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potere statale di emettere mezzi di pagamento (moneta) non convertibili (o di imporre l'emissione alla banca centrale), oppure l'insieme dei redditi derivanti da questo potere di emissione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il signoraggio (dal latino medievale senioraticum, da cui il termine attuale[1][2]; la desinenza -aggio indica un'azione o un rapporto correlati alla radice signore) è l'insieme dei redditi derivanti dall'emissione di moneta.[3][4][5]
Il premio Nobel Paul R. Krugman, nel testo di economia internazionale scritto con Maurice Obstfeld, lo definisce come il flusso di «risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi».[6][7]
Il termine è un prestito linguistico dal provenzale senhoratge, che è un derivato di seigneur (corrispondente all'italiano signore). Nel Medioevo, infatti, i signori feudali di tutta Europa cercarono di rendersi indipendenti dai sovrani attribuendosi il diritto di battere moneta e la titolarità dei relativi redditi.[8][9]
Nell'antichità, quando la base monetaria consisteva di monete in metallo prezioso, chiunque disponesse di metallo prezioso poteva portarlo presso la zecca di Stato, dove veniva trasformato in monete con l'effigie del sovrano. I diritti spettanti alla zecca e al sovrano erano esatti trattenendo una parte del metallo prezioso.[10] Il signoraggio in tale contesto è dunque l'imposta sulla coniazione, noto anche come diritto di zecca. Il valore nominale della moneta e il valore intrinseco delle monete non coincidevano, a causa del signoraggio e dei costi di produzione delle monete. L'imposta sulla coniazione serviva poi a finanziare la spesa pubblica. Nel caso in cui lo Stato possedesse miniere di metallo prezioso, il signoraggio coinciderebbe con la differenza tra il valore nominale delle monete coniate e i costi per estrarre il metallo prezioso e coniare le monete. Già con i romani, da Settimio Severo si può parlare di signoraggio: questo imperatore dimezzò la quantità di metallo prezioso contenuto nelle monete, mentre lasciò invariato il valore nominale.
Tra l'800 e il 1200 d. C. il sistema monetario europeo era semplice, basato quasi esclusivamente sul denarius introdotto da Carlo Magno[11][12]. Con la caduta di Costantinopoli, le signorie europee, a partire da Genova e Firenze, tornarono a battere moneta (1252)[11]. Essendo in circolazione tanti diversi tipi di moneta, con diverse denominazioni, coniate in differenti metalli (oro, argento, rame) e con diversi standard di purezza, si pose il problema giuridico se il monarca potesse imporre una tassa di signoraggio sulla produzione delle monete. La scuola giuridica dei canonisti elaborò un orientamento favorevole; quella dei romanisti sostenne che il signoraggio avrebbe dovuto essere nullo[13].
Con la rivoluzione industriale e, nel XX secolo, con la Conferenza di Bretton Woods si assistette al graduale abbandono dei sistemi monetari fondati sui metalli preziosi e sulla convertibilità delle monete in metalli preziosi. La crescita degli scambi economici provocata dalla rivoluzione industriale rese necessario l'uso di monete la cui offerta non fosse vincolata dalla limitata disponibilità di metalli preziosi. Inoltre l'affermarsi di talune monete, sempre più diffuse e accettate negli scambi internazionali, rese obsoleto il ricorso ai metalli preziosi per regolare tali scambi. Infine l'affermazione del biglietto di banca e di altre forme di pagamento svincolate dall'uso di metalli preziosi si spiega con la praticità dei sistemi di pagamento che non obbligano a trasferire ingenti quantità di pesante metallo prezioso.
Negli anni ottanta-novanta, l'eccessiva dipendenza dal signoraggio di alcuni governi europei - tra cui il Portogallo, l'Irlanda, l'Italia, la Grecia e la Spagna (i PIIGS) - rappresentò una delle maggiori difficoltà per la realizzazione dell'Unione economica e monetaria dell'Unione europea[14].
