attacchi delle incontenibili soverchianti forze avversarie, perduti quasi tutti i suoi dipendenti ed essendo egli stesso in procinto di essere catturato, impugnando un fucile, con sublime fierezza si difese dai nemici, che lo serravano da presso, finché ripetutamente colpito, gloriosamente cadde, spirando col nome d’Italia sulle labbra. Quota 1152 - Cesuna (Asiago), 31 maggio -3 giugno 1916.[19]»
— Regio Decreto 4 luglio 1920[20]
— Regio Decreto 4 luglio 1920[20]
«Primo nell'assalto, lasciato poi con pochi uomini a proteggere il ripiegamento, mantenevasi ancora per lungo tempo sulla posizione sotto violento fuoco di fucileria ed artiglieria, ostacolando efficacemente l'avanzata del nemico. Fondi, 30 maggio 1916.»
«Con indomito coraggio, alla testa del proprio plotone, sotto un fuoco violento di fucileria, mitragliatrici e artiglierie nemiche, si spingeva all'assalto di una posizione e ne ricacciava ed inseguiva alla baionetta i difensori. I successivi numerosi e sanguinosi contrattacchi avversari, validamente cooperava con la sua calma e la sua arditezza a mantenere saldo il plotone prima, e poi la compagnia, della quale aveva assunto il comando resistendo tenacemente all'urto di soverchianti forze nemiche. Oslavia, 20-21 novembre 1915.»
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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