San Zeno che ride
statua del XIII posta all'interno della basilica di san Zeno a Verona Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
statua del XIII posta all'interno della basilica di san Zeno a Verona Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
San Zeno che ride è il nome con cui viene comunemente chiamata una statua attualmente posta nell'abside minore di sinistra della basilica di San Zeno a Verona. Non se ne conosce l'autore e nemmeno la data di realizzazione, tuttavia parte degli storici dell'arte tende a collocarla intorno al XIII secolo. È principalmente realizzata in marmo rosso di Verona.
San Zeno che ride | |
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La statua di San Zeno che ride | |
Autore | Sconosciuto |
Data | XIII secolo |
Materiale | Principalmente in marmo rosso di Verona |
Ubicazione | Basilica di San Zeno, Verona |
Coordinate | 45°26′33″N 10°58′45″E |
Nell'absidiola che chiude la navata minore di sinistra della basilica di San Zeno è collocata una statua che comunemente viene chiamata San Zen che ride. Si tratta di una scultura di grandi dimensioni in marmo rosso di Verona, dipinta e con parti aggiunte in marmo greco, che rappresenta il patrono di Verona, san Zeno, assiso in su una sedia dotata di braccioli con portanti teste di leoni e con la mano destra alzata nell'atto di benedire. Le linee prospettiche del manufatto e il suo rovescio non lavorato indicano come essa fosse stata pensata per essere collocata in posizione elevata e innestata nel muro,[1] forse sopra la chiave di volta dell'arco trionfale affrescato di accesso all'abside.[2]
Non c'è unanimità tra gli studiosi circa la collocazione temporale della statua. Secondo alcuni, tra cui Adolfo Venturi, le sue rozze forme e le tozze proporzioni fanno supporre che essa possa risalire agli inizi del XIII secolo, mentre Alessandro da Lisca, osservando come la scultura di quel tempo a Verona fosse in ritardo, suggerisce che possa essere posteriore e più precisamente nella seconda metà dello stesso secolo. Nemmeno l'autore è conosciuto, tuttavia il Venturi lo riconosce nel lapicida che realizzò la statua del Virgilio ora conservata presso il Palazzo del Podestà a Mantova, mentre il da Lisca propende per un maestro locale.[3]
Nonostante non sia particolarmente pregevole dal punto di vista artistico, l'aspetto più originale è il sorriso bonario che l'autore ha impresso su San Zeno che lo differenzia dai classici oggetti cristiani solitamente raffigurati con espressione seria o con lo sguardo beato verso il cielo. Sul motivo della scelta fatta dallo scultore si possono fare solamente delle congetture, alcuni hanno proposto una relazione con i volti delle statue delle arche scaligere, altri hanno visto la volontà di rappresentare il risus paschalis, una ritualità frequente soprattutto nel mondo germanico.[4]
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