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una categoria speciale di letteratura rabbinica, differendo in forma, ma non necessariamente nei contenuti, dai commentari rabbinici dedicati all’esegesi della Bibbia ebraica, della Mishnah, del Talmud e della Halakha Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La storia dei responsa nell'ebraismo copre un periodo di 1700 anni. I responsa rabbinici[1] costituiscono una categoria speciale di letteratura rabbinica, differendo in forma, ma non necessariamente nei contenuti, dai commentari rabbinici dedicati all'esegesi della Bibbia ebraica, della Mishnah, del Talmud e della Halakha (i codici della legge religiosa ebraica).[2][3] I codici stessi contengono le regole dei quotidiani incidenti della vita. La letteratura dei responsa copre tutte quelle occasioni/materie dove una normativa risulta necessaria per attenersi alle mitzvot di condotta ebraica.[3] Il modo, lo stile e la materia stessa sono cambiate in funzione dei viaggi diasporici del popolo ebraico e dello sviluppo di altra letteratura halakhica, in particolare dei codici.
I responsa dei primi cinque secoli non sono contenuti in opere specifiche: sono infatti sparsi nelle scritture di entrambi i Talmud (il Talmud babilonese, o Bavli, e il Talmud gerosolimitano, o Yerushalmi). Opere dedicate specialmente ai responsa appaiono per la prima volta nel periodo post-talmudico. Molti responsa sono andati perduti, ma quelli esistenti ammontano a centinaia di migliaia, in circa mille raccolte conosciute.[3]
Non si conoscono responsa in esistenza prima della Mishnah (200 e.v.): è in dubbio se ne siano stati scritti prima di questo periodo. Una tradizione sostiene che nessuna halakhah (legge) dovrebbe essere scritta (cfr. Torah orale). Anche quando la riluttanza a mettere per iscritto le sentenze halakhiche divenne obsoleta, le lettere di carattere giuridico potevano essere scritte solo nei casi in cui le leggi potevano parimenti essere ridotte a scrittura. Mentre prevaleva la regola che nessuna legge doveva essere scritta, nessuna comunicazione di contenuto legale veniva fatta per mezzo di lettere. Le questioni erano solitamente comunicate oralmente, o proposte all'accademia da un insegnante, che trasmetteva la risposta e la decisione di bocca in bocca, oralmente. La rarità delle lettere su problemi legali nell'era tannaitica (periodo coperto dalla Mishnah), può essere visto da un passaggio della Tosefta (Terumot II. 13 ), in cui si afferma che Rabbi Gamaliele segretamente inviò un messaggero con la risposta ad una questione, perché, desiderando mantenere la sua decisione segreta, probabilmente avrebbe inviato appunto una lettera, se tali risposte in questa forma fossero state la consuetudine in quel tempo.[3]
Nel periodo tannaitico (100 p.e.v. al 200 e.v.) le dichiarazioni, le pubblicazioni, i contributi relativi al calendario e le notifiche, erano gli unici documenti regolarmente messi per iscritto. D'altra parte, non si può positivamente affermare che nessuna sentenza giuridica o risoluzione esegetica fosse data per iscritto prima del completamento della Mishnah: alcune eccezioni furono sicuramente fatte.[3]
Subito dopo il completamento della Mishnah, quando il divieto o la riluttanza nel mettere per iscritto le halakhot erano in gran parte scomparsi, la letteratura dei responsa cominciò ad apparire, con tracce conservate anche nel Talmud. Spesso le questioni venivano risolte da una sola lettera, come fu successivamente il caso con i Geonim, che si scambiarono una serie di responsa. Le risposte furono firmate da allievi e colleghi: in tal modo, a rigore, i responsa vennero in realtà emessi da un consiglio.[3]
Con l'inizio del terzo secolo dell'era volgare, i responsa cominciano ad apparire frequentemente nelle lettere da Babilonia a Israele. Per la fine del terzo secolo la corrispondenza tra Israele e Babilonia era diventata più attiva e i responsa da uno all'altro erano diventati molto più numerosi. Queste sentenze da parte dei rabbini in Israele sembrano essere stati considerati come autorevoli e da obbedire: per esempio, una minaccia fu fatta a Rabbi Judah ben Ezekiel, capo dell'Accademia di Pumbedita, in merito ad una lettera che gli sarebbe stata portata dall'"Occidente" (cioè, da Israele) per annullare una sua decisione (Talmud, Trattato Bava Batra 41b (HE) ). In un'altra occasione, un altro insegnante protestò in simile maniera contro una decisione di Rabbi Judah e lo ammonì che egli stesso avrebbe prodotto una lettera ricevuta dall'Occidente, che lo contestava (Talmud, Shevu'ot 48b ); la stessa esperienza accadde al rabbino Mar Ukva (Talmud, Sanhedrin 29a ).[3]
