Loading AI tools
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La storia dello shintoismo affonda le sue radici nel folclore millenario del popolo giapponese, di cui ne ha profondamente influenzato la cultura. In quanto religione etnica originaria del Giappone, lo shintoismo e la sua evoluzione sono inevitabilmente correlati alla storia del Giappone stesso dai tempi antichi fino ai giorni nostri, epoca in cui insieme al buddhismo costituisce il pilastro della tradizione religiosa.[1]
Al contrario di molti altri culti oggi diffusi, lo shintoismo non ha un fondatore riconosciuto o profeti e non lo si può perciò considerare una religione rivelata. Le tribù che anticamente abitavano le isole dell'arcipelago giapponese avevano credenze di tipo animista, praticavano il culto degli antenati e comunicavano con i kami (divinità) tramite gli sciamani. Ciò suggerisce una remota radice comune con lo sciamanesimo coreano e siberiano, ma anche con la religione tradizionale cinese che come lo shintoismo è chiamata "Via degli dèi".[2]
Già durante i secoli dell'arcaico Periodo Jōmon le pratiche sciamaniche erano in evoluzione, benché con ogni probabilità ciascun villaggio e tribù avesse il suo proprio pantheon di divinità e riti senza che vi fosse necessariamente correlazione tra un culto locale e l'altro. Fu soltanto durante l'era giapponese conosciuta come Periodo Yayoi (III secolo a.C-III secolo d.C) con la conseguente immigrazione dell'omonimo popolo proveniente dall'Asia continentale, che le pratiche tribali dei Jōmon entrarono in contatto con la cultura portata dai colonizzatori e così iniziò a formarsi una sorta di proto-shintoismo. Emersero i primi oggetti rituali e luoghi sacri associati al culto dei kami, in particolare ad Amaterasu e Susanoo, rispettivamente divinità del Sole e divinità del tuono. I rituali di quel periodo erano praticati mediante oggetti come campane dotaku in bronzo, gioielli di giada magatama e altri. Inoltre risultava già fondamentale il culto della natura, difatti alberi, fiumi, cascate e montagne erano adorati in quanto shintai e l'esempio più famoso lo si può osservare nel Monte Fuji, luogo sacro del Giappone per eccellenza. Si iniziarono inoltre a codificare riti per esorcizzare spiriti (yurei) e demoni (yokai), oppure per compiere rituali di purificazione mediante abluzione.[3] I nuovi arrivati in aggiunta intensificarono la coltivazione del riso, già conosciuto nelle isole giapponesi ma prima di allora poco diffuso. Nacque perciò il culto della natura basato sulla coltivazione di questo cereale che da quel momento rappresenta la base dell'alimentazione giapponese. Ciò portò la popolazione alla venerazione della dea Inari (associata a fertilità e agricoltura) e all'adozione del sakè come bevanda liturgica. Si ebbe inoltre la fondazione dei primi santuari condotti da gūji e kannushi.[4]
All'Epoca Yayoi segue il Periodo Kofun che copre un arco temporale compreso tra il III secolo d.C e l'anno 568, rappresentando quindi la prima metà dell'Era Yamato, il quale prende nome dal Regno Yamato che secondo la tradizione fu fondato dal primo e leggendario Imperatore Jinmu. Più che un vero e proprio regno si trattava di un'alleanza tribale che dominava il Giappone centrale e occidentale in quei secoli. Tale alleanza era governata dagli uji, clan i cui membri erano generalmente legati da legami di sangue secondo una ben precisa gerarchia patriarcale. Al capo dei differenti clan erano affidate sia funzioni religiose che politiche. Il capo del clan Yamato fu in grado di sottomettere gli altri clan e assunse il ruolo di Imperatore del Giappone, di conseguenza il culto dello shintoismo templare venne istituzionalizzato attorno alla famiglia imperiale e così prese forma uno shintoismo sempre più simile a quello dei secoli successivi. Importanti erano le celebrazioni che venivano officiate in luoghi sacri tutt'ora esistenti: Munakata Taisha nel Kyūshū e Santuario di Ōmiwa nella regione del Kansai. In particolare quest'ultimo tempio edificato ai piedi del Monte Miwa, è fortemente connesso al già citato culto del riso e del sakè e si trova nei pressi di numerose tombe kofun, il sistema di sepoltura che dà il nome al relativo periodo storico.[5]