Nei paesi dell'area euro, il reddito da signoraggio viene incassato dai governi dei paesi membri per il conio delle monete metalliche, e dalla Banca centrale europea (BCE) per la stampa delle banconote, che emette in condizioni di monopolio[15]. Tali redditi sono poi ridistribuiti dalla BCE alle varie banche centrali nazionali[16] in ragione della rispettiva quota di partecipazione (per la Banca d'Italia ad esempio è il 12,5%[17]).
I singoli governi nazionali provvedono in seguito a prelevare gran parte di tali redditi dalle banche centrali tramite il prelievo fiscale[18]. Tuttavia, anche nei casi di banche centrali non completamente di proprietà statale (come la Banca d'Italia), la gran parte degli utili prodotti viene versata allo Stato.[19] I singoli governi incassano direttamente il reddito derivante dal diritto di emettere monete metalliche, dal quale devono sottrarre i costi per produrle. Si tratta di un reddito quasi sempre modesto, eccezion fatta nel caso di stati di piccole dimensioni come la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano le cui monete diventano oggetto di collezione.
Mentre la creazione e l'emissione monetaria è gestita dalla banca centrale e avviene in contropartita ad obbligazioni statali reperite con operazioni sul mercato aperto, la semplice creazione della moneta scritturale è facoltà di tutto il sistema economico, nazionale e internazionale.
La differenza è tratteggiata dalla Banca centrale del Canada nel proprio sito[20]. Mentre nel caso delle monete metalliche il reddito consiste nella differenza tra il valore nominale delle monete metalliche emesse e il costo per produrle, nel caso dell'emissione di monete non metalliche il reddito consiste negli interessi maturati sui titoli acquistati a fronte dell'emissione di moneta. Tali redditi, incamerati dalla banca centrale, servono a pagarne i costi e le imposte sull'emissione di moneta. Il reddito da signoraggio viene in gran parte incamerato dal governo che ha concesso alla banca centrale il diritto di emettere base monetaria in condizioni di monopolio.
In macroeconomia per signoraggio si intendono i redditi che un governo ottiene grazie alla possibilità di creare base monetaria in condizioni di monopolio[21]. Negli stati moderni, solitamente, la banca centrale stampa le banconote mentre il governo (ad esempio tramite una zecca) conia le monete metalliche, ed entrambi hanno un reddito da signoraggio.
In economia il signoraggio è innanzitutto una delle fonti con cui un governo finanzia il proprio disavanzo di bilancio (cioè la quantità di spesa pubblica non coperta dalla raccolta di tributi). Lo stesso termine signoraggio nella letteratura economica è quasi sempre riferito ai vantaggi del governo[22]. Nei paesi a bassa inflazione conta per circa lo 0,5% del prodotto nazionale lordo mentre nei paesi ad alta inflazione tale valore è molto maggiore[23][24]. Nei casi estremi di iperinflazione il signoraggio è virtualmente l'unica fonte di finanziamento del governo[25][26]. Il ricorso al signoraggio da parte del governo è generalmente associato ad un'elevata instabilità politica, dovuta sovente ad un sistema politico altamente polarizzato[26][27]. Spesso avviene in concomitanza con la necessità di finanziare i costi di guerre, oppure in casi di shock esogeni che siano causa di un crollo dei prezzi di esportazione o anche solo nei casi in cui il governo non riesca a fronteggiare adeguatamente l'evasione fiscale. In tutti questi casi, i risparmiatori tenderanno a diffidare delle capacità del governo di onorare i propri debiti e si rifiuteranno di sottoscriverne le obbligazioni[26].
