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Prosciutto prosciutto

film del 1992 diretto da Bigas Luna Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Prosciutto prosciutto
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Prosciutto prosciutto (Jamón jamón) è un film del 1992 diretto da Bigas Luna. La pellicola è stata presentata in concorso alla 49ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

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Trama

In un piccolo villaggio spagnolo, Silvia è una graziosa e incantevole operaia di una fabbrica specializzata in biancheria intima. È la figlia di Carmen, una donna abbandonata dal marito, che per sopravvivere gestisce un bordello lungo la strada. Silvia è innamorata di José Luis, figlio di Conchita e Manuel, proprietari dell'azienda. La prima non vuole che suo figlio sposi la figlia di una prostituta e perciò decide di intromettersi e creare un piano per distruggere la coppia. Per reclamizzare la sua biancheria, assume come modello Raul, magazziniere in un deposito di prosciutti e aspirante torero. Egli dovrebbe sedurre la protagonista, ma inaspettatamente fa breccia nel cuore di Carmen. La questione si complica quando il giovane José Luis dimostra veri sentimenti per Silvia.[1]

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Accoglienza

«La Spagna è probabilmente uno dei pochi paesi in cui il prosciutto e il personal computer coabitano in perfetta armonia.»

Paolo Mereghetti, nel suo dizionario omonimo, recensisce la pellicola come un «melodramma semi-farsesco», colpevole di elementi ridondanti e che richiamano al cinema di Pedro Almodóvar.[2] Il sito FilmTv.it considera il lungometraggio una «commedia buffonesca».[3]

Secondo Dario Grisanti, Prosciutto, prosciutto è forgiato su elementi autoctoni (come la metafora simbolica del toro e del prosciutto), «una sorta di passeggiata tra il Mar Mediterraneo e gli stereotipi culturali ispanici».[4]

Maurizio Fantoni Minnella, in un saggio dedicato all'artista catalano, sostiene che sia un film «ossessivo, sanguigno, intriso di ribollente hispanidad».[5] Nel riferirsi in questi termini, considera la location principale, il Deserto di Los Monegros, entità di rilievo, di logos.[5]

Bigas Luna, in un'intervista del 1992, reputa che il suo lavoro sia un «inno alla gioia spagnola».[6]

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Riconoscimenti

Note

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