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concetto della mitologia norrena paragonabile alla fine dei tempi Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il termine Ragnarǫk (dal norreno Ragnarǫk, pronunciato [ˈrɑɣnɑˌrɔk][1] e significante letteralmente "destino degli dèi";[2] è documentata anche la variante Ragnarøkkr, pronunciata [ˈrɑɣnɑˌrøkːz̠])[3] indica, nella mitologia norrena, una serie di eventi catastrofici ed escatologici che provocheranno un'apocalisse nei nove mondi della mitologia nordica e ne causeranno la fine ma anche la rinascita. Tra questi eventi catastrofici spicca una grande e famosa battaglia finale tra le potenze della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos, la quale avvererà la morte di un certo numero di importanti personaggi del ciclo mitologico (come Odino, Thor, Týr, Freyr, Heimdallr e Loki) e, preceduta da varie calamità naturali, sarà succeduta dall'incendio e dalla sommersione del mondo nell'acqua cosmica, dalla caduta degli astri e dal collasso della volta celeste, fino alla fine del creato. Ciononostante, la parola indica anche la rigenerazione del mondo distrutto, caratterizzata da un'età felice, una nuova dinastia divina e una rinnovata progenie umana: infatti, conclusi tali eventi apocalittici, si racconta che il nuovo mondo riemergerà purificato e ubertoso, che gli dèi sopravvissuti allo scontro e quelli resuscitati e reduci dall'oltretomba si riuniranno in alleanza e che la terra sarà ripopolata da Líf e Lífþrasir, una coppia di esseri umani scampati alla devastazione grazie al rifugio offerto da una misteriosa foresta.[4][5]
Questo concetto terminativo e palingenetico costituisce un episodio cruciale ed enigmatico della mitologia norrena ed è stato oggetto di dibattiti, dissertazioni e teorie in ambito accademico lungo tutta la storia degli studi di filologia germanica.
Il composto norreno ragnarǫk, frutto dell'univerbazione di un sintagma cristallizzatosi nel tempo, ha una lunga storia di interpretazioni ed etimologie proposte. Il primo elemento, ragna, è sicuramente da individuare come il genitivo plurale di regin[N 1], un sostantivo neutro declinabile solo al plurale, significante letteralmente "(coloro che esprimono) giudizi, (coloro che prendono) decisioni" e, in senso più ampio, "autorità, divinità";[6] ad ogni modo, l'esatta semasiologia del termine rimane in dubbio.[7][8] Il secondo elemento, rǫk, è più problematico, poiché ricorre in due varianti, -rök e -røkkr. Scrivendo all'inizio del XX secolo, il filologo Geir Zoëga tratta le due forme come due composti separati, glossando ragnarök come "il destino o la distruzione degli dei" e ragnarøkkr come "il crepuscolo degli dei". Il sostantivo plurale rök ha diversi significati, tra cui "sviluppo, origine, causa, relazione, destino". La parola ragnarök nel suo insieme viene quindi solitamente interpretata come "destino finale degli dei".
La forma singolare ragnarøk(k)r si trova in una strofa del poema dell'Edda poetica Lokasenna e nell'Edda in prosa. Il sostantivo røk(k)r significa "crepuscolo" (dal verbo røkkva "diventare buio"), suggerendo una traduzione "crepuscolo degli dei". Questa lettura è stata ampiamente considerata un risultato dell'etimologia popolare, o una dotta reinterpretazione del termine originale a causa della fusione di /ɔ/ (scritto ǫ) e /ø/ (scritto ø) in antico islandese dopo gli inizi del Duecento (dando comunque origine al calco Götterdämmerung "Crepuscolo degli Dei" nella ricezione tedesca della mitologia norrena).
In islandese moderno i due termini sono diventati, rispettivamente, Ragnarök e Ragnarökkur, quest'ultimo pronunciato [ˈrɑɣnɑˌrœhkʏr].
Il termine probabilmente più antico è ragnarǫk, che significa "fato degli dèi". Ragnarøkkr significa invece 'crepuscolo degli dèi. Gli storici hanno corretto quest'ultima traduzione; in particolare il francese Claude Lecouteux, ha sostenuto che il significato originario sia "giudizio delle potenze".
La narrazione dell'evento è riportata principalmente dall'Edda poetica (in islandese: Ljóða Edda),[9] silloge di carmi compilata nel XIII secolo a partire da precedenti fonti della tradizione germanica, e dall'Edda in prosa (in islandese: Snorra Edda), anch'essa del XIII secolo e scritta da Snorri Sturluson. Nell'opera di Snorri e in un singolo poema dell'Edda poetica ci si riferisce ad esso chiamandolo Ragnarøkkr, un nome, traducibile come "Crepuscolo degli dèi", reso popolare dal compositore ottocentesco Richard Wagner grazie all'ultimo dei quattro drammi musicali facenti parte della sua tetralogia L'anello del Nibelungo (in tedesco: Der Ring des Nibelungen), il cui titolo originale Götterdämmerung[10] è l'esatta traduzione in tedesco del norreno Ragnarøkkr.[11]
«... liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già calpestano il Ponte che adduce ai Troni degli Dei; il Destino ormai sta per compiersi e Heimdallr, il dio della lungimiranza e della sorveglianza, suona a gran forza il grande corno di guerra; in silenzio, Odino conversa con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio.»