Nel caso in cui il potere di stampare moneta sia assegnato dal governo e questo lo usi per finanziare la spesa, il signoraggio corrisponde al rapporto tra il valore nominale della nuova base monetaria emessa in un certo intervallo temporale e l'indice generale dei prezzi (al netto dei trascurabili costi di produzione)[28]. I tentativi da parte del governo di finanziare il deficit pubblico aumentando le entrate da signoraggio possono essere causa di iperinflazione[26][29][30] e gran parte dei casi storici di elevata inflazione e di iperinflazione sono effettivamente dovuti alla necessità da parte del governo di finanziarsi attraverso il signoraggio[26][31]. Il caso storico più eclatante e più studiato dalla teoria economica in cui l'abuso nel ricorso al signoraggio da parte del governo ha causato una drammatica spirale iperinflattiva è quello della Repubblica di Weimar del 1922-1923[32][33]: il conseguente collasso economico fu il preludio dell'ascesa al potere del Nazismo e di Adolf Hitler[34][35][36]. Nella prefazione al classico testo di Costantino Bresciani-Turroni sulle vicende del marco tedesco, Lionel Robbins osserva che «il deprezzamento del marco avvenuto tra il 1914 e il 1923 […] ha distrutto la ricchezza degli elementi più solidi della società tedesca: e si è lasciato dietro uno squilibrio morale ed economico, atto a preparare il terreno per i disastri che sono seguiti. Hitler è il figlioccio dell'inflazione»[37].
Krugman osserva che l'elevato ricorso al signoraggio è una caratteristica particolarmente frequente nei paesi in via di sviluppo. Nonostante i tentativi da parte di questi paesi di riformare le proprie istituzioni nella direzione dei paesi maggiormente industrializzati, tale processo rimane spesso incompiuto: alla maggiore statalizzazione di queste economie non corrisponde un'adeguata capacità di riscuotere le imposte per finanziare la spesa. Anche in questi casi il ricorso al signoraggio è associato ad elevata inflazione o iperinflazione[6].
Secondo Rudi Dornbusch (1987), le iperinflazioni sono gli esperimenti di laboratorio dell'economia monetaria: in presenza di questi tassi di inflazione, il collegamento tra moneta e prezzi è assolutamente fuori discussione e al di là di qualsiasi controversia[38]. In virtù della stretta associazione tra signoraggio ed inflazione - per cui a maggior signoraggio corrisponde, più che proporzionalmente[39], maggiore inflazione - il signoraggio è detto anche "tassa da inflazione" (in inglese "inflation tax"): è infatti a tutti gli effetti una tassa che gli operatori economici pagano al governo nella forma di un forzato minor potere d'acquisto della moneta detenuta nei propri portafogli[9][30][40][41].
La creazione di una banca centrale indipendente dal governo - cioè tale per cui il governo non abbia il potere di imporre alcuna misura di politica monetaria - è stata spesso una decisione fondamentale per stabilizzare un'economia colpita da iperinflazione[42]. Nel caso in cui il potere di stampare moneta sia assegnato alla banca centrale, il signoraggio riscosso da questa si definisce come il prodotto tra tasso d'interesse nominale e valore nominale della base monetaria in circolazione, diviso per l'indice generale dei prezzi (al netto dei trascurabili costi di produzione). Tale somma viene normalmente percepita dal governo sotto forma di imposte.
Il signoraggio ottenuto dal governo può essere misurato dal potere d'acquisto della nuova base monetaria messa in circolazione dal governo. La formula matematica è pertanto:[28][31][41][43][44][45][46][47]
dove
Occorre osservare che
La formula incorpora il fatto che il governo acquista risorse reali (i beni e servizi che compongono la spesa pubblica) con risorse nulle (il valore economico della carta-moneta)[43]. Questo tipo di signoraggio viene anche chiamato signoraggio monetario[48].
Inteso come costo opportunità, una formula che stima il signoraggio ottenuto dalle banche centrali è invece[48][49]:
dove è il tasso d'interesse nominale. Va ricordato che in genere tale introito viene in gran parte incamerato dal governo stesso e solo in piccola parte dalla banca centrale.
Una variante di quest'ultima versione è[22]:
dove è il tasso d'interesse nominale, è la quantità iniziale di base monetaria e è l'indice generale dei prezzi correnti.
