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piano altitudinale Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il piano alpino è un piano altitudinale, posto al di sotto del piano nivale o culminale, e al di sopra del piano montano, estendendosi dai 2000–2200 m ai 2600–3000 m s.l.m.
Corrisponde alla zona innevata solo nei mesi dell'inverno alpino (ottobre - aprile). In estate i suoi pendii sono coperti di vegetazione, hanno suoli moderatamente maturi e quasi completi. Tale vegetazione è detta "ipsòfila" (dal greco ύψος = altezza, cima e φιλέιν = amare).
Il piano alpino è compreso fra due linee virtuali: quella superiore (a quota 2600–3000 m) detta "orizzonte nivale", che lo separa del sovrastante piano nivale, e quella inferiore (a quota 2000–2200 m) detta "orizzonte alpino", che lo separa dal sottostante piano montano.
Il piano alpino, nella parte alta è il piano delle praterie e dei pascoli alpini, mentre nella sua parte inferiore è il piano degli arbusteti e degli alberi nani. È dunque suddiviso in due ulteriori fasce: il piano alpino superiore, o piano subnivale (dai 2400 ai 2600–3000 m di altitudine) e il piano alpino inferiore (dai 2000-2200 ai 2400 m di altitudine). La linea che divide questi due piani secondari prende il nome di "orizzonte subnivale" o "della vegetazione prativa" e si colloca attorno ai 2400 m di quota:
Ogni orizzonte coincide con il limite altitudinale di un determinato tipo di vegetazione: l'orizzonte nivale (2600–3000 m) corrisponde al limite superiore della vegetazione prativa continua, l'orizzonte subnivale (2400 m) a quello della vegetazione arbustiva e arborea isolata e l'orizzonte alpino (2000–2200 m) è il limite superiore della vegetazione arborea forestale. Quest'ultimo orizzonte non è difficile da individuare, perché, contrariamente agli altri (che consistono in linee molto irregolari, influenzate dalla morfologia, dall'innevamento e dai microclimi in generale), esso segue la linea terminale dei boschi (peccete, cembrete e lariceti), linea che non di rado è diritta e continua (salvo presenza di rupi o interventi umani di disboscamento per ricavare pascoli) e segue una isoipsa che sui versanti aprici (esposti a sud) corre fra i 2200–2400 m circa, mentre sui versanti bacìi (esposti a nord) è posta tra i 1800 e i 2000 m.
Il piano alpino possiede un clima che rispetto a quello del piano nivale è nettamente più mite, meno incostante e meno soggetto a subitanee ed estreme variazioni, pur mantenendosi tra i climi molto freddi. La stagione invernale è, relativamente all'altitudine, più corta e va da ottobre ad aprile, con temperature massime di poco inferiori agli 0 °C, ma che possono scendere sino a -25°. Anche il periodo estivo (da maggio a settembre) presenta notevoli variazioni ed escursioni termiche, specie nei mesi di transizione (marzo, aprile e ottobre). La differenza di temperatura fra notte e giorno raggiunge i 15 - 20°, e quella fra parti esposte al sole e parti in ombra i 5 - 10°. Il valore massimo estivo, sempre superiore agli 0°, può scendere di 5 - 10° per la copertura del cielo, mentre la temperatura estiva giornaliera oscilla tra i +20 e 0° a 2000 m, e tra i +15 e i -5° a 2500 m. Variazioni improvvise interessano anche l'umidità relativa dell'aria, che può passare dal 35 al 90%, come anche la ventosità, che resta irregolare ma contenuta nei valori massimi. Complessivamente, un clima freddo e incostante, ma che non mette alla prova con valori eccessivi le funzioni vitali della vegetazione. Inoltre, rispetto al piano nivale, diminuisce molto la presenza di microclimi con accentuate differenze di parametri.
Lungo i pendìi, nelle vallette e sui dossi che si dipartono dalle zone culminali sotto l'orizzonte nivale, il suolo si arricchisce e tende a completarsi e ad acidificarsi (anche su rocce calcaree) a causa dell'aumento di humus, della diffusione dell'acido carbonico e della respirazione delle piante. Non è da trascurare anche l'effetto acidificatore e nitrificatore delle deiezioni dei bovini pascolanti, che spesso svolge un ruolo importante di arricchimento nei terreni più magri e dilavati. Il completamento dei suoli alpini nelle zone dei prati - pascoli inizia con una forte diminuzione dello scheletro (i sassi si fanno sempre più radi) e con la comparsa progressiva, dai terreni più alti a quelli più bassi, degli orizzonti "A2", "B1" e "B2".
