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Le suite orchestrali BWV 1066-1069 (chiamate ouverture dal loro autore), sono quattro composizioni di Johann Sebastian Bach.
Le suite per orchestra sono introdotte da un ampio pezzo in stile francese (la cosiddetta ouverture francese) suddiviso, come da tradizione, in tre sezioni: la prima è costituita da ritmi puntati, arpeggi e numerosi abbellimenti, mentre la seconda è un tema fugato; la terza, talvolta omessa dai compositori (ma non da Bach in queste quattro suite), è la ripetizione della prima parte con alcune modifiche.
Dopo il primo movimento, che è sempre quello più lungo, le composizioni non seguono il classico schema della suite barocca, formata da allemanda, corrente, sarabanda e giga, ma comprendono diverse altre danze, tutte di dimensioni minori rispetto al movimento iniziale.
Le quattro composizioni sono:
Un tempo era compresa anche una quinta suite, in sol minore e catalogata come BWV 1070. I musicologi, tuttavia, ne hanno successivamente attribuito la paternità a un compositore sconosciuto o a Wilhelm Friedemann Bach.[1] Un'altra ouverture, in mi minore, è forse di Johann Bernhard Bach.[1]
Data la grande capacità lavorativa di Johann Sebastian, e considerato che compose musica profana sia per la corte di Cöthen che per il Collegium Musicum di Lipsia, è molto probabile che, originariamente, le suite orchestrali fossero molte di più, ma che gran parte di esse siano andate perdute.[2]
Le parti separate delle varie suite indicano spesso la presenza di più versioni degli stessi pezzi, destinate a gruppi di piccole dimensioni o a formazioni di strumentisti più numerose. I numerosi interventi a matita, fatti dagli orchestrali, confermano che le suite vennero eseguite numerose volte, probabilmente sotto la direzione dello stesso Bach.[3]
Fonti:[4]
Organico:[5] oboe I e II, fagotto, violino I e II, viola e basso continuo.
L'epoca di composizione della prima suite non è chiara. Alcuni studiosi, in base a considerazioni stilistiche, la collocano durante i primi anni della permanenza di Bach alla corte di Cöthen, intorno al 1719.[1][6] Altri, invece, come il musicologo Henry Schmidt, la datano non prima del 1725. Questa post-datazione è basata sul fatto che l'opera sarebbe stata realizzata sulla falsariga del corale Dir, dir, Jehovah, will ich singen BWV 299, presente nel Piccolo libro di Anna Magdalena Bach del 1725, tenendo presente che molte volte Bach riutilizzò musica sacra per scopi profani, ma non riutilizzò mai musica profana per scopi sacri.[7]
Secondo Alberto Basso, invece, le somiglianze col corale BWV 299 sono del tutto casuali e la suite è collocabile intorno al 1718.[1] La suite venne pubblicata per la prima volta dall'editore Peters di Lipsia nel 1853.[7]
Fonti:[8]
Organico:[5] flauto traverso, violino I e II, viola e basso continuo.
La seconda suite è collocabile cronologicamente intorno al 1721,[1] anche se alcuni la datano addirittura a dopo il 1730.[6] Secondo Joshua Rifkin la composizione si baserebbe su una precedente versione in la minore, con un violino al posto del flauto traverso.[9] Gonzalo Ruiz, invece, sostiene che lo strumento originario fosse l'oboe, in quanto un ipotetico violino sarebbe stato sottoutilizzato (poiché la corda del sol non verrebbe praticamente mai suonata), mentre l'estensione richiesta è esattamente quella dell'oboe barocco.[10]
La suite venne pubblicata per la prima volta dall'editore Peters di Lipsia nel 1853.[7]
Fonti:[11]
Organico:[12] tromba I, II e III, timpani, oboe I e II, violino I e II, viola e basso continuo.
La terza suite è collocabile fra gli ultimi anni di Bach alla corte di Cöthen e i primi anni a Lipsia.[1][6]
Il secondo movimento è impropriamente conosciuto con il nome di Aria sulla quarta corda e si differenzia dal resto della suite in quanto è l'unico movimento nel quale l'organico comprende esclusivamente strumenti ad arco. Il nome Aria sulla quarta corda non è di Bach, ma deriva da una trasposizione del violinista tedesco August Wilhelmj, il quale portò la composizione da re maggiore a do maggiore e la abbassò di un'ottava, in modo da poterla suonare tutta sulla quarta corda del violino.[13] Gli arrangiamenti di questo movimento sono stati utilizzati come sigla per le varie serie documentaristiche del programma televisivo Quark, condotte dal giornalista Piero Angela, e si ritrovano anche tra gli esempi di file audio MIDI del CD di installazione di alcune schede audio prodotte da Creative Technology. Inoltre, Panasonic la utilizza nella suoneria “n° 9” per il suo telefono cellulare GD67. Uno studio della ricezione italiana dell'Aria rivela l'importanza della "sigla di Quark" per il pubblico italiano, e la presenza di questo brano nelle pubblicità e nella cultura pop italiane.[14]
La suite venne pubblicata per la prima volta dall'editore Peters di Lipsia nel 1853.[7]
Fonti:[15]
Organico:[12] oboe I, II e III, fagotto, tromba I, II e III, timpani, violino I e II, viola e basso continuo.
L'ultima suite orchestrale è collocabile fra gli ultimi anni di Bach alla corte di Cöthen e i primi anni a Lipsia.[1][6] Per lungo tempo l'opera venne considerata spuria. Tuttavia, nel 1873, Philipp Spitta riconobbe che il coro introduttivo della cantata Unser Mund sei voll Lachens BWV 110, eseguita per la prima volta a Lipsia il 25 dicembre 1725, è fortemente basato sul primo movimento della suite, permettendone così il riconoscimento della paternità.[16]
La suite venne successivamente pubblicata dall'editore Peters di Lipsia nel 1881.[7]
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