Un'ulteriore formula adottata da alcuni autori[50] utilizza, anziché il tasso di crescita della moneta o il tasso d'interesse nominale, il tasso di inflazione:
dove è il tasso d'inflazione. L'ipotesi sottostante è in questo caso la neutralità della moneta, pertanto
In questo caso il signoraggio è esattamente pari all'inflation tax.[45]
Il reddito prodotto dal signoraggio viene in parte utilizzato per il finanziamento dell'attività della banca centrale (che svolge, di solito, anche attività di regolamentazione e controllo sul sistema creditizio e finanziario nazionale); le quote che residuano prendono altre strade, venendo incamerate dallo stato, oppure accantonate a riserva. Una quota può essere destinata, entro i limiti fissati, ai soci della banca.
A titolo di esempio, nel 2008, la Banca d'Italia ha realizzato un utile lordo di 502.939.255 euro, sulla base del quale ha pagato allo Stato 327.727.564 euro di imposte sui redditi (pari a circa il 65,16% dell'utile lordo), realizzando così un utile netto di esercizio di 175.211.691 euro[51]. Ha versato poi al Tesoro, a titolo di ripartizione dell'utile al netto di imposte, la somma di 105.111.415 euro (pari a circa il 59,99% dell'utile netto).[52] Ai rimanenti 70.100.276 euro è stata sottratta la somma di 35.042.338 euro destinata a Riserva ordinaria e un'uguale cifra da accantonare a Riserva straordinaria. I restanti 15.600 euro vanno a sommarsi a 58.788.000 euro - a norma dell'art. 40 dello Statuto della Banca d'Italia, lo 0,50% "a valere sul fruttato" delle riserve, ordinaria e straordinaria, che al 31 dicembre 2007 erano di 11.757.789.000 euro[53] - per un totale di 58.803.600 euro (196,012 euro per ogni quota di partecipazione) da ripartirsi fra i partecipanti diversi dallo Stato.[52]
Se è vero che il ricorso al signoraggio fa aumentare l'inflazione a ritmo virtualmente illimitato, ciò non si traduce tuttavia necessariamente in un aumento del signoraggio reale riscosso dal governo[54][55][56][57]. Come mostrato in precedenza, questo è pari a e, se il governo è in grado di controllare il numeratore (cioè la creazione di nuova base monetaria), non è però certo in grado di controllare il denominatore (l'indice generale dei prezzi) che, come si è detto, cresce al tasso di inflazione. Per valori bassi dell'inflazione, il finanziamento di una piccola quota del deficit tramite emissione di moneta, fa aumentare il valore reale del signoraggio; ma per livelli crescenti del tasso di inflazione il valore reale del signoraggio aumenterà sempre meno finché inizierà a diminuire, invertendo la tendenza.
Questo livello massimo di signoraggio reale corrisponde ad una soglia massima di tolleranza che il sistema economico è disposto a subire senza avvitarsi in una spirale iperinflazionista: se il governo tenterà di oltrepassare questa soglia l'inflazione andrà fuori controllo. Se il governo ritiene necessario massimizzare il signoraggio reale, mettendo in second'ordine ogni altro obiettivo di politica economica (stabilità dei prezzi, crescita economica, piena occupazione, distribuzione equa del reddito, ecc.), non dovrà oltrepassare quella soglia.
La relazione tra signoraggio reale ed inflazione viene rappresentata graficamente ricorrendo ad una curva di Laffer modificata, dove sull'asse delle ascisse vi è l'inflazione e sull'asse delle ordinate vi è il signoraggio reale (anziché rispettivamente l'aliquota fiscale e le entrate fiscali, come nell'originale curva di Laffer)[54][55][56][57][58][59].
Il modello tradizionale[60][61] per spiegare la dinamica dell'iperinflazione dovuta al signoraggio si deve al contributo pionieristico di Phillip Cagan (1956[62]). L'analisi che segue è tratta principalmente dal testo di Obstfeld e Rogoff e dal testo di David Romer. Poiché siamo interessati ai redditi derivanti dalla creazione di base monetaria, di seguito per "moneta" si intenderà sempre la "base monetaria"[63].