Durante il periodo gaonico (650-1250 e.v.), le scuole di Babilonia erano i principali centri di cultura ebraica; i Geonim, capi spirituali di queste scuole, erano riconosciuti come le più alte autorità in materia di Legge ebraica. Nonostante le difficoltà che ostacolavano le comunicazioni irregolari del periodo, anche gli ebrei che vivevano nei paesi più lontani inviavano le loro domande riguardanti la religione e la legge a questi funzionari in Babilonia. Negli ultimi secoli del periodo gaonico, dalla metà del X secolo alla metà dell'XI secolo, la loro supremazia decadde, poiché lo studio del Talmud fu approfondito in altre terre. Gli abitanti di queste regioni a poco a poco cominciarono a presentare le loro domande ai responsabili delle scuole dei rispettivi paesi. Alla fine praticamente cessarono di inviare le loro questioni ai Geonim babilonesi, cosicché durante questo periodo i responsa di eminenti rabbini di altre nazioni apparvero fianco a fianco con sentenze gaoniche.[3]
Nei giorni dei primi Geonim, la maggior parte delle domande poste loro venivano inviate solo da Babilonia e dalle terre vicine, dove gli abitanti avevano più o meno familiarità con il Talmud e potevano visitare le accademie nei mesi di Kallah[4] per ascoltare le spiegazioni talmudiche di studiosi importanti. Le domande, che erano presentate per iscritto, erano quindi limitate ad uno o più casi specifici, mentre il relativo responsum dava in forma breve la necessaria decisione e la rispettiva ragione, insieme alla citazione di un caso talmudico analogo[5] e una confutazione di possibili obiezioni.[6].[3]
Più discorsivi erano i responsa dei Geonim successivi, dopo la prima metà del IX secolo, quando le domande cominciarono ad essere inviate da regioni più lontane, dove gli abitanti avevano meno familiarità con il Talmud anche se lo possedevano, ed erano meno in grado di visitare le accademie babilonesi, uniche sedi di apprendimento talmudico. Difficoltà talmudiche erano spesso oggetto di queste richieste.[3]
I Geonim successivi non si limitarono alla Mishnah e Talmud, ma usarono le decisioni ed i responsa dei loro predecessori, i cui detti e tradizioni erano generalmente considerati autorevoli. Questi responsa dei Geonim posteriori erano spesso saggi su temi talmudici e dal momento che una sola lettera spesso rispondeva a molte domande, spesso diventava lunga come un libro. Le lettere dei Geonim che, per la maggior parte, contenevano risposte a molti problemi, assunsero una forma definita e ufficiale. Iniziavano con la dichiarazione che le domande erano state correttamente ricevute, lette e considerate, e che le corrispondenti risposte erano state date in presenza del Gaon e con la sua approvazione.[3]
Con il declino del gaonato nella prima metà dell'XI secolo, gli ebrei di diversi paesi persero le autorità spirituali centrali che avevano fino ad allora dato loro decisioni in difficili problemi. Da allora l'appello in questioni religiose e legali doveva essere presentato alle autorità rabbiniche (posek) del proprio paese o di un paese vicino, cosicché le richieste inviate in questo periodo a Babilonia furono rare ed eccezionali.[3]
In questo periodo scomparve la differenza tra le forme di responsa spagnoli e franco-tedeschi. Da un lato, lo spirito scientifico della scuola spagnola era parzialmente entrato nelle accademie della Francia meridionale e, dall'altro, il dialettismo dei rabbini francesi aumentò costantemente la sua influenza in Spagna.[3]
I principali rappresentanti del XIV secolo furono Asher ben Jehiel (detto il RoSH) e Isaac ben Sheshet Barfat.[3]
Questa sezione riguarda i responsa scritti durante i secoli XV-XVIII e comprende i responsa di rabbini italiani, turchi, tedeschi e polacchi. Questo periodo è il più ricco nella letteratura dei responsa. Sarebbe quindi impossibile enumerare tutte le collezioni, che sono di vasto numero: questa sezione presenta quindi solo una rassegna dei principali rappresentanti di ogni secolo e di ogni rispettivo paese.
