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scrittore, storico e politico italiano (1897-1980) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Pier Francesco Bargellini, conosciuto come Piero (Firenze, 5 agosto 1897 – Firenze, 28 febbraio 1980) è stato uno scrittore, politico e dirigente pubblico italiano, sindaco di Firenze durante l'alluvione del 1966.
Piero Bargellini | |
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Sindaco di Firenze | |
Durata mandato | 1º agosto 1966 – 3 novembre 1967 |
Predecessore | Adriano Monarca |
Successore | Luciano Bausi |
Senatore della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 1968 – 1972 |
Legislatura | V |
Gruppo parlamentare | Democrazia Cristiana |
Circoscrizione | Firenze I |
Sito istituzionale | |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 1972 – 1976 |
Legislatura | VI |
Gruppo parlamentare | Democrazia Cristiana |
Collegio | Firenze |
Incarichi parlamentari | |
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Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Democrazia Cristiana |
Titolo di studio | Geometra |
Università | Istituto tecnico per geometri Gaetano Salvemini |
Professione | Pubblicista, scrittore |
Nato nel 1897 in una famiglia benestante, iniziò la sua formazione in scuole tecniche, seguendo l'indirizzo ed i consigli del padre, che era ingegnere dell'Istituto Geografico Militare. Si diplomò geometra nel 1914 all'istituto Tecnico fiorentino ed ebbe come compagno Carlo Betocchi, futuro poeta e amico stimato per tutta la vita, anche quando i loro percorsi divergeranno.
Durante la Grande Guerra fu sottotenente del 19º Artiglieria di campagna e si distinse per il suo coraggio. Dopo la guerra iniziò a frequentare la Facoltà di Agraria dell'Università di Pisa, ma abbandonò ben presto gli studi tecnici per frequentare i corsi di lettere, e poi i corsi di pittura presso l'Accademia di Belle Arti.
Abbandonata l'università, ottenne l'abilitazione magistrale. Maestro elementare, poi direttore didattico, nel 1937 fu nominato, per meriti eccezionali, ispettore centrale del ministero dell'Educazione Nazionale, incarico che lasciò nel 1948.
Era nonno di Sara Funaro, a sua volta eletta sindaca di Firenze nel 2024[1].
Bargellini fu un animatore del dibattito culturale cattolico: dopo aver fondato e diretto dal 1923 il Calendario dei pensieri e delle pratiche solari, nel 1929 fondò Il Frontespizio, periodico cattolico di cultura e apologetica del quale fu direttore e ispiratore fino al 1938. Carlo Betocchi e Nicola Lisi furono i primi collaboratori. Per Il Frontespizio scrissero Mario Luzi, lo stesso Betocchi, Carlo Bo e Giuseppe De Luca.
Dopo aver lasciato la direzione della rivista (che venne chiusa nel 1940) si occupò soprattutto di divulgazione popolare. S'interessò in particolare di storia e di arte e dedicò gran parte delle sue pubblicazioni a Firenze, che fece conoscere e amare anche agli stessi fiorentini. Si dedicò inoltre alla redazione di molti testi scolastici e didattici ed approfondì le sue conoscenze letterarie, confluite poi nell'opera in due volumi Pian dei Giullari, panorama storico della letteratura italiana (1946-1950).
Accolse sulle pagine di Frontespizio scritti che criticavano la filosofia del regime, fino all'articolo di Giovanni Papini Razzia dei Razzisti (dicembre 1934), dura reprimenda di ogni discriminazione. Le ragioni della sua supposta ma infondata adesione al Manifesto della razza in appoggio all'introduzione delle leggi razziali fasciste non sono solo controverse ma addirittura false, come documentato dall'Osservatore Romano pag. 5 18/19 Giugno 2012 soprattutto considerati i toni di accorata protesta riscontrabili nel contemporaneo epistolario con Papini (Roma, 2006). Lui stesso scrisse (luglio 1938) il coraggioso articolo di dissenso O razza, o stirpe, o schiatta sempre per la rivista Frontespizio.
Bargellini fu uno scrittore molto prolifico, profondamente consapevole e fiero della sua "fiorentinità". Fu divulgatore e ambasciatore della cultura e dell'arte fiorentina nel mondo. Prosatore arguto e vivace, tanto da ricordare talvolta Giovanni Papini, dedicò i suoi studi e le sue fatiche letterarie alla storia, all'arte e alla spiritualità. I suoi lavori più belli sono forse i ritratti di santi e poeti, di ambienti e periodi storici e artistici, soprattutto della sua amata Toscana.
Raggiunse una certa notorietà con le sue prime opere: Fra Diavolo (1932) e San Bernardino da Siena (1933). L'ispirazione cattolica ed apologetica lo guidò fin dall'inizio della sua attività culturale e letteraria, tesa a propiziare l'incontro tra la fede e la cultura. Non è un caso che proprio una delle prime opere di Bargellini, Figlio dell'Uomo, Figlio di Dio, edita nel 1933 da Morcelliana, sia stata scritta a quattro mani con il presbitero lucano Giuseppe De Luca, pensatore e rigoroso studioso; con lo stesso don De Luca scrisse "Dall'antico al nuovo Adamo" nel 1935 e "La barca del pescatore" nel 1938, sempre editi da Morcelliana.
