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movimento culturale, filosofico e artistico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il postmodernismo è un ampio movimento ideale che si è sviluppato tra la metà e la fine del XX secolo attraversando la filosofia, le arti, l'architettura e la critica. Il termine è stato più genericamente applicato per descrivere un periodo storico che segue il modernismo. Pur comprendendo un'ampia varietà di approcci e discipline, il postmodernismo è generalmente caratterizzato da scetticismo, ironia o rifiuto delle grandi narrazioni e ideologie del modernismo, spesso mettendo in discussione vari presupposti della razionalità proclamata dall'Illuminismo.
I pensatori postmodernisti richiamano spesso l'attenzione sulla natura contingente o socialmente condizionata della conoscenza e dei sistemi di valori, intendendoli come prodotti di supremazie politiche, sociali o culturali. Di conseguenza, il pensiero postmoderno è ampiamente caratterizzato da tendenze all'autoreferenzialità, al relativismo epistemologico e morale, al pluralismo e a un atteggiamento d'irriverenza.
Le caratteristiche principali del postmodernismo includono in genere il gioco ironico con stili, citazioni e livelli narrativi,[1][2] uno scetticismo metafisico o nichilismo verso una "grande narrazione" della cultura occidentale,[3] e una preferenza per il virtuale a spese del reale (o più precisamente, una domanda fondamentale su ciò che costituisce il "reale").[4]
Gli approcci postmoderni critici negli anni '80 e '90 sono stati introdotti in una varietà di discipline, tra cui filosofia della scienza, economia, linguistica, letteratura, arte contemporanea, musica, architettura, nonché in movimenti culturali come il femminismo. Il postmodernismo è spesso associato a scuole di pensiero come il decostruzionismo, il post-strutturalismo e filosofi come Jean-François Lyotard, Jacques Derrida e Fredric Jameson.
Le critiche al postmodernismo, accusato di promuovere l'oscurantismo, rilevano la sua insignificanza e la constatazione di non aggiungere nulla alla conoscenza analitica o empirica.
Il termine postmoderno fu usato per la prima volta intorno al 1870,[5] e successivamente adottato nel saggio del 1934 dello spagnolo Federico de Onís Antología de la poesía española e hispanoamericana 1882-1932, in relazione alla poesia latino-americana, ma si ritrova soprattutto nella produzione culturale statunitense. Nel 1926 Bernard Iddings Bell, presidente del St. Stephen's College (ora Bard College), pubblicò Postmodernismo e altri saggi, segnando il primo uso del termine per descrivere il periodo storico successivo alla modernità.[6][7] Il saggio critica le persistenti norme socio-culturali, gli atteggiamenti e le pratiche dell'Età dell'Illuminismo. Prevede anche i principali spostamenti culturali verso la postmodernità e (essendo Iddings Bell un prete anglo-cattolico) suggerisce la religione ortodossa come soluzione.[8] Tuttavia, il termine "postmodernità" fu usato per la prima volta come teoria generale per un movimento storico nel 1939 da Arnold J. Toynbee: "La nostra era post-moderna è stata inaugurata dalla guerra mondiale del 1914-1918".[9] Le caratteristiche di base di quello che oggi viene chiamato postmodernismo si possono trovare già negli anni '40, in particolare nel lavoro di artisti come Jorge Luis Borges.[10] Tuttavia, molti studiosi concordano oggi che il postmodernismo iniziò a competere con il modernismo alla fine degli anni '50 e ottenne un ascendente su di esso negli anni '60.[11] Da allora, il postmodernismo è stato una forza potente, sebbene non indiscussa, nell'arte, nella letteratura, nel cinema, nella musica, nel teatro, nell'architettura, nella storia e nella filosofia continentale.
Nel 1942 H. R. Hays descrisse il postmodernismo come una nuova forma letteraria.[12]
Come termine filosofico fu usato per la prima volta da Jean-François Lyotard nell'opera La Condition postmoderne: rapport sur le savoir pubblicata nel 1979, per segnalare la crisi dei grandi ideali che hanno segnato l'epoca moderna del mondo occidentale. Lyotard notava come gruppi diversi di persone utilizzano lo stesso linguaggio per indicare delle realtà molto diverse e soggettive. Ad esempio il termine "verità" assume significati molto diversi se chi lo usa sia un sacerdote, uno scienziato o un artista. Questo comporta che viene a mancare la visione unitaria di un mondo dove invece sono compresenti le più diverse interpretazioni.
Dalla fine degli anni '90, c'è stato un crescente sentimento nella cultura popolare e nel mondo accademico che il postmodernismo "sia passato di moda".[13] Altri sostengono che il postmoderno sia morto nel contesto dell'attuale produzione culturale.[14][15][16]
Lo stesso termine postmodernismo si rifà a diversi significati e si esprime in vari ambiti culturali: per esempio in economia riferendosi alla crisi della modernità nelle società a capitalismo avanzato, caratterizzate da un'economia e una finanza estese globalmente, si evidenzia l'invadenza della pubblicità e della televisione nelle convinzioni personali, ormai incontrollabile e inverificabile in una condizione attuale dove «…internet è quanto di più postmoderno esista su questo pianeta. Il suo effetto più immediato in Occidente pare essere stato la nascita di una generazione che è maggiormente interessata ai social network che alla rivoluzione sociale».[17] Tuttavia «Se deprivilegiamo tutte le posizioni, non possiamo affermare alcuna posizione, pertanto non possiamo prendere parte alla società e quindi, in definitiva, un postmodernismo aggressivo diventa indistinguibile da una specie di inerte conservatorismo. La soluzione postmoderna non servirà più da risposta al mondo nel quale ci ritroviamo a vivere».[18]
Nel campo delle arti figurative John Watkins Chapman ha suggerito "uno stile postmoderno di pittura" come un modo per allontanarsi dall'impressionismo francese.[19] J.M. Thompson, nel suo articolo del 1914 su The Hibbert Journal (una rivista filosofica trimestrale), lo usò per descrivere i cambiamenti negli atteggiamenti e le credenze nella critica della religione, scrivendo: «La ragion d'essere del Post-Modernismo è quella di sfuggire alla doppia mentalità del Modernismo, essendo accurato nelle sue critiche estendendolo alla religione e alla teologia, al sentimento cattolico e alla tradizione cattolica».[20]
Nel 1949 il termine fu usato per descrivere un'insoddisfazione per l'architettura moderna e portò al movimento dell'architettura postmoderna[21] in risposta al movimento architettonico modernista noto come Stile Internazionale. Il postmodernismo in architettura era inizialmente caratterizzato da un riemergere di ornamenti superficiali, riferimenti a edifici circostanti in contesti urbani, riferimenti storici in forme decorative (eclettismo) e angoli non ortogonali.[22]
L'autore Peter Drucker ha suggerito che la trasformazione in un mondo postmoderno è avvenuta tra il 1937 e il 1957 e l'ha descritta come un'era senza nome caratterizzata da uno spostamento verso un mondo concettuale basato su modello, scopo e processo piuttosto che una causa meccanica. Questo spostamento è stato delineato da quattro nuove realtà: l'emergere di una società istruita, l'importanza dello sviluppo internazionale, il declino dello stato-nazione e il crollo della redditività delle culture non occidentali.[23]