I Ragnarǫk (la parola è plurale) ci sono noti principalmente da tre fonti:
Le fonti sui Ragnarǫk, come quasi tutte quelle sulla mitologia norrena, sono frammentarie, confuse, contraddittorie, ricche di riferimenti criptici e spesso quasi incomprensibili nella loro laconicità. I Ragnarǫk verranno preceduti dal Fimbulvetr, un inverno della durata di tre stagioni senza l'estate in mezzo, dopo ci saranno altri tre inverni nell'arco di grandi battaglie in tutto il mondo.
Spariranno quindi Sól (il Sole) e Máni (la Luna): i due lupi (Skǫll e Hati) che, nel corso del tempo, perennemente inseguivano i due astri finalmente li raggiungeranno, divorandoli, privando il mondo della luce naturale. Anche le stelle si spegneranno. Yggdrasill, l'albero cosmico, si scuoterà e tutti i confini saranno sciolti: terremoti, alluvioni e catastrofi naturali.
Le creature del caos attaccheranno il mondo: Fenrir il lupo verrà liberato dalla sua catena, mentre il Miðgarðsormr emergerà dalle profondità delle acque. La nave Naglfar leverà le ancore per trasportare le potenze della distruzione alla battaglia, guidate da Hel. Al timone ci sarà il dio Loki.
I misteriosi Múspellsmegir cavalcheranno su Bifrǫst, il ponte dell'arcobaleno, facendolo crollare. Heimdallr, il bianco dio della sorveglianza, soffierà il suo corno, il Gjallarhorn, per chiamare allo scontro finale Odino, le altre divinità, e i guerrieri del Valhalla (gli Einherjar).
Nel grande combattimento finale, che avverrà nella pianura di Vígríðr, ogni divinità si scontrerà con la propria nemesi, in una distruzione reciproca. Il lupo Fenrir divorerà Odino, che quindi sarà vendicato da suo figlio Viðarr. Týr e il cane infernale Garmr si uccideranno a vicenda. Surtr abbatterà Freyr, mentre Thor morirà dopo aver ucciso Jǫrmungand, esalando l'ultimo respiro per i veleni di quest'ultimo.
L'ultimo duello sarà tra Heimdallr (che prima, pero', uccide Hel) e Loki, che si uccideranno a vicenda, quindi il gigante del fuoco Surtr, proveniente da Múspellsheimr, darà fuoco al mondo con la sua spada fiammeggiante, poi si creerà un'inondazione che spazzerà via e ucciderà i sopravvissuti, tra cui Surtr.
Odino poi sarà resuscitato dopo che Viðarr avrà ucciso Fenrir e liberato il corpo rimasto di Odino all'interno del mostro.
Di seguito, dalle ceneri e dalle acque, il mondo risorgerà. I figli di Odino e di Heimdallr, Viðarr e Váli, e i figli di Thor, Móði e Magni, erediteranno i poteri dei padri. Baldr, il dio della luce, con sua moglie Nanna e suo fratello Hǫðr torneranno da Hel, il regno della morte. Troveranno, nell'erba dei nuovi prati, le pedine degli scacchi con cui giocavano gli dei scomparsi. La stirpe umana verrà rigenerata da una nuova coppia originaria, Líf e Lífþrasir ("nomi parlanti" che in norreno significano, rispettivamente, "vita" e "anelito di vita; [colei che prova] amore per Líf"),[12] sopravvissuti nascondendosi nel bosco di Hoddmímir o nel frassino Yggdrasill a seconda dei culti.
La rinascita del mondo è tuttavia adombrata dal volo, alto nel cielo, di Níðhǫggr, la serpe di Niðafjoll, misteriosa creatura che fra le piume porterà dei cadaveri.
L'assenza di paralleli corrispettivi escatologici nelle altre mitologie europee, cioè la mancanza di narrazioni sulla fine del mondo, ad esempio, in ambiente greco o romano, ha portato diversi studiosi a ipotizzare influssi più o meno decisi, nei Ragnarǫk, dell'immaginario cristiano, in particolare dall'Apocalisse di Giovanni. L'ipotesi sarebbe corroborata dal fatto che la mitologia norrena sia stata codificata quasi interamente in seguito all'arrivo del Cristianesimo nell'Europa settentrionale. Priva di riscontri oggettivi, la tesi è congetturale.
Da parte sua, lo storico delle religioni e filologo francese Georges Dumézil, studioso in particolare delle credenze e mitologie degli antichi popoli indoeuropei, mise in luce le forti somiglianze tra i Ragnarǫk e la Guerra di Kurukṣetra, combattuta - secondo l'epopea induista del Mahābhārata - tra le due stirpi rivali dei Pandava e Kaurava. Così come il Ragnarǫk sarebbe posto nel futuro, l'analoga battaglia epocale del Mahābhārata si trova nel passato.
Allo stesso modo, è forse dunque possibile scorgere come corrispettivo dei Ragnarǫk in area mediterranea la gigantomachia o la titanomachia, che vedono contrapposti gli dei olimpici guidati dal loro re, Zeus, contro creature deformi e caotiche.
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