I suoi scritti di spiritualità sono stati dedicati per lo più all'agiografia. In tal genere fu capace di raccogliere le tradizioni e le leggende con simpatia e, pur correggendo il facile amore popolare per il meraviglioso, lo indirizzò nuovamente all'evangelica sostanza senza cancellarne il ricordo. Eccellenti opere letterarie sono la biografia di san Bernardino da Siena (per stendere quest'opera pregevole egli attinse abbondantemente dai Sermoni dell'illustre Santo toscano) e la biografia di san Francesco; scrisse anche la prefazione alla pubblicazione delle opere di Camilla da Varano, ossia la clarissa sr. Battista. A livello popolare furono molto noti i volumi sui Santi del giorno, trascritti da conversazioni radiofoniche quotidiane.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale Bargellini aderì alla Democrazia Cristiana.
Per la sua comprovata competenza letteraria ed artistica, e certamente anche per la sua fede cattolica, Giorgio La Pira, detto il "Sindaco Santo" di Firenze, lo volle accanto a sé come assessore alle Belle Arti e alla Pubblica Istruzione. Sotto la sua guida fu istituito un Comitato per l'Estetica Cittadina, ente benemerito che restauratò palazzi, monumenti e tabernacoli; tra l'altro rieresse la colonna dell'Abbondanza e la loggia del Pesce, che erano stati smantellati sett'antanni prima durante il "risanamento" del Mercato Vecchio. Con la sua attività fu inoltre riscattato il Forte Belvedere, rinnovate le mense scolastiche, creata la Mostra dell'Antiquariato e furono potenziati il Maggio Musicale Fiorentino e la Mostra dell'Artigianato.
«Fiorentini! In questo momento mi giunge la triste notizia che l'acqua dell'Arno è arrivata in Piazza del Duomo. In alcuni quartieri l'alluvione giunge al primo piano. Ed è lì che deve giungere anche l'aiuto più urgente della città. Invito tutti alla calma e a ridurre al minimo la circolazione, mentre prego i possessori di battelli di gomma e di mezzi anfibi, anche in plastica, di farli affluire in Palazzo Vecchio, per gli immediati soccorsi sanitari, alimentari e di salvataggio. Importante è che vengano segnalati all'ufficio di Palazzo Vecchio i casi veramente urgenti e drammatici!»
Nel 1966 lui stesso fu eletto sindaco di Firenze, rimanendo in carica fino all'anno successivo (1967).
Affrontò con coraggio i giorni drammatici dell'alluvione abbattutasi sulla città nei primi di novembre del 1966, chiamando a raccolta tutte le forze cittadine e non (basti pensare ai coraggiosi bagnini della Versilia giunti in città con pattìni e gommoni) venendo in seguito ricordato da tutti come il "Sindaco dell'alluvione". Nei giorni successivi al disastro per far fronte alla situazione d'emergenza Bargellini, coadiuvato dalla prefettura fiorentina, utilizzò le unità dell'esercito inviate in città per liberare le strade dal fango, mise al lavoro gli operai della Nuova Pignone e i sommozzatori della polizia di stato per ripristinare i servizi idrici e liberare le fogne[3] e requisì abitazioni private sfitte per alloggiarvi temporaneamente gli sfollati. Sul lungo periodo cercò di stimolare la ripresa economica attraverso la circolazione del denaro in città ed i consumi distribuendo le offerte di denaro provenienti da tutto il mondo, stimolando la creazione di fondi per gli artigiani e le piccole imprese sinistrate, istituendo un fondo per chi nell'alluvione aveva perso tutto il proprio mobilio[4], raccogliendo e distribuendo stufe a gas e a cherosene per combattere l'umidità ed i rigori dell'inverno[5].
In quel momento difficile il sindaco lamenterà la poca attenzione data inizialmente dai telegiornali alla catastrofe abbattutasi sulla città oltre che i ritardi negli aiuti (che per i primissimi tempi arrivarono solamente dagli angeli del fango) da parte dello stato centrale non pienamente cosciente del dramma fiorentino. L'azione di Bargellini riuscirà a riportare la città ad una sorta di normalità in poche settimane, tanto che fu possibile addobbare il centro storico per le feste di Natale con alberi decorati con residuati dell'alluvione. In quei giorni, in qualità di sindaco, ebbe modo di incontrare, tra gli altri, Amintore Fanfani, i ministri Paolo Emilio Taviani, Giovanni Pieraccini, Luigi Gui, il presidente del consiglio Aldo Moro, il presidente del Senato Cesare Merzagora, il presidente della repubblica Giuseppe Saragat, Papa Paolo VI e Ted Kennedy venuti a visitare la città dopo l'alluvione.
Non tutti ricordano che nel novembre 1966, al momento dell'alluvione, la giunta comunale fiorentina guidata da Bargellini era dimissionaria dalla fine di settembre ed avrebbe dovuto rassegnare l'incarico l'8 novembre[6]. Come raccontò la figlia Bernardina Bargellini Nardi nel libro intitolato L'alluvione di Piero Bargellini, durante l'inondazione anche il palazzo ove abitavano i Bargellini, situato nel quartiere di Santa Croce, fu duramente colpito dalle acque, da allora il sindaco venne chiamato dalla popolazione, con umorismo tipicamente fiorentino, "primo alluvionato" anziché primo cittadino.
La sua vita politica, negli anni seguenti, proseguì in Parlamento venendo eletto nel 1968 al Senato e, successivamente, nel 1972 alla Camera dei deputati.
Morì il 28 febbraio 1980 all'età di 82 anni. Vennero pubblicate su di lui postume pagine autobiografiche. Fu sepolto nel cimitero di Trespiano a Firenze. Il 18 gennaio 1988 gli venne intitolato nella sua città il largo Bargellini presso la basilica di Santa Croce, non lontano dal palazzo in cui abitò in via delle Pinzochere.
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