Nel 1971, in una conferenza tenuta all'Institute of Contemporary Art di Londra, Mel Bochner descrisse il "post-modernismo" nell'arte come iniziato con Jasper Johns «che per primo rifiutò i dati sensoriali e il singolare punto di vista come base per la sua arte e ha trattato l'arte come un'indagine critica».[24]
Nel 1996, lo scienziato e psicologo sociale Walter Truett Anderson descrisse il postmodernismo come appartenente a una delle quattro visioni tipologiche del mondo che egli identifica come:
Il postmoderno è una posizione intellettuale[26] o un modo di dire[27][28] ironicamente scettico verso le grandi narrazioni del passato.[29][30] Nega l'esistenza di una realtà universale e stabile,[31][32][33][34] incornicia l'estetica e la bellezza in modo arbitrario e soggettivo.[35][36] Può essere descritto come una reazione contro i tentativi scientifici di spiegare la realtà con obiettiva certezza riconoscendo che la realtà è costruita mentre la mente cerca di comprendere le proprie circostanze personali.[37] È caratterizzato da un atteggiamento di scetticismo, ironia o rifiuto nei confronti delle grandi narrazioni e ideologie del modernismo, spesso negando o sfidando la validità dell'indagine scientifica,[38] o declamando l'arbitrarietà dell'estetica delle opere artistiche o di altri artefatti della produzione culturale,[39] o mettendo in discussione varie ipotesi di razionalità illuminista.[40] Inizialmente, il postmoderno era un modo di dire in letteratura e critica letteraria, commentando la natura del testo letterario, il significato, l'autore il e lettore, la scrittura e la lettura.[41] Il postmoderno si sviluppò tra la metà e la fine del XX secolo attraverso la filosofia, le arti, l'architettura e la critica come un inizio o un rifiuto del modernismo.[32][42][43]
Il postmodernismo si basa sulla teoria critica, un approccio che affronta le strutture ideologiche, sociali e storiche che modellano e vincolano la produzione culturale.[44] Obiettivi comuni di postmodernismo e teoria critica includono delle nozioni universalistiche di realtà oggettiva, moralità, verità, natura umana, ragione, linguaggio e progresso sociale[40]. Approcci postmodernisti sono stati adottati in una varietà di discipline accademiche e teoriche, tra cui le scienze politiche,[45] la teoria dell'organizzazione,[46] gli studi culturali, la filosofia della scienza, l’economia, la linguistica, l’architettura, il femminismo e la critica letteraria, nonché i movimenti artistici in settori come la letteratura e la musica.
I pensatori postmoderni richiamano spesso l'attenzione sulla natura contingente o socialmente condizionata delle rivendicazioni della conoscenza e dei sistemi di valori, situandole come prodotti di particolari discorsi e gerarchie politiche, storiche o culturali. Di conseguenza, il pensiero postmoderno è ampiamente caratterizzato da tendenze all'autoreferenzialità, al relativismo epistemologico e morale, al pluralismo e all'irriverenza. Il postmodernismo è spesso associato a scuole di pensiero come la decostruzione e il post-strutturalismo.
Le critiche al postmodernismo sono intellettualmente diverse e includono affermazioni secondo cui il postmodernismo promuove l'oscurantismo ed è insignificante, non aggiungendo nulla alla conoscenza analitica o empirica.[47][48][49][50] Alcuni filosofi, a cominciare dal filosofo pragmatico Jürgen Habermas, affermano che coloro che impiegano un discorso postmoderno sono preda di una contraddizione performativa e di un paradosso di autoreferenzialità, poiché la loro critica sarebbe impossibile senza i concetti e i metodi forniti dalla ragione moderna.[51] I conservatori Michael Oakeshott e Leo Strauss consideravano il postmodernismo come un abbandono del progetto razionalista che molti conservatori considerano il prodotto culturale più importante degli umani. Strauss cercò di ripristinare il razionalismo in una versione aristotelica più scettica "incastonata nella realtà ordinaria che gli umani percepivano".[52] Altri hanno affermato che le persone che sono informate sul postmodernismo hanno difficoltà a distinguere i manufatti postmodernisti senza senso da quelli nominalmente autentici.[53][54]
Accademici e storici per lo più descrivono il postmodernismo come una corrente di pensiero caratterizzantesi per la contrapposizione con il modernismo. Il pensiero modernista riconosce un'importanza suprema a ideali come la razionalità, l'oggettività, e il progresso, e ad altre idee di derivazione illuministica, idee caratterizzanti le correnti del positivismo e del realismo ottocentesco. Il postmodernismo si interroga sulla reale esistenza di tali ideali.
In estrema sintesi, l'argomentazione dei postmodernisti[56] sottolinea come le condizioni economiche e tecnologiche della nostra epoca abbiano plasmato una società decentralizzata e dominata dai media, nella quale le idee sono semplici simulacri e solo rappresentazioni autoreferenziali e copie tra di loro, mentre mancano fonti di comunicazione e di senso realmente autentiche, stabili o anche semplicemente oggettive. La globalizzazione, provocata dalle innovazioni nelle comunicazioni, nella produzione industriale e nei trasporti, è spesso citata come una forza che ha portato alla moderna cultura decentralizzata, creando una società globale, interconnessa e culturalmente pluralistica, priva di un reale centro dominante di potere politico, di comunicazione e di produzione intellettuale.
Gli aderenti al pensiero postmoderno spesso rintracciano la fonte dei propri ideali in particolari condizioni economiche e sociali, tra cui il cosiddetto "capitalismo maturo" e la crescita di importanza dei media, sostenendo che tali particolari condizioni abbiano segnato l'inizio di un nuovo periodo storico. In antitesi, numerosi autori sostengono invece che il postmodernismo sia al più un periodo, una variazione, una semplice estensione del modernismo, e non un periodo o un'idea realmente nuovi.
I teorici del postmodernismo ritengono che una società così decentralizzata inevitabilmente generi percezioni e reazioni descritte come postmoderne, come ad esempio il rifiuto della unitarietà della metanarrativa e dell'egemonia, unitarietà vista come falsa e imposta; la rottura dei tradizionali steccati tra i generi, il superamento delle strutture e degli stili tradizionali; lo spodestamento di quelle categorie figlie del logocentrismo e il rifiuto delle altre forme di ordine artificialmente imposto.
I teorici che accettano l'idea della postmodernità come di un distinto periodo ritengono che la società abbia collettivamente rimosso gli ideali del modernismo, sostituendoli con ideali basati sulla reazione alle restrizioni e alle limitazioni di quelli, e per tale ragione sostengono la configurabilità dell'oggi come nuovo periodo storico. Sebbene i caratteri della cultura postmoderna siano talvolta difficili da individuare, i più tra i teorici postmodernisti guardano ai concreti cambiamenti tecnologici ed economici ritenendoli fonti e sintomi del nuovo pensiero.[57]
I critici del postmodernismo affermano che esso non rappresenta una liberazione, ma piuttosto una resa della creatività, e la sostituzione dell'organizzazione strutturale con il sincretismo e il bricolage. Descrivono i postmodernisti come oscurantisti, confusi, e asserenti in campo scientifico argomentazioni di cui si può dimostrare la falsità.
