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insieme di popolazioni stanziatesi nell'Italia antica a partire dal XIII secolo a.C. Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Con il nome di popoli dell'Italia antica[1] si indicano quelle popolazioni stanziate nella penisola italiana durante l'età del ferro e prima dell'ascesa di Roma.
Questi popoli non erano tutti imparentati sul piano linguistico o genetico. La conformazione dell'Italia, lunga penisola distesa nel mar Mediterraneo, ne favorisce infatti i rapporti con le regioni circostanti, ma, al tempo stesso, la sua natura prevalentemente montuosa tende a separare e isolarne le popolazioni entro aree geografiche circoscritte.
Sul piano linguistico, la maggioranza dei popoli parlava lingue indoeuropee. In particolare, si annoverano i popoli italici propriamente detti, cioè quelli che parlavano lingue italiche, e popoli che parlavano lingue indoeuropee non italiche come i colonizzatori di lingua greca. Infine, altri popoli parlavano lingue non indoeuropee. La classificazione di un certo numero di queste civiltà non è stata ancora chiarita. Il celebre studioso italiano Giacomo Devoto sosteneva la tesi secondo cui le varietà indoeuropee che confluirono in Italia furono "infinite".[2]
L'Italia era già abitata dalla preistoria da popolazioni neolitiche. Contemporaneamente alla diffusione della lavorazione dei metalli, migrarono in Italia nuove popolazioni organizzate in società patriarcali e guerriere, parlanti lingue indoeuropee. Le migrazioni di popolazioni indoeuropee in Italia, provenienti principalmente da nord delle Alpi, avvennero in diverse ondate.[3]
Una prima ondata migratoria indoeuropea sarebbe avvenuta intorno alla metà del III millennio a.C., a opera di popolazioni che importarono la lavorazione del rame. Caratteristiche di questo periodo sono le statue stele (o statue menhir), nelle quali sono spesso scolpite armi e simboli solari, apparentemente segni distintivi indoeuropei.[4]
Una seconda ondata, avvenuta fra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C., portò alla diffusione delle popolazioni del bicchiere campaniforme[5] nella pianura padana, in Toscana e nelle zone costiere occidentali di Sardegna e Sicilia. Queste genti influenzarono fortemente anche le successive culture dell'età del bronzo antico (Polada, Bonnanaro ecc.).
Durante la metà del II millennio a.C., nella pianura padana a sud del Po si sviluppa la civiltà delle terramare. A partire dagli studi di Luigi Pigorini del XIX secolo, questa civiltà è stata associata agli Italici, i quali, dopo la grave crisi del XII secolo a.C. che colpì il sistema terramaricolo, provocando la scomparsa della maggior parte degli insediamenti, migrarono a sud, installandosi presso le locali comunità di cultura appenninica[6] e dando origine al proto-villanoviano. Nella prima età del ferro, la cultura proto-villanoviana si diversifica a sua volta in differenti facies regionali che diedero origine alle "nazioni italiche": la cultura Atestina (Proto-Veneti), Laziale (Latini), Villanoviana (Etruschi), Sicula (Siculi) etc.[7][8].
Nell'Italia nordoccidentale la media e tarda età del bronzo è caratterizzata dall'aspetto Canegratese - Golasecchiano forse da collegare alla popolazione proto-celtica dei Leponti o Leponzi.
Per affinità etnico-linguistica, si è soliti considerare sia i Latino-falisci che gli Osco-Umbri come appartenenti alla famiglia linguistica italica. Questi due gruppi di popolazioni, parlavano lingue come l'osco, i dialetti sabellici, l'umbro, il latino, il siculo ecc.[9] sono stati successivamente suddivisi in due distinti rami indoeuropei, chiamati lingue italiche occidentali (Latino-Falisco) e lingue italiche orientali (Osco-Umbre), ipotizzando che derivino da due distinte migrazioni indoeuropee.
Le popolazioni di lingua indoeuropea giunte nella penisola si sarebbero sovrapposte a quelle più antiche, di origine neolitica, oppure si mescolarono a esse, dando origine ai gruppi Osco-Umbri, ai Latini e loro affini, ai Siculi in Sicilia.
Le antiche popolazioni dell'Italia contemporanea nel loro complesso possono classificarsi in:
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