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Il puncetto è un pizzo ad ago tipico dell'alta Valsesia la cui arte è stata inventata dalle donne valsesiane di un tempo.[1][2][3][4] Il nome viene dal diminutivo della voce dialettale "punc" che vuol dire "punto" da cui "piccolo punto".[3][4]
Il puncetto si realizza utilizzando solo ago e filo, unendo tra di loro migliaia di piccoli nodi senza mai girare il lavoro. Esso è caratterizzato dalla geometricità dei suoi schemi e dalla bellezza delle sue simmetrie. Per secoli, tale pizzo è stato applicato - con una tecnica tramandata di generazione in generazione solo verbalmente, perlopiù all'interno delle mura domestiche - per ornare vari tessuti quali tovagliette, centrini, fazzoletti, lenzuola, tende, biancheria e, soprattutto, in passato ha arricchito paramenti sacri e tradizionali costumi Walser, tipici valsesiani.[1][2][3][4]
Ancora oggi sono in corso degli studi per comprendere meglio le origini precise del puncetto la cui diffusione, comunque, è storicamente concentrata nell'alta Valsesia.[1][2][3][4]
Vi è da dire che sicuramente le origini di questo pizzo sono remote, basti pensare che il più antico documento rinvenuto che testimonia l'esistenza del puncetto valsesiano risale al tardo XVII secolo; in particolare, si fa riferimento a un atto notarile, datato 1685, che certificava l'ornatura di un grande fazzoletto bianco avvenuta, appunto, tramite la tecnica del “ponchietto”.[1][2][3][4]
L'arte del puncetto è diffusa nell'alta Valsesia e, in particolare, nella Valle Vogna, Val Mastallone e nelle zone di Alagna, Riva Valdobbia, Fobello, Varallo, Carcoforo e Cervatto.[1][2][3][4]
Nonostante i primi tentativi, nell'ottocento, di commercializzare tali pizzi, in realtà l'arte per realizzare tale pizzo non è mai stata esportata al di fuori del suddetto territorio e, pertanto, è sempre rimasta sconosciuta perfino alle valli confinanti, ad eccezione di Campello Monti, piccolo borgo della Valle Strona fondato da Walser di Rimella.[1] Sul finire del XIX secolo, il puncetto assume una certa notorietà internazionale grazie alla Regina Margherita di Savoia (che lo imporrà a corte anche grazie alla Marchesa D'adda) e alla presenza di viaggiatori inglesi pionieri dell'alpinismo.[1][2][3][4]
Viste le suddette circostanze, per evitare che con il passare del tempo l'arte del puncetto andasse a scomparire alcuni amministratori locali hanno promosso l'istituzioni di apposite "Scuole di Puncetto Valsesiano" al cui interno possono insegnare solo alcune maestre iscritte presso un apposito albo.[1][2][3][4]
Parallelamente è stato registrato il marchio del "Puncetto Valsesiano" e creato il Certificato di Garanzia per quei lavori eseguiti secondo la tradizione.[1][2][3][4]
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