La domanda di moneta in termini reali sia definita nella forma di Keynes (1936[64]) e Hicks (1937[65]):
dove
Come consueto, la domanda di moneta in termini reali è funzione positiva del reddito e negativa del tasso d'interesse nominale. Infatti un aumento nel reddito fa aumentare la domanda di moneta per transazioni; un aumento del tasso d'interesse nominale causa invece un aumento nel costo-opportunità di tenere moneta.
Occorre osservare che sotto l'ipotesi di perfette aspettative razionali[66] nel senso di John Fraser Muth (1961[67]), la relazione tra tasso d'interesse nominale ed inflazione è la nota parità di Irving Fisher[68]:
dove
In un contesto caratterizzato da elevata inflazione, il tasso d'interesse reale può essere considerato a tutti gli effetti costante e trascurabile rispetto al tasso d'inflazione. Anche il reddito può essere trascurato per lo stesso motivo. Pertanto la domanda di moneta in termini reali può essere riscritta come
Supponiamo pertanto che la domanda di moneta sia della forma
dove è la semielasticità della domanda di moneta reale rispetto all'inflazione attesa.
Passando ai logaritmi, assumendo che l'offerta di moneta sia esogenamente determinata dal governo ed imponendo la condizione di equilibrio , l'equazione risultante può essere scritta come segue:
dove le variabili in minuscolo rappresentano i logaritmi delle variabili in maiuscolo. Per risolvere l'equazione basta risolvere ricorsivamente il sistema
da cui si ottiene
Applicando lo stesso metodo ricorsivamente, si ottiene infine
Escludendo l'ipotesi di bolle speculative autogenerantesi, occorre porre
e pertanto l'indice dei prezzi sarà determinato dalla media pesata dei valori attesi delle infinite offerte monetarie del futuro:
Occorre notare che i pesi sono caratterizzati da un fattore di discesa esponenziale e sommano ad uno:
Ciò implica la completa neutralità della moneta (il modello infatti non contiene rigidità nominali o illusione monetaria).
Definiamo il signoraggio in tempo discreto come
Ricordiamo dalla sezione precedente che l'emissione di moneta fa aumentare l'inflazione attesa e ciò abbatte la domanda di moneta da parte del pubblico poiché quando l'inflazione aumenta la moneta "scotta". Riprendiamo pertanto l'equilibrio sul mercato della moneta:
ed ipotizziamo che il tasso di crescita della moneta e tasso d'inflazione siano uguali e costanti:
Il signoraggio reale può pertanto essere riscritto come
che è una curva di Laffer. La funzione è infatti senz'altro concava. Pertanto, al fine di trovarne il massimo, bastano le condizioni del primo ordine:
Moltiplicando per si ottiene:
Pertanto, la soluzione ottimale per il governo è:
cioè il tasso di crescita della moneta deve essere fissato pari al reciproco della semielasticità della domanda, che è esattamente la classica condizione di massimizzazione dei profitti del monopolista con costi marginali di produzione nulli (per una trattazione matematica vedi anche la voce sul monopolio).
Se dunque il reddito da signoraggio può essere efficientemente massimizzato dal governo, perché l'esperienza storica mostra che, al contrario, molti governi tendono a porsi sul lato sbagliato della curva di Laffer, a destra del valore che massimizza il signoraggio ovvero in punti in cui il signoraggio realmente riscosso è minore, Cagan suggerisce che i governi scelgono di abusare del signoraggio quando sono alla disperata ricerca di fondi per coprire vasti deficit di bilancio. In questi casi i governi tendono a fidarsi eccessivamente dei redditi da signoraggio ed attivano così spirali iperinflazionistiche. Un'ulteriore ipotesi che Cagan avanza è che le aspettative sul futuro da parte del settore privato siano imperfette, nella fattispecie di natura adattiva, cioè "backward-looking": in questo caso il governo potrebbe avere benefici di breve periodo da un ricorso al signoraggio maggiore del massimo consigliabile in quanto gli operatori sarebbero sempre in ritardo nell'aggiustare le proprie aspettative. Gli economisti contemporanei non sono soddisfatti da quest'ultima spiegazione perché ritengono che, almeno sul piano dei modelli teorici, l'ipotesi che il governo sia in grado di ingannare sistematicamente il mercato non sia accettabile. Ciò tuttavia non toglie che il governo, spinto da esigenze contingenti, possa ugualmente tentarvi.
