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scrittore austriaco Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Hermann Broch (Vienna, 1º novembre 1886 – New Haven, 30 maggio 1951) è stato uno scrittore e drammaturgo austriaco naturalizzato statunitense.
Hermann Broch nacque a Vienna da una famiglia di ebrei benestanti attivi nell'industria tessile.[1]Il padre era un noto industriale che produceva tende e tessuti d'arredamento per interni. Da ragazzo Broch lavorò per un certo periodo nella fabbrica di famiglia, coltivando privatamente i suoi interessi letterari. Dopo avere terminato le scuole secondarie superiori all'istituto tecnico-industriale per periti aziendali, proprio in vista del suo impegno nella fabbrica di famiglia a Teesdorf, Broch sostituì il padre, che nel frattempo si era ammalato, alla conduzione dell'azienda.
Nel 1909 sposò Franziska von Rothermann, figlia di un imprenditore. L'anno dopo nacque Hermann Friedrich Maria. In seguito Broch cominciò a frequentare altre donne e il matrimonio finì col divorzio nel 1923.
Nel 1927, alla morte del padre, vendette l'industria tessile e decise di studiare matematica, filosofia, e psicologia all'Università di Vienna, senza proporsi l'obiettivo della laurea. Intraprese una vera e propria carriera letteraria solamente intorno ai quarant'anni. Conobbe Robert Musil, Rainer Maria Rilke, Elias Canetti, Leo Perutz e molti altri intellettuali. A 45 anni pubblicò il primo romanzo, I sonnambuli (Die Schlafwandler, 1931), una trilogia in cui sviluppa una nuova forma di narrazione sul tema della corruzione dei valori della società contemporanea attraverso uno studio dell'impero tedesco durante il regno di Guglielmo II. In seguito si recò in Tirolo, dove iniziò la stesura del romanzo Il tentatore (Der Versucher, uscito postumo nel 1953).
Nel 1938, in seguito all'annessione dell'Austria al Reich, fu arrestato e rinchiuso in un carcere nazista. Liberato grazie all'aiuto di un gruppo di amici, tra cui anche James Joyce, emigrò dapprima in Gran Bretagna, quindi negli Stati Uniti, dove ottenne la cittadinanza americana e la cattedra di tedesco all'università Yale. Qui egli portò a termine La morte di Virgilio e cominciò a lavorare ad un saggio sul comportamento di massa, che rimase incompiuto e fu pubblicato postumo col titolo Psicologia delle masse. Si convertì al Cattolicesimo.
Hermann Broch morì nel 1951 a New Haven nel Connecticut; è sepolto nel cimitero di Killingworth.
Una delle opere principali, La morte di Virgilio (Der Tod des Vergil), che iniziò a scrivere durante la prigionia in un campo di concentramento, fu pubblicata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1945 e contemporaneamente tradotta in inglese. Questo grande e difficile romanzo, nel quale realtà, allucinazione, poesia, prosa si mescolano, ripropone le ultime ore di vita del poeta latino Virgilio a Brindisi, la sua decisione di bruciare l'Eneide (non osservata dall'imperatore Augusto) e l'accettazione del proprio destino. A questo libro si è ispirato il compositore francese Jean Barraqué per alcune opere.
Altre opere importanti sono I sonnambuli (1932) e Gli innocenti (1950). Nella trilogia I sonnambuli Broch sviluppa il tema della "degenerazione dei valori". Milan Kundera, la cui scrittura è stata assai influenzata da Broch, ha grandemente apprezzato la trilogia.
Broch dimostra capacità di padroneggiare un'ampia gamma stilistica, dalla garbata parodia di Theodor Fontane nel primo volume dei Sonnambuli, ai tratti saggistici del terzo volume, fino al monologo interiore della Morte di Virgilio.
Altre opere di Broch sono il dramma Perché non sanno quel che fanno (Denn sie wissen nicht, was sie tun, 1936), il romanzo Gli innocenti (Die Schuldlosen, 1950), alcuni racconti, i saggi critici su James Joyce, Hugo von Hofmannsthal, sull'eredità mitica della poesia; scrisse inoltre poesie.
Erich Heller ha osservato che se "La morte di Virgilio è il suo capolavoro, [...] è un capolavoro molto problematico, perché tenta di dare forma letteraria alla crescente avversione dello scrittore per la letteratura. Proprio nell'anno in cui il romanzo fu pubblicato, Broch espresse un "profondo disgusto" per la letteratura in quanto tale, "dominio della vanità e della menzogna". Scritto con un'esuberanza lirica e paradossale, è la registrazione immaginaria dell'ultimo giorno del poeta e della sua rinuncia alla poesia. Ordina che il manoscritto dell'Eneide sia distrutto, non perché incompleto o imperfetto, ma perché poesia e non "conoscenza". Aggiunge anche che le Georgiche sono inutili e valgono meno di qualsiasi trattato di agricoltura. L'imperatore Augusto, suo amico, non rispetta le sue volontà e così le sue opere sono salve"[2].
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