Tale dibattito si colora spesso di forti tinte politiche, dato che si possono individuare i conservatori come i più feroci critici del postmodernismo. Il dibattito rimane molto serrato, soprattutto sulla configurabilità del periodo attuale come di un nuovo periodo storico distinto da quello moderno. Taluni, peraltro, si sono spinti oltre, sostenendo che la stessa postmodernità sia già finita, essendo definibile l'attuale periodo come postpostmoderno. Tra questi Alan Kirby, il quale nel saggio The Death of Postmodernism, and Beyond[58] afferma la radicale novità della cultura odierna, che egli definisce "pseudo-modernismo" e che a suo avviso muterà la condizione umana attuale caratterizzata dal predominio tecnologico.
Perry Anderson, in The Origins of Postmodernity (1998, 2010), mostra che i termini "postmodernità" e "postmodernismo" erano già stati usati nel campo della poesia, in particolare dallo spagnolo Federico de Onís (nel 1934[59], secondo Anderson, lo usò per "descrivere un riflusso conservatore all'interno del modernismo") o il poeta Charles Olson (nel 1951), ma anche nella storia (Arnold Toynbee), nella sociologia (Charles Wright Mills nel 1959) e i critici (Irving Howe nel 1959)...
Il postmodernismo è una nuova era legata allo sviluppo del capitalismo postindustriale o un aspetto che è sempre esistito? Possiamo infatti vedere che molte caratteristiche dell'estetica postmoderna si trovano nelle opere del passato, o il ritorno a un uso eccentrico di figure del classico e del barocco, una sorta di estetica di cattivo gusto che consente di recuperare senza lirismo dei vecchi valori.
In letteratura, se gli inizi del postmodernismo compaiono in Le chiendent di Raymond Queneau (1933) o In At Swim-two-Birds di Flann O'Brien (1939), questi autori continuano una tradizione che risale al XVIII secolo con opere come Jacques il fatalista di Diderot o Il viaggio sentimentale di Sterne, mentre passava da Alfred Jarry [non chiaro](Gesti e opinioni del dottor Faustroll, patafisico).
Nell'architettura troviamo retrospettivamente elementi del postmodernismo nell'architettura della secessione viennese, quella di Constantin Melnikov, quella dello sloveno Jože Plečnik, principi già esistenti in Robert Mallet-Stevens, o molto prima nel XVIII secolo nelle opere più strane di Boullée e Ledoux.
Se il modernismo è caratterizzato dalla ricerca di originalità e dalla volontà di creare forme nuove, inedite, inusuali, il postmodernismo ammette di riutilizzare delle forme preesistenti, comprese le più familiari. Laddove Le Corbusier vuole rinnovare completamente non solo lo stile degli edifici, ma il design stesso dell'habitat, un architetto come Ricardo Bofill utilizza principi di composizione ed elementi decorativi presi a prestito dall'arte classica o antica (colonne, frontoni , eccetera.). L'innovazione moderna si basa sempre sul dimenticare o ignorare le tradizioni specifiche di ogni arte, che sono considerate un ostacolo alla creazione reale. Al contrario, ciò che caratterizza l'artista postmoderno, e la sua originalità, è che ha acquisito una padronanza abbastanza perfetta della storia e delle tecniche più accademiche della sua arte.
I riferimenti all'arte del passato possono assumere forme molto diverse, dall'uso di dettagli stilistici alla rigorosa applicazione di vecchie regole formali, come composizione, simmetria, programmazione, ecc. Le modalità possono anche variare, dall'omaggio alla citazione ironica. Ma il più caratteristico dell'atteggiamento postmoderno è l '"ironico omaggio" che gioca sull'ambiguità: così l'hommage à Nijinski dello scultore Barry Flanagan presenta una lepre burlesca in una posa della ballerina.
L'opera postmoderna viene spesso presentata come un collage di elementi eterogenei senza preoccupazione per l'armonia. Prendiamo ad esempio il romanzo At swim-two-birds dell'irlandese Flann O'Brien, che mette insieme testi di generi diversi come l'epopea occidentale e medievale, tra cui fiabe e vaudeville. .
I processi di collage e diversificazione non sono di per sé una specificità del postmoderno poiché è il surrealismo che li ha proposti. Anche i romanzi modernisti della trilogia americana di John Dos Passos o quelli della trilogia dei sonnambuli di Hermann Broch si presentano sotto forma di collage di testi di vari generi. Ma in questi due casi, l'obiettivo è quello di sintetizzare questi elementi per comprendere una realtà complessa: gli Stati Uniti durante la grande depressione per Dos Passos, la perdita di valori nell'Europa occidentale per Broch.
Al contrario, l'artista postmoderno cerca il contrasto tra i diversi elementi e il conseguente effetto di distanziamento.
Se il postmodernismo cancella il tempo e lo spazio per rendere immediatamente presente tutta la cultura, afferma anche di cancellare la gerarchia tra cultura d'élite e cultura popolare. Possiamo citare ad esempio l'adozione e la diversificazione di generi popolari da parte degli scrittori: romanzo poliziesco in Cosmos di Witold Gombrowicz, romanzo di spionaggio nel Lac di Jean Echenoz, ecc.
Un esempio particolarmente evidente di questa cancellazione è la convergenza tra arte contemporanea e pubblicità. Così l'americano Andy Warhol, leader della pop art, che faceva pubblicità prima di diventare un artista e il cui lavoro si basa sull'immaginazione popolare (marchi, star, cliché, ecc.). Al contrario, vediamo molte pubblicità che deviano le opere dalla storia della pittura.
In effetti, la seconda metà del XX secolo è stata caratterizzata dall'esplosione della cultura di massa, trasmessa da un'industria dei media sempre più potente. Questa cultura mediatica colpisce tutte le classi sociali e diventa una delle basi dell'immaginazione collettiva.
L'ironia è considerata la caratteristica essenziale del postmoderno. Più in generale, possiamo considerare che laddove il modernismo pone l'autore e la creazione al centro della sua estetica, il postmodernismo attribuisce questo ruolo all'interpretazione e al pubblico. È per questo motivo che è stato criticato per essersi conformato agli imperativi del marketing[60], il che sarebbe giusto se non ci fossero discrepanze ironiche che altrettanto facilmente dispiacciono o irritano.
Il semplice fatto di dare un nuovo look a un testo o ad un'opera pittorica porta a renderlo un nuovo lavoro. L'artista della plastica Jeff Koons si è reso famoso trasformando oggetti kitsch in opere d'arte. Questo sguardo ironico si pone naturalmente anche sul lavoro postmoderno stesso e porta all'auto-commento. Possiamo citare l'esempio di Fuoco Pallido di Vladimir Nabokov, costituito da una narrativa poetica e da un commento su questa narrazione, o L'opera postuma di Thomas Pilaster di Eric Chevillard, che lavora sullo stesso principio. Qui siamo vicini all'effetto di distanziamento teorizzato da Bertolt Brecht o Victor Chklovski.
Ciò che è comune agli artisti postmoderni è la capacità di raccogliere e far rivivere i codici tradizionali più seri, evitando di prendersi sul serio, senza tuttavia screditarli cadendo in forme di derisione.
Il critico Brian McHale confronta la differenza tra modernismo e postmodernismo con quella che separa l'epistemologia (teoria della conoscenza) e l'ontologia (teoria dell'essere). Pertanto, il modernismo cerca di costruire un'immagine fedele del mondo reale, andando oltre i limiti della percezione umana. Il postmodernismo mette piuttosto in discussione lo status del mondo immaginario creato dall'opera d'arte e il suo rapporto con il mondo reale. L'esempio finale è il vertiginoso racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius pubblicato nella raccolta di Finzioni di Jorge Luis Borges, in cui il mondo reale viene gradualmente colonizzato dal mondo immaginario di Tlön. È chiaro che il postmodernismo intende quindi essere molto eclettico.