Nonostante la generale diffidenza degli economisti, Stanley Fischer ha osservato che «forse la semplice ipotesi di aspettative razionali qui non funziona, perché è difficile credere che gli agenti economici durante le iperinflazioni capiscano i processi dinamici ai quali stiano partecipando senza passare per qualche processo di apprendimento che sarebbe l'equivalente delle aspettative adattive»[69][70].
Ma anche sotto l'ipotesi di perfette aspettative razionali "forward-looking" - ipotesi a cui, innanzitutto per motivi metodologici, gli economisti non sono disposti a rinunciare - il modello di Cagan riesce a spiegare un problema sottile associato all'analisi del signoraggio. Il governo ha infatti l'interesse ad annunciare una politica monetaria coerente con l'analisi svolta sopra, comunicando al mercato la propria intenzione di attenersi ad un'offerta di moneta pari a , ma poi, una volta incassata la fiducia del pubblico, ha piuttosto interesse a tradirlo fissando . Questo fenomeno è noto come "incoerenza intertemporale della politica economica" (per approfondimenti vedi l'analisi dei premi Nobel Finn Kydland e Edward Prescott[71] e la letteratura che ne è originata). Se il pubblico è credulone e continua a credere agli annunci del governo, lo stesso trucco può essere ripetuto con successo indefinitamente, ed in questo caso il governo riuscirà effettivamente ad ottenere benefici dall'abuso di signoraggio, senza subire la punizione del mercato. Ma quest'ipotesi, almeno su un piano modellistico-formale, è inaccettabile. Molto più probabilmente gli operatori, dopo essere stati ingannati dal governo una prima volta, non gli concederanno altra fiducia e ne anticiperanno la tentazione di barare ulteriormente tramite la formazione di aspettative pessimiste sul futuro. Pertanto il governo, se si troverà nella necessità di massimizzare i redditi da signoraggio, prima dovrà necessariamente riconquistarsi una credibilità presso il pubblico. Per ottenere questo risultato, il governo potrebbe decidere di "legarsi le mani" legislativamente, ma questa scelta è spesso considerata troppo rigida. L'alternativa è allora quella di riguadagnarsi una buona reputazione presso il mercato con scelte di politica economica continuativamente coerenti e credibili: ciò tuttavia richiede molto tempo ed occorre considerare che, se è lungo e difficile il percorso di riconquista della reputazione, una sola scelta incoerente o non credibile può farla perdere nuovamente. Esistono quindi dei costi di cui il governo deve tenere conto, se vuole servirsi utilmente dello strumento del signoraggio, e senza causare danni economici. Per approfondimenti circa gli "equilibri di reputazione" si veda il modello di Robert J. Barro e David B. Gordon[72] e la letteratura che ne è originata.
Tahir Andrabi ha studiato la correlazione tra il ricorso al signoraggio ed il tasso di crescita economica di lungo periodo per 74 paesi nel periodo compreso tra il 1971 ed il 1988, rilevando una correlazione significativamente negativa.[73]
Quando un paese adotta una moneta estera come valuta con corso legale, rinuncia al diritto di signoraggio. La dollarizzazione, ovvero la sostituzione della moneta locale con il dollaro statunitense (o con la moneta di un altro stato estero), comporta due tipi di perdite relative al signoraggio: da un lato a mano a mano che si ritira dalla circolazione la moneta nazionale cambiandola con la divisa straniera, le autorità monetarie devono ricomprare la massa di moneta di proprietà del pubblico e delle banche, restituendo i diritti di signoraggio che si erano accumulati con il tempo. Inoltre le autorità monetarie perdono i guadagni relativi al signoraggio nel futuro.
