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rivoluzionario, criminale e poeta italiano (1938-2021) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Sante Notarnicola (Castellaneta, 15 dicembre 1938[1] – Bologna, 22 marzo 2021) è stato un rivoluzionario, criminale e poeta italiano.
Trascorse l'infanzia in un istituto.[1] A 13 anni emigrò a Torino dove viveva la madre. Iscritto alla FGCI poi al PCI,[1][2] si allontanò presto dalla sinistra istituzionale per legarsi a gruppi rivoluzionari e anarchici. Nel 1963 incontrò Pietro Cavallero, con cui formò una banda di rapinatori, che mise a segno una serie di 18 rapine.[3] Nel gennaio 1966, si sposa con una ventinovenne sua compaesana e si trasferisce a Genova, dove inizia a svolgere il mestiere di rappresentante.[4] Il 16 gennaio 1967, nel corso di una rapina a Cirié, la banda uccise il medico Giuseppe Gajottino.
L'ultima rapina avvenne il 25 settembre 1967, quando essi presero d'assalto il Banco di Napoli in largo Zandonai a Milano.[5][6] La polizia riuscì ad intervenire nel corso della rapina e, nel tentativo di catturare i rapinatori, fu messo in atto un lungo inseguimento per le vie della città, con sparatoria in mezzo alla folla. Il risultato fu di 4 morti e l'arresto di uno dei componenti della banda, mentre gli altri due riuscirono a fuggire. Dopo otto giorni di latitanza tra le campagne della Pianura Padana, Notarnicola e Pietro Cavallero vennero arrestati il 3 ottobre vicino a Valenza.
Il processo presso la Corte di Assise di Milano iniziò il 3 giugno 1968 e durò 21 udienze; la sentenza dell'8 luglio irrogò l'ergastolo a Notarnicola, come pure a Cavallero e Rovoletto.[7]
La carcerazione non spense il suo spirito rivoltoso. Insieme agli altri detenuti si batté contro le dure condizioni nelle quali i detenuti erano costretti a vivere,[1] riuscendo, con queste prime rivolte, a conquistare una serie di diritti fino ad allora negati, come disporre di carta e matita per scrivere o avere più di un libro in cella. Fu attivo sulle condizioni detentive, sui decreti legge sulle carceri, nella lotta sul decreto di amnistia per i detenuti politici incarcerati durante "l'autunno caldo" o le condizioni detentive di massima sicurezza e l'introduzione delle carceri speciali e del regime carcerario detto del 41bis (dall'articolo 41-bis che lo aveva introdotto nell'ordinamento penitenziario italiano). Partecipò alla stagione delle rivolte in carcere, che segnarono la storia carceraria italiana e di coloro che vi furono imbrigliati per tutto il periodo antecedente e successivo alla legge Gozzini. Nel novembre 1976, con altri quattro detenuti, tentò di evadere dal carcere di Favignana attraverso un tunnel sotterraneo che venne però scoperto dagli agenti.[8]
Nell'aprile 1978 fu il primo nella lista dei 13 nomi indicati dalle Brigate Rosse come detenuti da liberare in cambio del rilascio di Aldo Moro,[1] scambio che poi non ebbe un seguito.
In carcere studiò, lesse e scrisse: Feltrinelli pubblicò il suo primo libro nel 1972, L'evasione impossibile, e fu autore di diversi scritti poetici. Nel 1979 inviò a Primo Levi alcune sue poesie. Levi rispose affermando che le sue poesie erano quasi tutte belle, « alcune bellissime, altre strazianti » e « miracolosa per concisione e intensità » la poesia Posto di guardia:[9]
«Il guardiano più giovane
ha preso posto
davanti alla mia cella.
"Dietro quel muro" – mi ha
indicato – "il mare è azzurrissimo".
Per farmi morire un poco
il guardiano più giovane
mi ha detto questo»
Alla sua prima raccolta di versi, Con quest'anima inquieta (Torino, Senza galere, 1979), seguirà La nostalgia e la memoria (Milano, G. Maj, 1986).
Dal 1995, in regime di semilibertà, gestì il pub Mutenye a Bologna.[1][10][11] Il 21 gennaio 2000 ottenne infine la libertà.[12]
Colpito dal COVID-19, riuscì a guarire, ma morì poco tempo dopo, nel marzo 2021, all'età di 82 anni, per le complicazioni di un'influenza.[1]
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