Il postmodernismo, variamente utilizzato, fa riferimento o dà origine allo strutturalismo, al post-strutturalismo, alla decostruzione e al post-postmodernismo.
Lo strutturalismo era un movimento filosofico sviluppato dagli accademici francesi negli anni '50, in parte in risposta all'esistenzialismo francese[61] e spesso interpretato in relazione al modernismo e all'alto modernismo. I pensatori che sono stati chiamati strutturalisti includono l'antropologo Claude Lévi-Strauss, il linguista Ferdinand de Saussure, il filosofo marxista Louis Althusser e il semiologo Algirdas Greimas. Anche i primi scritti dello psicoanalista Jacques Lacan e del teorico letterario Roland Barthes sono stati definiti strutturalisti. Coloro che hanno iniziato come strutturalisti ma sono diventati post-strutturalisti includono Michel Foucault, Roland Barthes, Jean Baudrillard e Gilles Deleuze. Altri post-strutturalisti includono Jacques Derrida, Pierre Bourdieu, Jean-François Lyotard, Julia Kristeva, Hélène Cixous e Luce Irigaray. I teorici della cultura, i critici e gli intellettuali americani che hanno influenzato includono Judith Butler, John Fiske, Rosalind Krauss, Avital Ronell e Hayden White.
Come gli strutturalisti, i post-strutturalisti partono dal presupposto che le identità, i valori e le condizioni economiche delle persone si determinano a vicenda anziché avere proprietà intrinseche che possono essere comprese isolatamente.[62] Quindi gli strutturalisti francesi ritenevano di sposare il relativismo e il costruzionismo, ma tendevano comunque a esplorare come gli argomenti del loro studio potessero essere descritti, in modo riduttivo, come un insieme di relazioni, schemi o simboli matematici essenziali. (Un esempio è la formulazione algebrica della trasformazione mitologica di Claude Lévi-Strauss in "Lo studio strutturale del mito"[63]).
Le idee postmoderne nella filosofia e nell'analisi della cultura e della società hanno ampliato l'importanza della teoria critica. Sono stati il punto di partenza per le opere di letteratura, architettura e design, oltre ad essere visibili nel marketing/affari e nell'interpretazione di storia, diritto e cultura, a partire dalla fine del XX secolo. Questi sviluppi e rivalutazione dell'intero sistema di valori occidentale (amore, matrimonio, cultura popolare, passaggio dall'economia industriale a quella di servizio) avvenuti dagli anni '50 e '60, con un picco nella rivoluzione sociale del 1968, sono descritti con il termine "postmodernità",[64] in contrapposizione al Postmodernismo, un termine che si riferisce a un'opinione o movimento.[65] Il post-strutturalismo è caratterizzato da nuovi modi di pensare attraverso lo strutturalismo, contrariamente alla forma originale.[66]
Una delle più note preoccupazioni postmoderne è il decostruzionismo, una teoria filosofica, ma anche una critica letteraria e un'analisi testuale sviluppata da Jacques Derrida.[67] I critici hanno insistito sul fatto che il lavoro di Derrida è radicato in una dichiarazione trovata in Of Grammatology: "Il n'y a pas de hors-texte" (non esiste un testo esterno). Tali critici interpretano erroneamente l'affermazione negando qualsiasi realtà al di fuori dei libri. L'affermazione è in realtà parte di una critica delle metafore "dentro" e "fuori" quando si fa riferimento al testo, ed è corollaria all'osservazione che non c'è anche il "dentro" di un testo.[68] Questa attenzione alla dipendenza non riconosciuta di un testo da metafore e figure incorporate nel suo discorso è caratteristica dell'approccio di Derrida. Il metodo di Derrida a volte implica la dimostrazione che un determinato discorso filosofico dipende da opposizioni binarie o dall'esclusione di termini che il discorso stesso ha dichiarato irrilevanti o inapplicabili. La filosofia di Derrida ha ispirato un movimento postmoderno chiamato decostruttivismo tra gli architetti, caratterizzato da un design che rifiuta i "centri" strutturali e incoraggia il gioco decentralizzato tra i suoi elementi. Derrida interruppe il suo coinvolgimento con il movimento dopo la pubblicazione del suo progetto di collaborazione con l'architetto Peter Eisenman in Chora L Works: Jacques Derrida and Peter Eisenman.[69]
La connessione tra postmodernismo, postumanesimo e cyborgismo ha portato a una sfida al postmodernismo, per cui i termini "postpostmodernismo" e "postpoststrutturalismo" sono stati coniati per la prima volta nel 2003:[70][71]
«In un certo senso, possiamo considerare il postmodernismo, il postumanesimo, il post-strutturalismo, ecc., Come "l'età del cyborg" della mente sul corpo. La deconferenza è stata un'esplorazione nel post-cyborgismo (cioè ciò che viene dopo l'era postcorporea), e quindi ha esplorato le questioni del post postmoderno, del postpoststrutturalismo e simili. Per comprendere questa transizione dal "pomo" (cyborgismo) al "popo" (postcborgismo) dobbiamo prima comprendere l'era del cyborg stesso.[72]»
Più recentemente il metamodernismo, il post-postmodernismo e la "morte del postmodernismo" sono stati ampiamente discussi: nel 2007 Andrew Hoberek ha notato nella sua introduzione a un numero speciale della rivista Twentieth Century Literature intitolato "After Postmodernism" che "le dichiarazioni della fine del postmodernismo sono diventate un luogo comune critico ". Un piccolo gruppo di critici ha messo in campo una serie di teorie che mirano a descrivere la cultura o la società nella presunta conseguenza del postmodernismo, in particolare Raoul Eshelman (performatismo), Gilles Lipovetsky (ipermodernità), Fabio Vittorini[73] (metamodernismo), Nicolas Bourriaud (altermodern) e Alan Kirby ( digimodernismo, precedentemente chiamato pseudo-modernismo). Nessuna di queste nuove teorie o etichette ha finora ottenuto un'accettazione molto diffusa. L'antropologa socioculturale Nina Müller-Schwarze offre al neostrutturalismo una possibile direzione.[74] La mostra Postmodernism - Style and Subversion 1970–1990 al Victoria and Albert Museum (Londra, 24 settembre 2011 - 15 gennaio 2012) è stata presentata come la prima mostra che ha documentato il postmodernismo come movimento storico.
Negli anni '70 un gruppo di poststrutturalisti in Francia, in particolare Jacques Derrida, Michel Foucault, Jean-François Lyotard, Jean Baudrillard, rifacendosi a Nietzsche, Marx, Freud, Kierkegaard e Heidegger, sviluppando una critica radicale della filosofia moderna, divenne noto come teorico del movimento postmoderno che negli anni '80 si diffuse in America (Richard Rorty) e nel mondo.[75] La filosofia postmoderna, iniziando come critica della filosofia continentale, è stata dunque fortemente influenzata da fenomenologia, strutturalismo ed esistenzialismo e in parte ha risentito della tarda critica della filosofia analitica ad opera di Ludwig Wittgenstein. Il manifesto di tale corrente è La condizione postmoderna del filosofo francese Jean-François Lyotard, del 1979.