Queste sentenze sono differenti da quelle dei precedenti periodi per quanto riguarda la natura dei problemi esposti, il metodo di trattamento e l'organizzazione delle materie.[3]
I principali rappresentanti polacchi del XVI secolo furono Moshe Isserles, Solomon Luria e Meir Lublin; i responsa di questi studiosi gettano un raggio di luce sulla condizione degli ebrei del periodo, che evidentemente ebbero alto rango in Polonia ed erano familiari anche nelle arti militari, in quanto offrivano di sovente i loro servizi al duca o al principe allo scoppio di una guerra (cfr. responsum nr. 43 di Meir Lublin).[3]
Nel XVII secolo rabbini di varie nazioni preparavano responsa, ma gli studiosi polacchi erano la stragrande maggioranza impegnata in questa attività esegetica.[3]
Sebbene nel XVIII secolo vari rabbini preparassero responsa in molte nazioni, i più importanti erano anche in questo secolo i responsa degli studiosi polacchi.[3]
In questo periodo, molti responsa hanno a che fare con problemi tratti dall'esperienza moderna. I responsa furono ispirati dalla crescita economica, resi necessari dai movimenti sociali e progressi nella tecnologia, che portavano cambiamenti radicali nella vita e condizioni di vita degli ebrei in diversi paesi, così come all'interno di correnti ebraiche, ad esempio quelle dell'Ebraismo riformato e del sionismo.[3]
I movimenti di riforma dell'Ebraismo provocarono molti responsa in risposta alle questioni relative alla collocazione del bimah (piattaforma della sinagoga), degli accompagnamenti con l'organo, della copertura della testa in sinagoga, della separazione tra uomini e donne in sinagoga (nell'Ebraismo conservatore) e delle preghiere in vernacolo.[3]
Gli insediamenti ebraici in Palestina diedero occasione alla preparazione di molti responsa su questioni di connesse all'agricoltura e orticoltura in Terra santa, tra cui i problemi della cessazione dal lavoro nei campi durante l'Anno sabbatico (shmita) e l'uso degli etrog di Israele.[3]
I seguenti sono alcuni esempi rappresentativi:
In aggiunta alle raccolte di responsa già citate, importanti esempi di letteratura responsale del XIX secolo includono: la raccolta "Ḥesed le-Abraham" di Abraham Te'omim (Leopoli, 1898),[40] il "Ketab Sofer" di Abraham Samuel Benjamin Sofer (Bratislava, 1873-84)[41], e il "Be'er Yiẓḥaḳ" di Isaac Elhanan Spektor (Königsberg, s.d.).[3][42]
Nell'Ebraismo ortodosso contemporaneo, i responsa rimangono un canale primario tramite cui le decisioni halakhiche vengono promulgate e comunicate. Significative raccolte di responsa del XX secolo includono quelle di Moshe Feinstein, Ovadia Yosef, Eliezer Waldenberg e Yechiel Yaakov Weinberg.
Responsa contemporanei trattano sia di questioni tradizionali sia di fenomeni associati agli sviluppi moderni sociali, religiosi, medici e tecnologici. Per esempio, l'astronauta israeliano Ilan Ramon notò che, mentre orbitava la Terra, lo Space Shuttle eseguiva un ciclo giorno/notte approssimativamente ogni novanta minuti. Quindi Ramon chiese se dovesse osservare lo Shabbat secondo il tempo orario terrestre, o segnarlo una volta ogni sette cicli giorno/notte (dieci ore e mezza). Inoltre, se secondo il tempo terrestre, allora su quale luogo della Terra doveva basarsi? I rabbini decisero che doveva celebrare lo Shabbat secondo i tempi terrestri, basati sul luogo di partenza – Cape Canaveral.[43]
L'Ebraismo conservatore sostiene che l'Ortodossia ha deviato dal giudaismo storico attraverso un'eccessiva preoccupazione per le recenti codificazioni della legge ebraica. I rabbini conservatori si adoperano in maniera costante di usare le fonti storiche per determinare che tipo di cambiamenti si siano verificati, come e perché si siano verificati e in quale contesto storico. Con queste informazioni credono di poter capire il miglior modo per interpretare e applicare la legge ebraica alle condizioni odierne. Tuttavia, come per l'Ortodossia, non vi è uno specifico organismo giuridico che parli a nome di tutti gli ebrei conservatori nell'ambito della loro comunità religiosa. Definito in senso stretto come "movimento conservatore", l'Ebraismo conservatore ha due comitati giuridici: negli USA esiste il Comitato per la Legge & Standard Ebraici dell'Assemblea Rabbinica e, nello Stato di Israele c'è il Vaad Halakhah del Movimento Masorti.[44]
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