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opinione ipersemplificata e precostituita Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Lo stereotipo è una soggettiva semplificata e persistente a un luogo, un oggetto, un avvenimento o a un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità. Si tratta di un preconcetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale (ad es. lo stereotipo del Natale con la neve e il caminetto acceso), positivo ("i francesi sono romantici") o negativo (l'associazione tra consumo di droghe e la musica rock) e, in questo caso, rispecchia talvolta l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi. Lo stereotipo (anche quello "positivo") è una credenza radicata che può essere cambiata tramite l'educazione e/o la familiarizzazione[1].
Talvolta lo stereotipo è una caricatura o un'inversione di alcune caratteristiche positive possedute dai membri di un gruppo, esagerate al punto da diventare detestabili o ridicole. Alcuni gruppi hanno cercato, per deliberata strategia politica, di sviluppare nuovi stereotipi positivi su sé stessi[2].
Il termine stereotipo – dal greco "stereos" (duro, solido, rigido) e "typos" (impronta, immagine, gruppo), quindi "immagine rigida" – nasce in ambito tipografico, inventato da Firmin Didot per indicare un metodo di duplicazione delle composizioni tipografiche e dei cliché: l'originale da duplicare veniva fortemente pressato contro uno speciale tipo di cartone resistente al calore, detto flano (dal francese flan), che ne riceveva l'impronta; nell'impronta così ottenuta si versava la consueta lega tipografica ottenendo una o più matrici in rilievo per la stampa[3].
In origine, i termini cliché e stereotipo avevano il medesimo significato. In particolare, cliché era un termine onomatopeico derivato dal suono prodotto durante il processo di stereotipizzazione, quando la matrice colpiva il metallo fuso. Nel tempo divenne una metafora per un qualsiasi insieme di idee ripetute identicamente, in massa, con modifiche minime.
Nel 2002 Susan Fiske e colleghi hanno elaborato uno strumento teorico Modello del contenuto degli stereotipi per lo studio ed i contenuti del pregiudizio.[4] Negli anni '90, David G. Myers sostenne che gli stereotipi possono diventare egemoni e permanere all'interno della società nonostante l'evoluzione socio-culturale.[5]
Lo stereotipo fa, quindi, riferimento alle "rigide generalizzazioni riguardanti gruppo sociali, dal contenuto illogico e inesatto" che rappresentano in modo alterato la realtà perché la fanno percepire come se fosse tutta uguale, come se gli individui di un gruppo fossero tutti uguali. In particolare, secondo Henri Tajfel, uno psicologo di origine polacca, gli stereotipi nascono da un processo di categorizzazione secondo la quale gli individui ordinano le persone, oggetti ed eventi in base ad alcune categorie che limitano la quantità di informazioni con le quali si dovrebbero confrontare, semplificando così la complessità del mondo ed evitando di avere un atteggiamento differenziato rispetto ad ogni cosa o situazione.
Gli stereotipi sono comunque difficili da modificare perché hanno la caratteristica di rigidità continuata nel tempo che è data dall’autoriproduzione di vari meccanismi collegati ai processi mentali o a dinamiche di comunicazione sociale. Ad esempio, quando ci si accosta agli altri, o alle categorie sociali, spesso si hanno aspettative derivanti da precedenti esperienze personali o da opinioni diffuse, ma si dovrebbe verificare e valutare se queste opinioni coincidono effettivamente con il rapporto con la persona o il gruppo.
Di conseguenza gli stereotipi svolgono una doppia funzione:
Stereotipi comuni comprendono una varietà di opinioni su gruppi sociali basate su etnia, sessualità, nazionalità, religione, politica e propensioni, ma anche professione, status sociale e ricchezza[6][7][8][9]. Diversi stereotipi esistono all'interno di grandi gruppi, e sono legati ai vari sottogruppi che esistono all'interno di questi. Il termine stereotipo, all'interno delle scienze sociali, fu promosso da Walter Lippmann intorno al 1920, nei suoi studi sul pregiudizio.[10] Secondo il pensiero di Lipmann gli stereotipi vengono elaborati da personalità autoritarie per standardizzare le opinioni e percezioni di persone ed eventi. Questa definizione venne poi approfondita da studiosi come Gordon Allport e Susan Fiske che arrivarono ad affermare che gli stereotipi sono normali processi di semplificazione della realtà.[11]
In arte e letteratura, gli stereotipi sono rappresentati da situazioni o personaggi prevedibili[12][13]. Ad esempio, lo stereotipo del diavolo è quello di un personaggio rosso, con corna e forcone, mentre lo stereotipo del venditore è quello di un individuo ben vestito, che parla rapidamente, di cui non ci si può fidare. La Commedia dell'arte italiana era nota per i suoi personaggi e situazioni tipiche. Nel corso della storia i cantastorie hanno sempre attinto a personaggi e situazioni stereotipe, allo scopo di far meglio comprendere al pubblico le nuove storie. Talvolta questi stereotipi possono essere molto complessi e sofisticati, come nel caso di Shylock, protagonista de Il mercante di Venezia di William Shakespeare[14].
L'immediata riconoscibilità di alcuni stereotipi fa sì che questi vengano largamente utilizzati nella produzione di pubblicità[15] efficaci o nelle sit-com. Gli stereotipi cambiano ed evolvono nel tempo, pertanto potrebbe essere difficile riconoscere oggi alcuni degli stereotipi relativi alla società di qualche decennio fa[16][17].
Il luogo comune è un'opinione (non necessariamente "vera") o un concetto la cui diffusione, ricorrenza o familiarità ne determinano l'ovvietà o l'immediata riconoscibilità. In letteratura è detto tòpos e indica il ricorrere di un tema in un autore o in un genere letterario o artistico.
Il termine deriva dal latino loci communes, ossia i luoghi comuni della filosofia, che sono princìpi comunemente accettati o supportati dall'autorità di chi li ha espressi originariamente; in seguito l'espressione è entrata nel parlare comune, sul modello del francese lieu commun e dell'inglese common place, per indicare qualsiasi convinzione diffusa e ricorrente, anche errata o abusata, come una frase fatta[18].
Oltre a non essere stabile nel tempo, la diffusione di un luogo comune non è necessariamente omogenea nella popolazione: può infatti essere limitata a gruppi in base a culture, interessi, professioni, orientamenti politici.
Luoghi comuni, più strettamente legati alla tradizione, possono essere i detti, i proverbi o le citazioni. Possono essere opinioni interessanti, talora acute, che legittimamente possono essere utilizzate come punto di partenza per un pensiero critico o essere pronunciate come rappresentazione di una verità inconfutabile o derivare dalla saggezza popolare[19][20].
Nel cinema americano lo stereotipo si verifica quando una scena, una sequenza, una battuta, un personaggio tipo, una canzone o una situazione è stata utilizzata molte volte nella storia del cinema. Ad esempio[21][22][23][24][25][26]:
Nei fumetti, uno stereotipo indica una scena, una sequenza di vignette, una battuta, un personaggio tipo, o una situazione che è stata utilizzata molte volte nella storia del fumetto. Ad esempio[27][28]:
In fotografia lo stereotipo è un soggetto, un effetto o una tecnica utilizzata già molte volte nella storia della fotografia.
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