Jacques Derrida è noto per aver sviluppato una forma di analisi semiotica chiamata decostruzione, che egli ha discusso in numerosi testi e sviluppata nel contesto della fenomenologia.[76][77][78] Il filosofo francese è una delle figure più importanti associate al post-strutturalismo e alla filosofia postmoderna.[79][80][81] e si deve a lui il riesame dei fondamenti della scrittura e le sue conseguenze sulla filosofia in generale; escludendo da questa il linguaggio della metafisica fu promotore di una tecnica analitica che, partendo dalla nozione di Destruktion di Heidegger, divenne nota come Decostruzione.[82]
Michel Foucault, filosofo francese, è stato uno storico delle idee, un teorico sociale e critico letterario che inizialmente associato allo strutturalismo, ha creato un'opera che oggi è considerata come appartenente al post-strutturalismo e alla filosofia postmoderna. Il suo lavoro fu fruttuoso anche nel mondo accademico di lingua inglese in un gran numero di discipline tanto che il Times Higher Education Guide lo descrisse nel 2009 come l'autore più citato nel campo umanistico.[83]
Michel Foucault ha introdotto nuovi concetti come "regime discorsivo", o ha ripreso quelli degli antichi filosofi come "episteme" e "genealogia" al fine di spiegare la relazione tra significato, potere e comportamento sociale all'interno degli ordini sociali[84][85][86][87]
«Il postmodernismo è incredulità nei confronti delle metanarrazioni[88]»
Jean-François Lyotard (1924 – 1998), in La condizione postmoderna (1979), dedicandosi in particolare al "postmodernismo", definisce l’epoca attuale, anzi il sapere e la cultura di essa, come «postmoderni» anzitutto perché segnati da una crisi profonda: «la crisi delle grandi narrazioni». Grandi narrazioni (récits), grandi racconti, sono stati per Lyotard i sistemi e le prospettive teoriche della modernità: la volontà illuminista di emancipazione dai dogmi religiosi, l’idea hegeliana di una fine della storia nel trionfo della razionalità, le ideologie egualitarie e totalizzanti (socialismo, comunismo), lo sviluppo dell’economia e della ricchezza, l’onnipotenza della scienza e della tecnica, l’idea di una giustizia universale.
Ora, rispetto a questi grandi ideali (che Lyotard definisce «metanarrazioni») capaci di dare un senso e una legittimità alla nostra esistenza, il «postmoderno» segna un momento di crisi irreversibile, di disincanto, di «incredulità». Di fronte alla complessità crescente della società informatizzata che moltiplica le conoscenze in una miriade di argomenti specialistici, il sapere tradizionale – la sua capacità di legittimare pratiche discorsive, teoriche, ideologiche, politiche dando vita ai sistemi autosufficienti dell’Ottocento – comincia a sgretolarsi.
Il sapere contemporaneo sembra piuttosto segnare un’esplosione di quei sistemi: ciò che Lyotard definisce come «funzione narrativa», cioè l’importanza anche emotiva o psicologica che potevano avere sul soggetto quelle universali sistemazioni di pensiero perde «i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli ed i grandi fini» disperdendosi «in una nebulosa di elementi linguistici narrativi» diversi tra loro, talora incompatibili, comunque irriducibili ad un progetto unitario. E tuttavia quest’età dell’incredulità non produce solo conseguenze negative, non è solo un’età del «disincanto» o dell’incertezza assoluta ma la nostra è anche un’età creativa, dinamica, attenta alle differenze ed alle eterogeneità dei soggetti.
In contrapposizione alle ideologie moderniste e alle utopie illuministe, il postmodernismo dunque ne dichiara la fine e avanza la necessità di una reinterpretazione della storia libera da ogni finalismo, rifacendosi in ambito creativo non tanto ad un nuovo stile quanto alla ripresa di forme estetiche del passato ritenendo degne di considerazione allo stesso modo le opere eminenti e quelle della cultura di massa.[89] In senso letterale il concetto di postmodernismo contiene il senso di una posteriorità nei confronti del moderno, ma non tanto in senso cronologico quanto per "indica[re] piuttosto un diverso modo di rapportarsi al moderno, che non è né di opposizione (antimoderno) né di superamento (ultramoderno)".[90] Il concetto viene applicato a diversi settori culturali: nella teoria critica, in filosofia, design, architettura, arte, musica, letteratura, religione, psicologia, sociologia, cinema ed anche videogiochi.[91][92]
Richard Rorty sostiene che la filosofia analitica contemporanea imita erroneamente i metodi scientifici e denuncia le tradizionali prospettive epistemologiche del rappresentazionalismo e della teoria della corrispondenza che si basano sull'indipendenza dei conoscitori e degli osservatori dai fenomeni e sulla passività dei fenomeni naturali in relazione alla coscienza.[93]
Jean Baudrillard, in Simulacri e simulazione[94], ha introdotto il concetto secondo cui la realtà o il principio di "Reale" è cortocircuitato dall'intercambiabilità dei segni in un'era i cui atti comunicativi e semantici sono dominati dai media elettronici e dalle tecnologie digitali. Baudrillard propone l'idea che, in tale stato, in cui i soggetti sono distaccati dai risultati di eventi (politici, letterari, artistici, personali o di altro tipo), questi accadimenti non esercitano più una particolare influenza sull'argomento né hanno un contesto identificabile; hanno quindi l'effetto di produrre indifferenza diffusa, distacco e passività nelle popolazioni industrializzate. Sostiene inoltre che un flusso costante di apparenze e riferimenti senza conseguenze dirette per gli spettatori o i lettori potrebbe. alla fine. rendere indiscernibile la divisione tra apparenza e oggetto, portando, ironicamente, alla "scomparsa" dell'umanità in ciò che è, in effetti, un virtuale o uno stato olografico, composto solo di apparenze. Per Baudrillard, "la simulazione non è più quella di un territorio, un essere referenziale o una sostanza. È la generazione di modelli di un reale senza origine o una realtà: un iperreale".[95]
Fredric Jameson iniziò uno dei primi trattamenti teorici espansivi del postmodernismo come periodo storico, come una tendenza intellettuale e un fenomeno sociale successivamente ampliato come Postmodernismo, o The Cultural Logic of Late Capitalism (1991) in una serie di conferenze al Whitney Museum, .[96]
In Analysis of the Journey, una rivista nata dal postmodernismo, Douglas Kellner insiste sul fatto che le «ipotesi e le procedure della teoria moderna» devono essere dimenticate. Kellner si riferisce agli studi scientifici e tecnologici come una parte importante della sua analisi evidenziando che la teoria altrimenti sarebbe incompleta.