Durante il Periodo Nara (794-1185) lo storiografo di corte Ō no Yasumaro si occupò della stesura di due grandi classici e pietre miliari della letteratura giapponese, ovvero il Kojiki e il Nihon Shoki. Il primo è la più antica raccolta di miti, leggende del Giappone e fu commissionato dall'Imperatrice Genmei. Per redarlo il suo autore si basò sulle conoscenze trasmessegli dal sacerdote Hieda no Are. Il testo è di carattere mitologico e narra storie riguardo la creazione del mondo (Izanami e Izanagi), avventure degli dèi e genealogie della famiglia imperiale. L'opera fu senz'altro redatta per certificare le origini divine dell'imperatore poterne consolidare la posizione all’interno dei clan che governavano la società giapponese del tempo. Il Nihon Shoki fu scritto pochi anni più tardi e pur trattando anch'esso di mitologia, descrive la genesi del popolo Yamato da un punto di vista più storico, citando una cronologia di eventi che riguardano questioni appartenenti sia al casato regnante che al passato del Giappone. Essendo stilato in forma più dettagliata e diversificata rispetto al Kojiki, include racconti di battaglie e affari di stato, fornendo in tal modo una visione completa riguardo nascita ed evoluzione della società giapponese.[6]
Oltre alle influenze mutuate da taoismo e confucianesimo che hanno avuto importanti risvolti sulla cultura nipponica, certamente un momento cruciale nella storia giapponese e dello shintoismo coincide con l'arrivo del buddhismo importato dal continente. Gli insegnamenti del Buddha giunsero in Sol Levante nel VI secolo da monaci provenienti da Baekje, un regno coreano. L’integrazione di un culto estraneo alla cultura locale provocò numerosi squilibri, basti pensare che la costruzione delle tombe Kofun fu soppiantata dalla cremazione dei cadaveri. Il clan Yamato e i suoi alleati non videro di buon occhio l’introduzione della nuova religione, in quanto temevano che potesse sostituire lo shintoismo su cui si basava la loro supremazia, invece gli uji meno legati agli Yamato accolsero di buon grado la nuova religione. Tra i favorevoli all'adozione del culto buddhista vi era il clan Soga, il quale era in precedenza immigrato proprio dalla penisola Coreana. I Soga scesero in battaglia contro i clan che avversavano il buddhismo e nel 587 riportarono una decisiva vittoria, così pur mantenendo la possibilità di praticare lo shintoismo, i rivali furono costretti ad accettare l'integrazione del nuovo culto all'interno del Giappone. Altro forte cambiamento molto significativo fu l’introduzione della scrittura cinese, anch'essa appresa grazie agli scambi culturali con i coreani. Ben presto però il prestigio dei Soga venne meno, tantoché furono rimpiazzati dal clan Fujiwara. Il processo di assimilazione delle idee provenienti da Cina e Corea tuttavia non si fermò. La famiglia imperiale accettò l'influenza buddhista nel tessuto sociale nipponico, benché fosse soltanto lo shintoismo a legittimare l'origine divina del loro clan, ciò mostra quanto i giapponesi fossero un popolo pragmatico e in grado di adattarsi a differenti contesti in base alla situazione.[7]
Da quel momento iniziò dunque il lungo periodo di convivenza più o meno pacifica tra buddhismo e shintoismo che dura ancora oggi e che ha plasmato il pensiero giapponese nel corso dei secoli. I due culti si sono influenzati vicendevolmente per buona parte della storia nazionale. Basti pensare che già nell'anno 745 la realizzazione della statua raffigurante il Grande Buddha di Nara, ovvero il daibutsu contenuto all'interno del Tōdai-ji, fu finanziata dal Santuario di Usa in cui si venera il dio shintoista Hachiman. Spesso i templi buddisti furono persino costruiti all'interno degli spazi sacri dei santuari shintoisti e i sutra buddhisti venivano letti davanti ai kami. Difatti nei secoli che seguirono, gli stretti contatti tra le due religioni diedero vita a culti sincretici come shugendō, shinbutsu shūgō e altre correnti spirituali minori.[8]
Nell'VIII secolo la Corte imperiale decise di trasferire la capitale del Giappone da Nara a Nagaoka, mentre poi dieci anni dopo fu posta stabilmente a Heian-kyō (Kyoto), dove rimase per oltre mille anni. Cominciò cosi il lungo Periodo Heian (794-1185). Il provvedimento fu preso per ridurre la crescente influenza che i numerosi monasteri buddhisti situati a Nara esercitavano nei confronti del Trono del Crisantemo. I sovrani governarono secondo i principi del ritsuryō, che combina principi filosofici confuciani con elementi legislativi di matrice sinica. Inoltre si procedette con l'invio di milizie nel nord dell'isola di Honshū per combattere gli emishi, un gruppo etnico ostile ai giapponesi Yamato e che probabilmente risultavano essere gli antenati del popolo ainu. L'ingerenza negli affari di stato da parte delle autorità religiose era proibita. Tuttavia l'Imperatore Kanmu che era sostenitore del buddhismo sia per scopi nazionali che individuali, inviò studiosi in Cina per poter apprendere dai monaci del continente. Poi gli intellettuali una volta fatto ritorno in Patria fondarono diverse sette buddhiste. Nonostante ciò i nobili continuarono a praticare rituali shintoisti all'interno del Palazzo imperiale di Kyōto e presso il Santuario di Ise.[9]
