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abbreviazione di "Senato e popolo di Roma" Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
SPQR (acronimo dal latino Senatvs PopvlvsQve Romanvs - il Senato e il Popolo Romano) è insieme una sigla e un simbolo che racchiude in sé le figure che rappresentano il potere dello Stato romano dopo la fine dell'età regia: il Senato e il popolo, cioè le due classi dei patrizi e dei plebei che erano a fondamento dello Stato romano. Un'interpretazione alternativa dell'acronimo, fornita dal dizionario IL - Vocabolario della lingua latina di Castiglioni e Mariotti, è "Senatus Populusque Quiritium Romanus", cioè: "il Senato e il Popolo Romano dei Quiriti"; il quirite era infatti il cittadino dell'antica Roma che godeva dei pieni diritti civili, politici e anche militari.
Bernardino Corio, storico umanista, fornisce un'attenta spiegazione del significato della sigla e del blasone che è tutt'oggi lo stemma della città di Roma. Nel suo Le Vite degl'Imperatori Incominciando da Giulio Cesare fino à Federico Barbarossa... racconta che «questa signoria dei Consoli portò col vessillo dell'aquila S.P.Q.R. le quali lettere così dicono: Senatus Populusque Romanus cioè il Senato et Popolo Romano; et queste lettere erano d'oro in campo rosso. L'oro è giallo et appropriato al Sole che dà lume, prudentia et signoria a ciascuno che col suo valore cerca aggrandire. Il rosso è dato da Marte il quale essendo il dio della battaglia, a chi francamente lo segue porge vittoria et maggioranza».
La P è unanimemente considerata la lettera iniziale per Populus, mentre è sempre stato necessario approfondirne il significato in aggiunta a Senatus[1]; Ad una contrapposizione in cui Senatus assume il significato di Patres, e quindi di Patrizi, e Populus come sinonimo di Plebs se ne contrappone una in cui Senatus indica le magistrature statuali, mentre populus comprende sia i patrizi che i plebei.
Gellio così dice:
«plebs autem a populo eo distat, quod populi appellatione universi cives significantur, connumeratis etiam patriciis; plebis autem appellatione sine patriciis ceteri cives significantur»
«La plebe in questo si differenzia dal popolo perché popolo indica tutti i cittadini, compresi i patrizi. Il termine plebe indica i rimanenti cittadini senza i patrizi»
In realtà diverse versioni sono suggerite circa il corretto significato della sigla, in base alla presunta declinazione della "R", che può essere Romanus (Senatus o Populus), Romani (Senatus e Populus), Romae (di Roma) o Romanorum (dei Romani)
Inoltre la "Q" potrebbe essere stata verosimilmente nei tempi più antichi non l'abbreviazione della congiunzione "que", ma quella del termine Quiritium, cioè Quiriti, come i Romani chiamavano sé stessi nell'accezione di cittadini godenti dei pieni diritti: quindi la sigla andrebbe letta come Senatus Populusque Quiritium Romanorum, in italiano "Il Senato e il Popolo dei Quiriti Romani".
Un'ipotesi minoritaria, senza riscontri oggettivi e archeologici è riportata dall'abate Giuseppe Antonio Guattani nel 1827[2], che invece, ne fa autori i Sabini, che avrebbero così inteso sottolineare la loro potenza: la sigla starebbe per Sabinis Populis Quis Resistet, in italiano "Chi potrà resistere alle genti sabine?". Vinti i Sabini, i Romani avrebbero poi risposto mettendo in fila le stesse iniziali per affermare solennemente la propria autorità.[senza fonte]
La sigla S.P.Q.R. venne costantemente usata anche dopo quella data che noi moderni abbiamo convenzionalmente assunto, il 476, a indicare la fine del governo di Roma. Per tutto l'alto medioevo, sebbene in declino, Roma continuò a essere la città più popolosa dell'Occidente, e a funzionare, almeno formalmente da capitale del rinnovato impero romano medievale fondato da Carlo Magno. Non meraviglia dunque che nel verso del sigillo di Federico Barbarossa si trovi ancora la scritta: "Roma caput mundi regit orbis frena rotundi" cioè Roma capitale del mondo regge le redini dell'orbe rotondo. Detto questo non deve nemmeno stupire che nel basso Medioevo, quando Roma si era organizzata in libero Comune di Popolo, si continuasse ad usare la sigla S.P.Q.R., sebbene in un modo che a posteriori definiremmo "filologicamente non corretto". Riprendendo la leggenda degli ancili, il Comune, che teneva a presentarsi come il legittimo successore del potere della Roma antica, propagandava l'interpretazione per cui lo scudo rosso con la sigla S.P.Q.R. dorata, suo simbolo, significasse già dai tempi antichi "Sanato. Popolo. Qumune. Romano."[3]. Con l'aggiunta della croce, ancora oggi compresa nello stemma del Comune di Roma, l'acronimo proveniente dal mondo pagano venne cristianizzato, e divenne comune il suo scioglimento in: "Crux, Salva Populum Quem Redimisti", cioè "O croce, salva il popolo che hai redento!"[4].
Più tardi, l'abitudine di usare tale acronimo per tutto quello che aveva a che fare con un certo richiamo alla "romanità" ha fatto sì che esso venisse usato anche in periodi posteriori su opere pubbliche (spesso celebrative) o d'arte (spesso propagandistiche). Durante il fascismo non era raro trovarlo su manifesti, soprattutto dopo la Guerra d'Etiopia, o addobbi per manifestazioni di massa e monumenti che volevano evidenziare un collegamento culturale ed ereditario tra lo stato italiano e quello romano.
Nel corso del tempo, l'acronimo è divenuto una sorta di "marchio" utilizzato su ogni arredo urbano del comune di Roma (anche in assenza o sostituzione dello stemma araldico) come fontane, tombini, cartelloni pubblicitari, cassonetti della spazzatura, targhe commemorative e documenti anagrafici. Allo stesso modo, è divenuto un simbolo popolare di appartenenza cittadina e utilizzato, ad esempio, nei tatuaggi.
Dall'aprile del 2017 viene spesso utilizzato sulle maglie di calcio dell'Associazione Sportiva Roma qualora mancasse il main sponsor.
La sigla "SPQ (iniziale della città)" veniva in genere concessa dal regnante in segno di autonomia comunale raggiunta:
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