L'evento degli attacchi dell'11 settembre agli Stati Uniti d'America è il catalizzatore del suo pensiero che intende l'attentato al World Trade Center come una pianificata distruzione di "simboli della globalizzazione". Egli si domanda quindi se gli attacchi possano essere compresi solo come una forma limitata di teoria postmoderna.[97] e conclude che il postmodernismo stesso stabilirà quali esperienze spiegheranno la realtà come oggi la conosciamo.[98]
Il sociologo Zygmunt Bauman ha dato un grande contributo interpretativo in merito ai comportamenti sociali nell'era della postmodernità. Il suo pensiero liquido spiega efficacemente la perdita di punti saldi della società nel suo insieme.[99]
Per Jürgen Habermas, la postmodernità è in realtà presentata come anti-modernità[100]. Definisce i postmodernisti come "giovani conservatori" e afferma che essi recuperano l'esperienza di base della modernità estetica; rivendicano come proprie le confessioni di qualcosa che è soggettivo, liberato dagli obblighi del lavoro e dell'utilità e con questa esperienza escono dal mondo moderno. Questo autore ha difeso la diversità delle diverse culture sotto il primato dei diritti umani come base normativa di "una vita libera dal dominio". Ciò comporta la realizzazione di una seconda illuminazione della modernità, che corregge i suoi fallimenti, preservando al contempo i cittadini e le conquiste democratiche.
Giannina Braschi vive a New York, questa poetessa postmoderna è nota per la sua fantasia urbana e le sue ristrutturazioni linguistiche e strutturali che abbattono le barriere tra finzione, poesia e drammaticità. Il suo lavoro, scritto in tre lingue - spagnolo, spanglish e inglese - esprime il processo culturale di così tanti ispanici che sono emigrati negli Stati Uniti - ed esplora le opzioni politiche di Puerto Rico - nazione, colonia e stato. È autrice del celebre romanzo bilingue "Yo-Yo Boing!" e il classico postmoderno "L'Impero dei sogni". Nel suo nuovo libro, scritto in inglese "Stati Uniti di banana", Braschi drammatizza la caduta dell'impero americano, dichiarando l'indipendenza di Puerto Rico e concedendo passaporti statunitensi a tutti i cittadini latinoamericani.
Per Andreas Huyssen, esiste una relazione tra modernismo estetico e poststrutturalismo (che è una variante del modernismo fiducioso nel suo rifiuto della rappresentazione e della realtà nella sua negazione di soggetto, storia, ecc.). Questo autore sostiene che la cultura postmoderna dovrebbe essere colta nelle loro conquiste e perdite, nelle loro promesse e perversioni cercando di difendere le opere (Hidden Dialect, Guide to postmodernity...) per cui se le avanguardie cercavano di cambiare il mondo, lo stesso valeva per la tecnologia, l'industria culturale, ecc. L'emergere della cultura postmoderna è dovuta alle nuove tecnologie che si basano sul linguaggio: i media e la cultura dell'immagine. Secondo Lyotard infatti, le tecnologie di comunicazione hanno prodotto una società dell'informazione.
Per Vattimo siamo entrati nel postmodernismo, una sorta di "babele informativa", in cui la comunicazione e i media acquisiscono un carattere centrale. La postmodernità segna il superamento della modernità guidata dalle concezioni univoche di modelli chiusi, di grandi verità, di fondamenti coerenti, della storia come traccia unitaria di eventi. La postmodernità apre la strada, secondo Vattimo, alla tolleranza, alla diversità. È la transizione dal pensiero forte e metafisico, da visioni filosofiche del mondo ben definite, da vere credenze, a pensieri deboli, a un modo di debole nichilismo, a un passaggio spensierato e, quindi, lontano dall'acronimo esistenziale. Per Vattimo, le idee di postmodernismo e pensiero debole sono strettamente legate allo sviluppo dello scenario multimediale, con l'assunzione di una posizione mediatica nel nuovo schema di valori e relazioni. Sulla base del lavoro di quell'autore, sono state eseguite più opere nella teoria dei media in postmodernità.
Per Jesús Ballesteros il modello tecnocratico, basato sull'aumento della produzione al minor costo economico, sembra prevalere sempre di più nel mondo, che è accompagnato da disuguaglianze sociali. Contrariamente a questa società, in cui domina ciò che l'autore chiama "postmodernismo come decadenza", propone di radicalizzare le esigenze della ragione e della democrazia, approfondendo le sue radici. Questo è ciò che afferma "la postmodernità come resistenza", la risposta che dà l'autore alle perplessità del nostro tempo.
Per Rosa María Rodríguez Magda, se il postmodernismo avesse postulato la fine delle Grandi Storie, ora saremmo entrati in una nuova fase chiamata Transmodernità, caratterizzata dall'apparizione di una nuova Grande Storia: la globalizzazione. Questo paradigma deve recuperare le sfide della modernità, assumendo critiche postmoderne. La sua teoria è in linea con i contributi di Baudrillard, Bauman e Zizek.
L'idea del postmodernismo in architettura è nata come risposta alla percezione di cecità e al fallito utopismo del movimento moderno. L'architettura moderna, come stabilita e sviluppata da Walter Gropius e Le Corbusier, era focalizzata su:
I critici del modernismo:
Gli studi intellettuali riguardanti il postmoderno e l'architettura sono strettamente legati agli scritti del critico-architetto Charles Jencks, a partire dalle lezioni dei primi anni '70 e dal suo saggio "L'ascesa dell'architettura moderna post" del 1975.[106] La sua opera migliore, tuttavia, è il libro The Language of Post-Modern Architecture, pubblicato per la prima volta nel 1977 uscendo per sette edizioni.[107] Jencks sottolinea che il postmodernismo (come il modernismo) varia per ogni campo dell'arte e che per l'architettura non è solo una reazione al modernismo, ma ciò che definisce una doppia codifica: "Doppia codifica: la combinazione di tecniche moderne con qualcos'altro (di solito un edificio tradizionale) per consentire all'architettura di comunicare con il pubblico a una minoranza interessata, di solito altri architetti."[108] Nel loro libro" Revisiting Postmodernism ", Terry Farrell e Adam Furman sostengono che il postmodernismo ha portato un aspetto più gioioso e sensuale come esperienza nella cultura, in particolare nell'architettura.[109]
Il modernismo ha cercato di progettare e pianificare delle città che seguissero la logica del nuovo modello di produzione industriale in serie; passando a soluzioni su larga scala, standardizzazione estetica e soluzioni di progettazione prefabbricate.[110] Il modernismo ha eroso la vita urbana a causa della sua incapacità di riconoscere le differenze e mirare a paesaggi omogenei (Simonsen 1990, 57). Il libro di Jane Jacobs del 1961 The Death and Life of Great American Cities[111] fu una critica sostenuta della pianificazione urbana come si era sviluppata all'interno del Modernismo e segnò una transizione dalla modernità alla postmodernità nel pensare alla pianificazione urbana (Irving 1993, 479).