Nel Periodo Kamakura (1185-1333) fu proprio al Santuario di Ise che nacque una nuova corrente religiosa in seno allo shintoismo, il cosiddetto shintoismo di Ise. Lo scopo di questa scuola di pensiero era quello di emancipare lo shintoismo dall'influenza della filosofia buddhista. La teologia espressa dal Santuario di Ise fu riassunta in un'apologia in cinque volumi chiamata Shintō gobusho e risalente al XIII secolo.[10] Tutto ciò accadeva mentre Minamoto no Yoritomo, signore della guerra ormai diventato l'uomo più potente del Giappone, anziché tentare di usurpare il trono cercò legittimazione proprio all'interno della casata regnante, così gli fu conferito il titolo di shōgun (generale) dall'imperatore, il quale perse il suo prestigio politico ma mantenne la carica di "sovrano formale" del Paese. Nacque così lo Shogunato Kamakura, il primo bakufu (governo militare) della storia nipponica che dal suo quartier generale sito nell'omonima città affacciata sulla Baia di Sagami, esercitava il vero potere sul Giappone. Il clan Minamoto era devoto seguace dello shintoismo e riconobbe ufficialmente l'autorità religiosa del Grande Santuario di Ise sul suo dominio.[11]
Questo periodo storico (1336-1573) segue la breve Restaurazione Kenmu che vide il trono imperiale recuperare il suo pieno potere. Venne fondato lo Shogunato Ashikaga che governò per ben due secoli. Fu un'era inoltre caratterizzata dall'esistenza di due imperatori rivali, uno rappresentante della Corte del Nord mentre l'altro capostipite della Corte del Sud. La situazione si protrasse fino al 1392 quando avvenne la riunificazione delle corti imperiali. Fu merito dello shōgun Ashikaga Yoshimitsu, il quale promise ai due casati una successione alternata. Tuttavia la promessa non fu mantenuta e la Corte meridionale cessò di esistere.[12] Gli ultimi decenni di quest'era videro l'arrivo dei primi europei nel Paese e poco dopo Francesco Saverio iniziò la conversione dei giapponesi al cristianesimo. Intanto il Giappone era in piena Epoca Sengoku, un prolungato periodo di guerra civile in cui i daimyō locali si contendevano il territorio. Fu in quel tempo che emerse una nuova corrente, lo shintoismo Yoshida, istituito dal sacerdote Yoshida Kanetomo. Questa setta shintoista era molto in voga all'epoca e riusciva a rivaleggiare con la più antica e autorevole corrente del Santuario di Ise. Lo shintoismo fondato da Yoshida ribaltò gli insegnamenti dello Honji suijaku, forma di pensiero che individuava i kami come divinità buddhiste indiane che in Giappone appaiono come spiriti indigeni per meglio convertire e salvare la popolazione. Yoshida sosteneva invece che fossero le manifestazioni del Buddha ad essere in realtà comparse dei kami giapponesi.[13]
Il Periodo Edo (1603-1868) fu l'epoca di dominio dello Shogunato Tokugawa. Gli insegnamenti di Yoshida continuarono a esercitare molta influenza nel panorama religioso giapponese, tanto da condizionare i fondatori dello shintoismo confuciano. Si trattava di una corrente religiosa sincretica che univa elementi confuciani con aspetti derivati dalla tradizione nativa del popolo nipponico.[14] Intanto nel 1638 si verificò la Rivolta di Shimabara, provocata da contadini cristiani ribelli che i Tokugawa fecero brutalmente massacrare con l'intento di preservare l'ordine nel Paese ed evitare che la nuova religione portata dagli occidentali potesse rappresentare una minaccia per la sopravvivenza di shintoismo e buddhismo. A tal proposito l'anno successivo il bakufu proclamò l'inizio del sakoku, politica isolazionista che vietava agli stranieri di entrare e ai giapponesi di recarsi all'estero.[15]