Nel contempo, lo stato di cui si è adottata la moneta (gli Stati Uniti nel caso della dollarizzazione) aumenta le proprie entrate relative al signoraggio ed è sorto un dibattito in merito all'opportunità che parte di tali guadagni sia retrocessa alle nazioni che hanno adottato la valuta. A questo riguardo, esiste un precedente negli accordi sottoscritti tra il Sudafrica e altri tre stati africani che utilizzano il rand come valuta avente corso legale (Lesotho, Namibia e Swaziland). Gli Stati Uniti, invece, non hanno sottoscritto fino a oggi alcun accordo simile con Panama o con altri paesi in cui il dollaro ha corso legale. Ciononostante, al Senato degli Stati Uniti sono state presentate proposte legislative relative al rimborso dei diritti di signoraggio.
Secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali e i bilanci delle Banche Centrali Nazionali, nel periodo dal 1980 al 1995 il rapporto fra la base monetaria emessa e il PIL nominale nei Paesi del G10 è rimasto praticamente invariato e non si è ridotto in termini assoluti, mentre sei Stati (Belgio, Francia, Italia, Regno Unito, Svezia e Svizzera) hanno sperimentato un graduale declino delle banconote metalliche e delle monete in circolazione rispetto al PIL[74], segno di un incremento dell'utilizzo di moneta elettronica dematerializzata.[senza fonte]
Negli anni '90, si è verificato un processo di dollarizzazione dell'economia, per il quale la quantità di moneta statunitense detenuta all'estero è aumentata ad una velocità tripla rispetto alla crescita della quantità nel mercato interno, mentre la massa monetaria denominata in dollari e detenuta all'estero ha raggiunto una quota variabile fra il 55 e il 70% del totale, principalmente concentrata nell'Unione Sovietica e in America Latina. Nello stesso periodo, la quota di banconote e monete metalliche tedesche detenute all'estero era stimata intorno al 30-40% del totale.[74]
Il signoraggio è oggetto dell'elaborazione di varie teorie del complotto; secondo queste tesi, il signoraggio sarebbe riscosso dalle banche centrali e non dal governo, mentre l'emissione di moneta da parte delle banche centrali sarebbe svolta per favorire "banchieri" e presunti "poteri occulti", che opererebbero contro gli interessi dei cittadini.
Esse sosterrebbero che dovrebbero essere i governi gli unici soggetti legittimati ad emetter moneta così da stamparne in quantità tale da abbattere il debito pubblico, evitando eccessive spinte inflazionistiche.[75] Tali tesi tuttavia - spesso diffuse e sostenute da persone senza formazione economica[76] - non trovano credito e conferma in nessun manuale divulgativo o trattato specialistico di economia, per tale motivo sono state oggetto di debunking da parte di economisti ed esperti al fine di mostrarne la fallacia logica e l'incoerenza scientifica. Al riguardo esistono sulla rete internet diversi siti web nei quali vengono riportate spiegazioni circa il concetto di signoraggio e smentire dette teorie, affermando che si tratta di bufale.[77]
Il ricorso al signoraggio da parte dei governi, per finanziare quote del deficit pubblico, come si è visto, è un fenomeno noto e oggetto di studio da parte della teoria economica. Si è visto anche che non tutti i governi ricorrono al signoraggio nella stessa misura: i paesi politicamente più stabili tendono a ricorrervi il meno possibile; i paesi più instabili sono invece tentati di ricorrervi oltre ogni limite di ragionevolezza.
Di seguito si riporta un elenco che mostra queste differenze nel periodo 1975-1985, periodo considerato generalmente di elevata inflazione:
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Reid W. Click ha raccolto stime per un più ampio numero di paesi e corrispondenti ad un più ampio intervallo temporale, il periodo tra il 1971 e il 1990[79]. Se ne riporta la tabella di seguito:
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Con la sentenza 21 luglio 2006, n. 16751, le Sezioni unite della Cassazione hanno dichiarato che il signoraggio è una funzione dello Stato il cui carattere sovrano e extragiurisdizionale esclude la possibilità che un giudice possa ingiungere allo Stato o all'ente di emissione di redistribuire ai singoli cittadini i proventi da signoraggio.[80]
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