Si dice che la transizione dal Modernismo al Postmodernismo sia avvenuta alle 15:32 del 15 luglio 1972, quando il Pruitt-Igoe, un complesso residenziale per persone a basso reddito a St. Louis progettato dall'architetto Minoru Yamasaki – una versione premiata della "macchina per la vita moderna" di Le Corbusier – venne demolito perché ritenuto inabitabile (Irving 1993, 480). Da allora, il postmodernismo ha coinvolto delle teorie che abbracciano e mirano a creare diversità esaltando l'incertezza, la flessibilità e il cambiamento (Hatuka & D'Hooghe 2007) e rifiutando l'utopismo, mentre si abbraccia un modo utopico di pensare e agire.[112] La postmodernità della "resistenza" cerca di decostruire il modernismo ed è una critica delle origini senza necessariamente ritornare ad esse (Irving 1993, 60). Come risultato del postmodernismo, i pianificatori sono molto meno inclini a rivendicare fermamente l'esistenza di un unico "modo giusto" di impegnarsi nella pianificazione urbana e sono più aperti a diversi stili e idee su "come pianificare" (Irving 474).[110][111][112][113]
Lo studio dell'urbanistica postmoderna stessa, ovvero il modo postmoderno di creare e perpetuare la forma urbana, e l'approccio postmoderno alla comprensione della città fu aperto negli anni '80 da quella che si potrebbe chiamare la "Los Angeles School of Geography" incentrata sull'UCLA Dipartimento di Pianificazione negli anni '80, dove la contemporanea Los Angeles era considerata la città postmoderna per eccellenza, in contrapposizione a quelle che erano state le idee dominanti della Scuola di Chicago formata negli anni '20 all'Università di Chicago, con il suo quadro di "ecologia urbana" e la sua enfasi su aree funzionali di utilizzo all'interno di una città e "circoli concentrici" per comprendere l'ordinamento di diversi gruppi di popolazione[114]. Edward Soja della Los Angeles School ha unito le prospettive marxiste e postmoderne e si è concentrato sui cambiamenti economici e sociali (globalizzazione, specializzazione, industrializzazione / deindustrializzazione, neoliberalismo, migrazione di massa) che hanno portato alla creazione di grandi città-regioni con il loro substrato di gruppi di popolazione e usi economici[114][115].
L'arte postmoderna è un corpo di movimenti artistici che hanno cercato di contraddire alcuni aspetti del modernismo o alcuni aspetti che sono emersi o si sono sviluppati in seguito. La produzione culturale che si manifesta come intermedia, arte dell'installazione, arte concettuale, esposizione decostruzionista e multimedia, in particolare con video, è descritta come postmoderna.[116]
La prima menzione del postmodernismo come elemento di design grafico apparve sulla rivista britannica "Design".[117] Una caratteristica del design grafico postmoderno è che "retrò, techno, punk, grunge, beach, parodia e pastiche erano tutte tendenze vistose. Ognuna aveva i suoi siti e luoghi, detrattori e sostenitori".[118]
Il racconto di Jorge Luis Borges (1939), Pierre Menard, autore del Chisciotte, è spesso considerato come la previsione del postmodernismo[119] ed è un esempio di parodia finale.[120] Samuel Beckett è anche considerato un importante precursore. I romanzieri che sono comunemente collegati alla letteratura postmoderna includono Vladimir Nabokov, William Gaddis, Umberto Eco, Pier Vittorio Tondelli, John Hawkes, William S. Burroughs, Giannina Braschi, Kurt Vonnegut, John Barth, Jean Rhys, Donald Barthelme, EL Doctorow, Richard Kalich, Jerzy Kosiński, Don DeLillo, Thomas Pynchon[121] (l'opera di Pynchon è stata anche descritta come "high modern"[122]), Ishmael Reed, Kathy Acker, Ana Lydia Vega, Jáchym Topol e Paul Auster.
Nel 1971, lo studioso arabo-americano Ihab Hassan pubblicò The Dismemberment of Orpheus: Toward a Postmodern Literature, una prima opera di critica letteraria da una prospettiva postmoderna in cui l'autore traccia lo sviluppo di quella che chiama "letteratura del silenzio" attraverso il Marchese de Sade, Franz Kafka, Ernest Hemingway, Samuel Beckett e molti altri, compresi sviluppi come il Teatro dell'Assurdo e il nouveau roman.
In Postmodernist Fiction (1987), Brian McHale descrive in dettaglio il passaggio dal modernismo al postmodernismo, sostenendo che il primo è caratterizzato da un dominio epistemologico e che le opere postmoderne si sono sviluppate dal modernismo e si occupano principalmente di questioni di ontologia.[123] Il secondo libro di McHale, Constructing Postmodernism (1992), fornisce letture di narrativa postmoderna e alcuni scrittori contemporanei che vanno sotto l'etichetta di cyberpunk. "What Was Postmodernism?" Di McHale (2007)[124] segue l'esempio di Raymond Federman nell'usare il tempo passato quando si parla di postmodernismo.
Jonathan Kramer ha scritto che le composizioni musicali d'avanguardia (che alcuni considererebbero moderniste piuttosto che postmoderne) "sfidano più che sedurre l'ascoltatore e si estendono con mezzi potenzialmente inquietanti l'idea stessa di cosa sia la musica".[125] L'impulso postmoderno nella musica classica nacque negli anni '60 con l'avvento del minimalismo musicale. Compositori come Terry Riley, Henryk Górecki, Bradley Joseph, John Adams, Steve Reich, Philip Glass, Michael Nyman e Lou Harrison hanno reagito al percepito elitarismo e al suono dissonante del modernismo accademico atonale producendo musica con trame semplici e armonie relativamente consonanti, mentre altri, in particolare John Cage, hanno sfidato le narrazioni prevalenti di bellezza e obiettività comuni al modernismo.
L'autore del postmodernismo, Dominic Strinati, ha osservato che è anche importante "includere in questa categoria le cosiddette innovazioni musicali "art rock" e il mix di stili associati a gruppi come Talking Heads e artisti come Laurie Anderson, insieme alla "reinvenzione della discoteca" autocosciente dei Pet Shop Boys ".[126]
Le critiche al postmodernismo sono intellettualmente diverse, anche visto che il postmodernismo si realizza in maniere differenti nei vari ambiti culturali.
Dick Hebdige ha criticato la vaghezza del termine, elencando un lungo elenco di concetti altrimenti non correlati che la gente ha designato come "postmodernismo", da "l'arredamento di una stanza" o "un video 'scratch'", alla paura dell'armageddon nucleare e dell’"implosione del significato", e affermava che tutto ciò che poteva significare tutte quelle cose erano "una buzzword".[132]
D'altro canto, il filosofo tedesco Albrecht Wellmer ha affermato che "il massimo del postmodernismo potrebbe essere visto come una forma di autocritica - scettica, ironica, ma inesorabile - di modernismo; un modernismo al di là dell'utopismo, dello scientismo e del fondazionalismo; in breve un modernismo postmetafisico".[133]
Dal punto di vista filosofico, i critici sostengono la tesi secondo cui il postmodernismo non avrebbe senso e promuoverebbe l'oscurantismo.