Il forte patriottismo che caratterizzava quest'epoca ebbe importanti risvolti anche per quanto concerne il pensiero filosofico, difatti emerse il movimento accademico conosciuto con il nome di kokugaku. I fautori di questa dottrina esaltavano lo shintoismo e promuovevano l'idea che gli intellettuali giapponesi dovessero concentrarsi sullo studio dei classici nazionali, piuttosto che dedicarsi ad approfondire correnti di pensiero importate dal continente come confucianesimo e buddhismo.[16] Vennero a crearsi aspri attriti nel mondo intellettuale poiché nonostante il diffondersi del kokugaku furono proprio neoconfucianesimo e buddhismo a rivestire un ruolo di primo piano durante il prolungato governo Tokugawa. Nel 1690 si procedette infatti con la costruzione dello Yushima Seidō, un tempio confuciano considerato tra le principali istituzioni accademiche dell'epoca.[17]
Nel 1853 lo sbarco delle navi nere del commodoro Matthew Perry in Giappone, pose termine al bicentenario periodo di isolamento e cominciò dunque il Bakumatsu, cioè l'ultima parte del Periodo Edo. I sostenitori del Rinnovamento Meiji nel 1868 ripristinarono la sovranità imperiale sulla nazione vincendo la Guerra Boshin. Tokyo divenne capitale e la resistenza al nuovo governo continuò nel nord del Paese, tuttavia nel giugno dell'anno successivo, gli ultimi sostenitori del bakufu si arresero presso Hakodate, nell'isola di Hokkaido. Ciò causò la fine del dominio dei Tokugawa, durato ben 268 anni. Questo evento è considerato lo spartiacque storico tra Giappone tradizionale e moderno.[18]
Con la nascita dell'Impero giapponese ufficialmente il potere politico venne affidato al giovane Imperatore Meiji, ma in realtà si trattava di un'oligarchia che si serviva della figura imperiale per esercitare influenza diretta sull'intero Giappone. Malgrado i fitti scambi commerciali e intellettuali con l'Occidente, emerse una sorta di ritorno al kokutai che esaltava lo Yamato-damashii, vale a dire l'autentico spirito del popolo giapponese. Per creare un grande Giappone in grado di competere con le potenze occidentali si riteneva necessario nobilitare il sentimento nazionalista, i valori della famiglia e il culto dell'imperatore. Il Santuario di Ise tornò a essere luogo sacro di centrale importanza e venne affiancato da nuovi centri religiosi come il Santuario Yasukuni e in seguito il Santuario Meiji. Pur essendo stata istituita formalmente la libertà religiosa lo shintoismo divenne religione di Stato, mentre il cristianesimo seppur non vietato fu apertamente osteggiato. Anche il buddhismo essendo un culto di origine straniera non incentrato sulla venerazione dell'imperatore, perse rapidamente i privilegi di cui aveva goduto nei secoli precedenti.[19] Le nuove religioni giapponesi, spesso sette shintoiste non appartenenti alla corrente dominante, venivano sistematicamente perseguitate dalla Polizia imperiale. Soltanto lo shintoismo basato sul culto imperiale e la venerazione delle divinità tradizionali era ben accetto dalle autorità governative del nuovo Giappone.[20]
La resa del Giappone segnò la fine della Seconda guerra mondiale e la conseguente Dichiarazione della natura umana dell'imperatore effettuata dal sovrano Hirohito, pose fine allo shintoismo di Stato. Infatti la nuova Costituzione del Giappone che la nazione fu costretta ad adottare su ordine degli Alleati, stabilì il principio di laicità dello Stato e di ogni pubblica istituzione. [21] Venne vietato il finanziamento statale dei santuari e fu creata l'Associazione dei santuari shintoisti e da questo momento in poi la mitologia e la famiglia imperiale pur mantenendo la loro tradizionale importanza, passano in secondo piano nella pratica religiosa. Lo shintoismo odierno si concentra principalmente sulla salvaguardia della natura, l'ecologia e la fratellanza tra il popolo giapponese e quelli di tutto il mondo. Il culto si è così distanziato dallo statalismo, abbracciando una visione più universale e meno istituzionalizzata. Di recente si è tuttavia verificato un incremento dell'ingerenza religiosa shintoista nella società nipponica, a causa dell'emergere di frange reazionarie e tradizionaliste. Malgrado questo oggi lo shintoismo per la maggior parte dei giapponesi significa semplicemente seguire il proprio amore per la natura, le divinità che la abitano e per quei valori che rappresentano ancora un elemento imprescindibile della cultura nipponica.[22]
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Every time you click a link to Wikipedia, Wiktionary or Wikiquote in your browser's search results, it will show the modern Wikiwand interface.
Wikiwand extension is a five stars, simple, with minimum permission required to keep your browsing private, safe and transparent.