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comune svizzero soppresso Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Rancate (in dialetto ticinese Rencà[senza fonte]) è un ex comune ticinese che dal 2009 è diventato quartiere costitutivo della Città di Mendrisio[1].
Rancate quartiere | |
---|---|
Piazza Santo Stefano | |
Localizzazione | |
Stato | Svizzera |
Cantone | Ticino |
Distretto | Mendrisio |
Comune | Mendrisio |
Territorio | |
Coordinate | 45°52′17″N 8°58′07″E |
Altitudine | 359 m s.l.m. |
Superficie | 2,28 km² |
Abitanti | 1 606 (2016) |
Densità | 704,39 ab./km² |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 6862 |
Prefisso | 091 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice OFS | 5262 |
Targa | TI |
Nome abitanti | rancatesi |
Cartografia | |
Localizzazione del quartiere di Rancate nel territorio comunale di Mendrisio | |
Sito istituzionale | |
Rancate è situato ai piedi del versante meridionale del Monte San Giorgio[2].
La storia di Rancate quale luogo di insediamento umano si colloca all'interno della più generale storia di tutta la zona del Mendrisiotto, che vede il passaggio di numerose popolazioni, tra cui i Liguri, gli Etruschi, i Celti, i Romani e i popoli barbarici[3]. La prima citazione specifica del borgo si colloca però nel 1190 con il nome di "Rancade"[4], mentre la prima menzione come comune risale al 1335, anche se forse era già tale sul finire del XIII secolo[4]. Dal punto di vista amministrativo e spirituale Rancate dipese dalla pieve di Riva S. Vitale fino al 1528, quando si separò dalla chiesa matrice e la chiesa di Santo Stefano divenne parrocchia[4].
La vita dei rancatesi, fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, fu dedicata soprattutto allo sfruttamento delle risorse della terra e questo è confermato dalla presenza di numerose corti, che sono "l'espressione più autentica della vita e della cultura contadine"[5], ma anche dalla presenza di mulini (Pizzuolo, Tana, Molino Nuovo) e di un maglio (Penate), ossia un'officina in cui l'acqua veniva sfruttata come fonte di energia per lavorare i metalli e ricavarne arnesi agricoli[6]. L'attività agricola e artigianale fu sempre affiancata dall'emigrazione, anche di artigiani e artisti, che nel tentativo di far fronte alla scarsità dei frutti dell'agricoltura spesso riuscirono anche ad ottenere una certa fama, come ad esempio Carlo Fontana, Grazioso Rusca e Giuseppe Belloni[7]. Le mete di queste migrazioni, spesso stagionali, andarono via via ampliandosi, portando i gli abitanti inizialmente in direzione dell'Italia, e poi, soprattutto dalla metà del XVII secolo, in Europa centrale e orientale[8], e infine in America (XX secolo).
Con il passare del tempo, in particolare a seguito della Seconda Guerra Mondiale, il paese perse la sua vocazione prettamente agricola, acquisendo invece quella residenziale, e in seguito industriale[9].
Già comune autonomo che si estendeva per 2,28 km²[2], il 5 aprile[senza fonte] 2009 è stato accorpato a Mendrisio assieme agli altri comuni soppressi di Arzo, Capolago, Genestrerio e Tremona.
Lo stemma viene descritto da Gastone Cambin come "una brisura dello stemma della famiglia Rancate (derivante da quella dei Torriani di Mendrisio), che godette diritti di cittadinanza a Rancate"[10].
L'evoluzione demografica è riportata nella seguente tabella[15]:
Abitanti censiti[16]
La pinacoteca deve il suo nome e la sua nascita alla donazione del dottor Giovanni Züst, il quale nel corso della sua vita collezionò numerose pitture e oggetti antichi e il 9 giugno 1966 decise di donare al Canton Ticino la sua collezione di opere di artisti attivi sul territorio ticinese dal XVII al XIX secolo[17]. Tale collezione è costituita in larga parte da opere di Antonio Rinaldi, pittore originario di Tremona che rappresenta l'anima più locale della collezione, vista anche la sua permanenza del Mendrisiotto per gran parte della sua vita[18]. L'altra anima invece presenta opere il cui vertice è rappresentato dal Serodine e dal Petrini e che si collocano in una relazione meno stretta con il territorio locale ma che occupano un ruolo importante per l'arte del loro tempo[18] (infatti, Roberto Longhi definisce il Serodine "non soltanto il più forte pittore del Canton Ticino, ma uno dei maggiori di tutto il Seicento italiano"[17]).
A fianco di queste opere, che nel corso del tempo sono aumentate grazie a donazioni, prestiti e acquisti, sono spesso organizzate delle mostre temporanee[17].
La scarsità dei proventi derivanti dall'agricoltura spinsero molti uomini, spesso artisti e artigiani, a emigrare. L'inizio dell'emigrazione artistica come fenomeno collettivo si situa nel XII secolo[19], ma fu soprattutto nei secoli successivi che il fenomeno conobbe una notevole espansione, portando le maestranze di Genestrerio in vari Paesi europei (soprattutto Italia, Francia e Russia)[4]. Alcuni di questi migranti riuscirono ad affermarsi come artisti di valore, e tra di essi si possono annoverare Carlo Fontana, Grazioso Rusca e Giuseppe Belloni.
Carlo Fontana nacque a Rancate nel 1638 e ancora adolescente si recò a Roma, dove entrò in contatto con maestri come il Bernini, il Borromini e Pietro da Tortona[7]. Con il primo collaborò nella realizzazione di varie opere commissionate da papa Alessandro VII e dalla sua famiglia[20] e in seguito, precisamente nel 1667, divenne architetto della Basilica di S. Pietro[21]. Fu però a partire dal 1680 che egli si dedicò a quelle opere che maggiormente vengono ricordate e lodate dalla critica, come ad esempio la facciata della chiesa di S. Marcello al Corso negli anni 1682-1684 oppure la cappella battesimale a S. Pietro[20]. Nonostante la sua fortissima presenza nel contesto romano egli progettò anche alcune opere fuori dall'Italia, tra cui la cattedrale di Fulda, le scuderie imperiali di Vienna e la cupola del Duomo di Como[7].
Grazioso Rusca, nato a Rancate, fu uno scultore attivo in varie città del Nord Italia, con una preponderanza a Como e soprattutto Milano, dove egli operò nel Duomo diventando anche lo scultore-capo del cantiere[22]. Sulla facciata del Duomo è possibile osservare alcune delle sue opere, come ad esempio il San Luca e alcuni bassorilievi (Mosè salvato dalle acque del Nilo, Il profeta Elia che presenta alla madre il figlio da lui resuscitato, Davide e Golia, Lot fuggente e Adamo scacciato dall'Eden)[22]. La sua produzione artistica è osservabile anche nel suo paese natale, dove egli realizzò il pulpito della chiesa parrocchiale e la statua di Santo Stefano presente nella piazza del paese[22].
Giuseppe Belloni è un artista poco conosciuto in Ticino, ma la cui memoria è molto viva nel cuore degli abitanti di Rancate. Egli infatti operò soprattutto a Lione, e in particolare alla Basilica di Notre-Dame de Fourvière, dove è possibile osservare numerose sue sculture[23].
Ogni famiglia originaria del luogo fa parte del cosiddetto comune patriziale e ha la responsabilità della manutenzione di ogni bene ricadente all'interno dei confini del quartiere.
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