In parte in riferimento al postmodernismo, il filosofo inglese conservatore Roger Scruton scrisse: "Uno scrittore che afferma che non ci sono verità, o che tutta la verità è 'semplicemente relativa', ti sta chiedendo di non credergli."[134]
Il filosofo cristiano William Lane Craig ha dichiarato: "L'idea che viviamo in una cultura postmoderna è un mito. In effetti, una cultura postmoderna è un'impossibilità; sarebbe assolutamente invivibile. Le persone non sono relativiste quando si tratta di scienza, ingegneria e tecnologia; piuttosto, sono relativisti e pluralisti in materia di religione ed etica. Ma, naturalmente, questo non è postmodernismo; è modernismo!"[135]
Lo psicoterapeuta e filosofo francese Félix Guattari, spesso considerato un "postmoderno", ha respinto le sue ipotesi teoriche sostenendo che le visioni strutturalista e postmoderna del mondo non erano abbastanza flessibili da cercare allo stesso tempo spiegazioni in ambiti psicologici, sociali e ambientali.[136]
Daniel A. Farber e Suzanna Sherry hanno criticato il postmodernismo per aver ridotto la complessità del mondo moderno a un'espressione di potere e per aver minato verità e ragione:
«Se l'era moderna inizia con l'Illuminismo europeo, l'era postmoderna che affascina i multiculturalisti radicali inizia con il suo rifiuto. Secondo i nuovi radicali, le idee ispirate all'Illuminismo che hanno precedentemente strutturato il nostro mondo, in particolare le parti legali e accademiche di esso, sono una frode perpetrata e perpetuata dai maschi bianchi per consolidare il proprio potere. Chi non è d'accordo non è solo cieco ma bigotto. L'obiettivo dell'Illuminismo di una base oggettiva e ragionata per conoscenza, merito, verità, giustizia e simili è un'impossibilità: "l'obiettività", nel senso standard di giudizio che trascendono le prospettive individuali, non esiste. Il motivo è solo un'altra parola in codice per le visioni dei privilegiati. L'Illuminismo stesso ha semplicemente sostituito una visione socialmente costruita della realtà con un'altra, confondendo il potere con la conoscenza. Non c'è altro che potere.[137]»
Il linguista e filosofo Noam Chomsky ha affermato che il postmoderno non ha senso perché non aggiunge nulla alla conoscenza analitica o empirica. Si chiede perché gli intellettuali postmodernisti non rispondano come le persone in altri campi quando gli viene chiesto: "quali sono i principi delle loro teorie, su quali prove si basano, cosa spiegano che non era già ovvio, ecc.? ... Se [queste richieste] non possono essere soddisfatte, suggerirei il ricorso al consiglio di Hume in circostanze simili: "alle fiamme".[138]
Una critica formale e accademica al postmoderno può essere trovata in Beyond the Hoax del fisico belga Alan Sokal e in Fashionable Nonsense di Sokal e Jean Bricmont, entrambi relativi al cosiddetto affare Sokal. Nel 1996, Sokal scrisse un articolo deliberatamente privo di senso[139] in uno stile simile agli articoli postmodernisti, che fu accettato per la pubblicazione dalla rivista postmoderna di studi culturali Social Text. Lo stesso giorno dell'uscita pubblicò un altro articolo in un'altra rivista che spiegava la bufala dell'articolo su Social Text.[140][141] Il filosofo Thomas Nagel ha sostenuto Sokal e Bricmont, descrivendo il loro libro Fashionable Nonsense come costituito in gran parte da "ampie citazioni di incomprensibilità scientifica di intellettuali francesi di marca, insieme a spiegazioni stranamente pazienti del perché è incomprensibile"[142] e concordando sul fatto che "sembra esserci qualcosa nella scena parigina che è particolarmente ospitale per la verbosità spericolata."[143]
Un esempio più recente della difficoltà di distinguere studi insensati dai veri studi postmoderni sono l'affare Grievance Studies[144][145][146][147] e, per quel che riguarda studi scientifici, l'affare Bogdanov.
Il filosofo analitico Daniel Dennett ha dichiarato: "Il postmoderno, la scuola del pensiero che ha proclamato che 'non ci sono verità, solo interpretazioni', è ampiamente scesa nell'assurdo, ma ha lasciato dietro di sé una generazione di accademici nelle discipline umanistiche resi disabili dalla loro sfiducia nell'idea stessa della verità e dalla loro mancanza di rispetto per l'evidenza, accontentandosi di 'conversazioni' in cui nessuno ha torto e nulla può essere confermato, affermato solo con qualunque stile si possa cogliere".[148]
Richard Caputo, William Epstein, David Stoesz e Bruce Thyer considerano il postmodernismo un "vicolo cieco nell'epistemologia del lavoro sociale". Essi scrivono:
«Il postmoderno continua ad avere un'influenza dannosa sul lavoro sociale, mettendo in discussione l'Illuminismo, criticando i metodi di ricerca consolidati e sfidando l'autorità scientifica. La promozione del postmodernismo da parte degli editori di Social Work e del Journal of Social Work Education ha elevato il postmodernismo, mettendolo alla pari con la ricerca guidata dalla teoria e fondata su basi empiriche. L'inclusione del postmodernismo nella politica educativa del 2008 e gli standard di accreditamento del Consiglio sull'educazione del lavoro sociale e il suo seguito del 2015 erodono ulteriormente la capacità di formazione della conoscenza degli educatori del servizio sociale. In relazione ad altre discipline che hanno sfruttato metodi empirici, la statura del lavoro sociale continuerà a diminuire fino a quando il postmodernismo non sarà rifiutato a favore di metodi scientifici per la generazione di conoscenza.[149]»
H. Sidky ha sottolineato ciò che vede come diversi "difetti intrinseci" di una prospettiva post-moderna di antiscienza, inclusa la confusione dell'autorità della scienza (prove) con lo scienziato che trasmette la conoscenza; la sua affermazione contraddittoria che tutte le verità sono relative; e la sua ambiguità strategica. Vede gli approcci anti-scientifici e pseudo-scientifici del XXI secolo alla conoscenza, in particolare negli Stati Uniti, radicati in un "assalto accademico decennale postmoderno alla scienza":
«Molti di coloro che sono stati indottrinati nell'anti-scienza postmoderna sono diventati leader politici e religiosi conservatori, politici, giornalisti, redattori di giornali, giudici, avvocati e membri dei consigli comunali e dei consigli scolastici. Purtroppo, hanno dimenticato gli alti ideali dei loro insegnanti, tranne per il fatto che la scienza è falsa.[150]»
L'accademica e esteta americana Camille Paglia ha dichiarato: "Il risultato finale di quattro decenni di postmodernismo che permea il mondo dell'arte è che ci sono pochissimi lavori interessanti o importanti in questo momento nelle belle arti. L'ironia è stata una posizione audace e creativa quando Duchamp ha creato ma ora è una strategia completamente banale, esausta e noiosa. Ai giovani artisti è stato insegnato a essere "cool" e "alla moda" e quindi dolorosamente autocoscienti. Non sono incoraggiati a essere entusiasti, emotivi e visionari. Sono stati tagliati fuori dalla tradizione artistica dallo scetticismo paralizzato sulla storia secondo il quale sono stati insegnati da postmodernisti ignoranti e solipsistici, in breve, il mondo dell'arte non potrà mai rivivere fino a quando il postmodernismo non svanirà. Il postmodernismo è una piaga per la mente e il cuore."[151]
Christopher Hitchens nel suo libro, Why Orwell Matters, scrive, sostenendo l'espressione semplice, chiara e diretta delle idee, "la tirannia dei postmodernisti logora le persone per noia e per prosa semi-letterata".[152]
Lo storico americano Richard Wolin fa risalire le origini del postmodernismo alle radici intellettuali del fascismo, scrivendo che "il postmodernismo è stato alimentato dalle dottrine di Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Maurice Blanchot e Paul de Man — che hanno prefigurato o ceduto al proverbiale fascino intellettuale per il fascismo. "[153]
Il marxista britannico di origine zimbawese Alex Callinicos afferma che il postmodernismo "riflette la generazione rivoluzionaria delusa del '68 e l'incorporazione di molti dei suoi membri nella 'nuova classe media' professionale e gestionale. È meglio leggerlo come un sintomo di frustrazione politica e di mobilità sociale piuttosto che un significativo fenomeno intellettuale o culturale a sé stante."[154]
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