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scultore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Sirio Tofanari (Firenze, 9 aprile 1886 – Milano, 12 ottobre 1969) è stato uno scultore italiano famoso per le sue opere raffiguranti animali.
Figlio di Ludovico Tofanari e Rosa Salvi Ricciarini, secondo di quattro figli (tra cui il pittore Salvino Tofanari). Già a 14 anni, forse influenzato dalla passione per la caccia di suo padre, dimostrò un vivo interesse per le figure di animali e una innata capacità di rappresentarli plasticamente. Lo testimonia una sua piccola scultura di un cervo ferito, realizzata appunto a 14 anni e rimasta sempre in famiglia. Purtroppo già a 16 anni rimase orfano sia di padre che di madre.
Frequentò l'Accademia di belle arti di Firenze solo per un anno, insofferente della disciplina e del lavoro metodico richiesto dal corso ufficiale di scultura. Nel 1906 si recò a Parigi e subito dopo a Londra dove poté dar libero sfogo al suo istinto e intuito di artista partendo dallo studio e dall'osservazione degli animali dal vivo, poiché a Londra c'era già allora un importante giardino zoologico. Anche le costanti visite alle collezioni anatomiche di animali nel Natural History Museum in South Kensington contribuirono a farlo diventare padrone delle fattezze e delle movenze di tanti animali.
Al rientro in Italia, le sue opere vennero esposte alla mostra di Faenza del 1908, dove il Re acquistò una sua gazzella in bronzo. Dal 1909 al 1936 prese parte a quasi tutte le Biennali di Venezia e nel 1925 alla III Biennale Romana d'Arte, dove partecipò con una sala personale. Numerosissime le esposizioni anche all'estero, tra cui San Francisco (1916), Buenos Aires (1923) (in Sud America ebbe particolare successo), Bruxelles (1928) dove la regina del Belgio fece acquisti personali. Anche in Italia il Re e la Regina Madre fecero diversi acquisti, così come diversi musei acquistarono sue opere dopo le varie esposizioni. Negli anni 1914-1918 andò in guerra, soldato d'artiglieria, e al suo ritorno riprese l'attività.
Nel 1926 realizzò la "Fontana dei Coccodrilli" che fu installata nel nuovo stabilimento termale "Tettuccio" di Montecatini Terme, inaugurato il 17 ottobre 1926. La fontana, ora nota come “Fontana del Tettuccio”, ne divenne il simbolo, e simbolo quasi anche di Montecatini stessa. Durante la realizzazione delle Terme conobbe il celebre ceramista Galileo Chini e ne divenne amico, e così poi si cimentò anche in alcune opere in ceramica, collaborando con la Manifattura Chini (Fornaci San Lorenzo) di Borgo San Lorenzo nel Mugello.
In seguito ai notevoli successi artistici ottenuti oltre i confini d'Italia, il Re Vittorio Emanuele III lo onorò del titolo di Cavaliere, e fu anche nominato accademico corrispondente dell'Accademia delle arti del disegno di Firenze.
Nel 1937 si trasferì a Milano dove fu chiamato ad eseguire opere per conto del Comm. Dr. Antonio Feltrinelli e per il Senatore Giorgio Enrico Falck ed altre personalità.
Il 17 febbraio 1949, con speciale decreto del Presidente della Repubblica Italiana, fu nominato Accademico Nazionale dell'insigne Accademia Nazionale di San Luca di Roma, per la Classe della Scultura.
Nel corso dei successivi anni '50 non se la sentì più di fare opere di grandi dimensioni, e così si dedicò a piccole sculture, si potrebbe dire da soprammobile, e realizzò anche diverse opere in ceramica collaborando con la manifattura di ceramiche artistiche "Cacciapuoti" di Milano e con la "Società Ceramica Italiana" di Laveno.
Le sue opere, come si è detto, raffigurano quasi esclusivamente animali (famose soprattutto le sue scimmie e le sue gazzelle), colti quasi sempre in momenti di serena tranquillità. di affettuosa intimità familiare o di cura e protezione dei piccoli. Mai queste opere risultano inquietanti, anche nei pochi casi in cui viene raffigurata la cattura di una preda o il dramma di un animale ferito.
Dal 1960, negli ultimi anni della sua vita, per una sorta di riavvicinamento ad un senso mistico più tradizionale, si mise a fare dei bassorilievi in bronzo a soggetto religioso: il presepe con l'adorazione degli animali, San Francesco col lupo di Gubbio, San Francesco che predica agli uccelli, l'Ultima Cena e poi Madonne tenerissime e Crocifissioni drammaticissime.
