Nacque a Seui, provincia di Nuoro, il 15 marzo 1894, figlio di Serafino e Angelica Cannas.[2]
Arruolato nel Regio Esercito venne nominato sottotenente di complemento dell'arma di fanteria nell'aprile 1915, e dal 24 maggio successivo prese parte alla prima guerra mondiale col 151º Reggimento fanteria e poi col 152º Reggimento fanteria della Brigata Sassari.[1] Nell'agosto 1916 fu trasferito nel servizio permanente effettivo, poi nel 1917 era promosso tenente e nel marzo 1918 capitano. Nel corso della Grande Guerra fu insignito di una medaglia d'argento, due di bronzo al valor militare, e di una croce di guerra al valor militare.[1] Nel marzo 1936 veniva destinato in servizio presso il Comando della 3ª Divisione CC.NN. "21 aprile" e imbarcatosi a Napoli sbarcava a Massaua il 5 aprile. Promosso maggiore assunse il comando del XXXIII Battaglione coloniale col quale partecipava ai cicli operativi di polizia coloniale nel Lasta e della zona di Navasaghè.[1] Decorato con una seconda medaglia d'argento, altre due medaglie di bronzo e una seconda croce di guerra al valor militare, cadde in combattimento a Amba Ghiorghis-incasc il 30 marzo 1940.[1] Fu promosso tenente colonnello con anzianità 1º gennaio 1940, ed insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
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Intrepido comandante di battaglione coloniale, trascinatore e suscitatore di ogni entusiasmo, inviato in rinforzo a truppe impegnate contro preponderanti forze ribelli, conteneva durante la notte l’azione dell’avversario, immobilizzandolo. Il mattino successivo, a capo dei reparti avanzati si slanciavci arditamente all’attacco sgominando il nemico ed assicurando il possesso della posizione raggiunta. Nell’ultima fase del combattimento, mentre con l’esempio del suo indomito valore incitava gli uomini alla lotta e alla vittoria, colpito a morte immolava sul campo la sua esistenza tutta intessuta di eroismo e di dedizione al dovere e alla Patria. Le sue ultime parole furono: « Non curatevi di me... Avanti Ascari... Viva l’Italia! ». Amba Ghiorghis-incasc, 29 -30 marzo 1940.
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Regio Decreto 5 dicembre 1940.
«Comandante di compagnia, sotto un violento bombardamento, sprezzante del pericolo, guidò con perizia e coraggio non comuni i suoi soldati alla conquista di una posizione tenacemente difesa dall'avversario, respingendo brillantemente i suoi violenti contrattacchi, infliggendo gravi perdite e catturando prigionieri. Altipiano della Bainsizza, 15-18 settembre 1917.»
«Comandante di battaglione in avanguardia a colonna operante in difficili condizioni di terreno, contro munite posizioni nemiche, effettuava il passaggio a viva forza di un torrente, riuscendo rapidamente a costituire la testa di ponte. In altri due combattimenti, sempre alla testa del suo battaglione e costante esempio di serena calma e sprezzo del pericolo, attaccava e disperdeva rilevanti forze nemiche che tentavano ostacolare l'avanzata della colonna. Lasta, 21-23 settembre; 7 ottobre 1937.»
«Ferito gravemente alla spalla mentre guidava il proprio reparto ad occupare una posizione intensamente battuta da fucileria nemica, rimaneva sul posto impartendo ordini e dando consigli ai suoi uomini, fino a quando un altro ufficiale non veniva a sostituirlo. Si era già distinto per slancio e ardimento in pericolosi servizi di pattuglia. Bosco Cappuccio (Carso), 5 agosto 1915.»
«Dotato di alto spirito militare, diede prova in numerosi combattimenti di spiccate qualità combattive. Assunto il comando della compagnia durante una azione particolarmente difficile, col suo contegno sereno ed energico e col suo ardimento seppe infondere nei dipendenti calma e coraggio, resistendo al nemico incalzante con forze soverchianti. Croce (Piave), 16 giugno 1918.»
«Comandante di una scorta mobile di due battaglioni, incaricata di dare protezione ad una autocolonna di ritorno, scontratosi con rilevanti forze ribelli, appostate in terreno insidioso per attaccare l'autocolonna, le sbaragliava, costringendo alla fuga i pochi superstiti. Bosco di Pasit (Danghila), 5 marzo 1938.»
«Valoroso comandante di battaglione coloniale, dimostrava in ogni circostanza fermezza d'animo e valore personale. Affidatogli il compito di occupare una posizione tenuta dagli avversari, sotto intenso fuoco nemico, sprezzante del pericolo, alla testa del suo battaglione raggiungeva con irresistibile impeto le masse avversarie che vi erano fortificate travolgendo ed infliggendo loro numerose perdite. Monte Ivriè (Berghemeder), 15 gennaio 1939.»
— Decreto luogotenenziale 13 giugno 1918.
«Comandante di battaglione, partecipava a lunghe e difficili operazioni per la conquista e la pacificazione dell'Impero, dimostrando elevate qualità di comandante e di combattente. Nelle operazioni di Navaseghè, riusciva con abile azione di avanguardia a sgretolare la resistenza di nuclei avversari che, annidati in terreno favorevole, ostacolavano la marcia della colonna. Confermava sempre le sue doti di trascinatore, animatore e di sereno coraggio. Esempio di virtù militare. Zona di Nevaghesè, ottobre, novembre, dicembre 1937.»
- Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale - II. La conquista dell'Impero, Milano, A. Mondadori, 2009, ISBN 978-88-04-46947-6.
- Gruppo Medaglie d'Oro al Valor Militare, Le medaglie d'oro al valor militare Volume primo (1929-1941), Roma, Tipografia regionale, 1965, p. 382.
- Loy, Rinaldo, su Combattenti liberazione. URL consultato l'11 gennaio 2022.