Morì a 83 anni, solo un anno dopo la morte della moglie.
Citazioni riguardanti la sua persona e le sue opere sono presenti nel volume "Scultura Italiana Moderna" pubblicato dall'Istituto Poligrafico di Stato, nella Enciclopedia Treccani e nell'inglese "Who's Who".
Una spiacevole conseguenza della sua grande notorietà nella prima metà del XX secolo, fu il dilagare di falsi nei successivi decenni, poiché bastava apporre una firma "Tofanari" ad una qualsiasi scultura di animale, per garantirsi attenzione e soprattutto vendite. Gli eredi sono si sono impegnati, fin dagli anni '90, sia a contrastare la diffusione e circolazione di pezzi falsi o contraffatti, sia ad autenticare eventuali pezzi regolari ma rimasti esclusi dalla catalogazione realizzata dagli eredi stessi.
Lo stile artistico di Sirio Tofanari e la sua evoluzione possono essere tratteggiati a partire dai giudizi che di lui diedero alcuni tra i più importanti critici d'arte dell'epoca, tra i quali Ugo Ojetti, Antonio Maraini, Carlo Carrà, Roberto Papini, Enrico Sacchetti.
Per cominciare, il Tofanari stesso, nel suo breve scritto Il mio credo artistico, inserito nel catalogo di una mostra nel 1957[1], dichiarò di non avere mai avuto maestri, e Arturo Lancellotti lo ritiene plausibile scrivendo, in occasione della Terza Biennale di Roma nel 1925:
«Il Tofanari afferma che nessun artista esercitò mai alcuna influenza sul suo spirito. Gli si può credere sulla parola poiché il suo isolamento artistico è palese.»
Sirio Tofanari eraè dunque un autodidatta, ma comunque ben inserito nell'ambiente culturale e artistico dell'epoca, avendo rapporti frequenti, a volte di amicizia, con diversi esponenti di spicco, quali gli scultori Antonio Maraini, Italo Griselli, Arturo Dazzi, Attilio Fagioli, Augusto Passaglia, Moschi, e i pittori Primo Conti, Annibale Scaroni e lo stesso fratello Salvino Tofanari, il pittore e incisore Giuseppe Graziosi, il grande ceramista Galileo Chini, gli architetti Coppedè e Giovannozzi, lo scrittore e illustratore Enrico Sacchetti, e gli scrittori e critici d'arte Roberto Papini e Ugo Ojetti (con il quale ci fu profonda amicizia). Comunque, qualche richiamo ad esperienze di precedenti artisti è stato già a quel tempo individuato. Il suo istintivo bisogno di modellare animali senza insegnamento di scuola, all'inizio lo portò ad un impressionismo resogli necessario dal continuo movimento dei suo modelli. Così alcuni critici, a proposito delle sue prime opere, scrivono[2][3][4] che ricordano l'impressionismo di Troubetzkoy e in particolare di Bugatti di cui vide sicuramente diverse opere.
Ma già tra il 1920 e il 1923 il suo stile si era evoluto e consolidato, con il raggiungimento di una classicità della forma cui l'esperienza impressionistica conferisce una vivacità inaspettata. Da alcuni critici[2][3][5] è stato fatto anche il nome di Barye, come accostamento di stile, ma precisando che Tofanari risultava più moderno e dinamico.
Fu spesso notato il suo lavoro di dettaglio sui pelami e sui piumaggi, che realizzava intervenendo anche sulle cere da affidare al fonditore e poi cesellando direttamente il bronzo. Grande attenzione mise sempre alla realizzazione delle patine dei bronzi, cercando quella che rendesse al meglio l'impressione che voleva trasmettere[6]. È stato anche messo in luce il carattere divertente e umoristico di alcune sue composizioni[7].
Dal 1960, negli ultimi anni della sua vita, per una sorta di riavvicinamento ad un senso mistico più tradizionale, si mise a fare dei bassorilievi in bronzo a soggetto religioso: il presepe con l'adorazione degli animali, San Francesco col lupo di Gubbio, San Francesco che predica agli uccelli, l'Ultima Cena e poi Madonne tenerissime e Crocifissioni drammaticissime.
Si conoscono 213 opere di cui 156 in bronzo, 3 in marmo, 15 in argento, 11 in ceramica, 6 in terracotta, e le altre in gesso, plastilina e cera. Le più importanti sono :
Si conoscono 48 esposizioni a cui Sirio Tofanari ha partecipato, di cui 17 personali o con una o più sale dedicate esclusivamente a lui. Le più importanti sono:
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