La sequenza dei suoli calcarei, partendo dal limite dell'orizzonte nivale è la seguente:
Nei suoli silicei le rendzine iniziali hanno già un pH = 6. La composizione e le trasformazioni dei suoli alpini sono fenomeni non ancora interamente spiegati, data anche la varietà degli ambienti e dei fattori coinvolti.
Nelle associazioni, qui descritte in modo assai sintetico, sono citate solo le specie rappresentative e quelle frequenti.
Piano dei prati e dei pascoli alpini continui.
Il curvuleto, da Carice ricurva (Carex curvula) è un'associazione erbacea che raggiunge le quote più alte e i pendii più impervi, inserendosi spesso nel piano nivale. Pascolo molto magro, vegeta in suoli preferibilmente silicei o misti, ma si adatta anche ad ambienti calcarei. In condizioni climatiche meno difficili e soprattutto su pendii ripidi aprici domina la Carex varia, dando luogo ai "Varieti", che possono spingersi sino a quote assai più basse. Esempi: Versante camuno del Passo del Gavia, Versante orientale del Monte Baldo, Coste del M. Sabbione (Valli del Gesso di Entracque).
Il curvulo-nardeto (da Carex curvula e Nardus stricta), si forma quando il nardeto (altro pascolo magro) si spinge in alto sino ad associarsi alla Carice.
Il firmeto (da Carex firma), forma cuscinetti "a gradino" sui pendìi più ripidi. Prezioso per limitare l'erosione.
Il nardeto (da Avenilla flexuosa e Nardus stricta), è un'associazione acidofila degli alti pascoli.
Il festuceto (da Festuca alpestris e Festuca varia) è presente sia su suoli acidi che alcalini e sovente, nelle parti più elevate, si mescola al nardeto.
Il seslerieto (da Sesleria coerulea)
Il Loiseleurieto (da Loiseleuria procumbens) forma dei pascoli a brughiera che precedono il piano alpino inferiore. Può essere presente sia in terreni silicei che in suoli calcarei.
È il piano degli arbusteti e delle specie arboree nane o contorte. Salendo, rappresenta l'inizio dell'ambiente autenticamente alpino, privo di alberi e luogo di alterna copertura di prati e arbusti, interfaccia fra l'Alpe boscosa e l'Alpe prativa, sotto la fascia delle vette. Qui, oltre il limite della vegetazione arborea, si spingono gli arbusti e le specie arboree pioniere che assumono le forme più adatte alla sopravvivenza: contorte, nane, prostrate.
I Rododendri (chiamati anche "Rose delle Alpi") sono gli arbusti più noti, per la loro ricca fioritura che si prolunga spesso sino ad agosto inoltrato. Il rodoreto non forma una vera e propria associazione, ma negli spazi liberi accoglie molte specie, spesso provvisorie, di cui le più frequenti e ricercate sono il Mirtillo nero, la Genziana gialla e l'Arnica.
Su terreni alcalini il Rhododendron hirsutum può accompagnarsi a Salici nani e specie erbacee dei pascoli calcarei, quali la Sesleria coerulea.
Quando molte ericacee, per diverse condizioni ambientali, non escluso l'intervento umano, vengono a trovarsi assieme nella formazione di arbusteti relativamente ampi, risulta legittimo parlare di Brughiera alpina, in senso più morfologico e funzionale che (geobotanicamente) strutturale. Le principali ericacee coinvolte sono:
Lungo i versanti bacìi e umidi, su terreni silicei, e specialmente a fianco dei corsi d'acqua, si diffondono i popolamenti di Alnus viridis (Ontano verde). Specie igrofila, molto resistente, funge da specie pioniera per le peccete (Picea excelsa o Abete rosso), sopravanzandole oltre il limite degli alberi. L'Ontano si associa con specie varie a seconda dell'altitudine. Per questa pianta arbustiva e anche arborescente, estremamente adattiva, la fascia altitudinale di attecchimento è particolarmente estesa e va dai 600 ai 2800 m. A quote inferiori gli subentra l' Alnus glutinosa.
Sempre contorti, striscianti, in grex prostrata, i ginepri nani giungono dalle dune marine a queste altitudini e le superano anche (3500 m sul Monte Rosa) per la loro eccezionale resistenza, frugalità e capacità di adattamento. Non formano una vera e propria Associazione, ma, tra le larghe "maglie" degli intricati tappeti che essi formano strisciando sul terreno, ospitano moltissime specie ad ecologia simile.
Il Pino montano forma vaste colonie di individui aggruppati o sparsi ed ha la capacità di adattarsi al clima assumendo portamenti assai diversi: a quote inferiori, infatti, in assenza di venti e di freddi eccessivi, è eretto (grex arborea) raggiungendo anche i 30 m, ma oltre i 2000 m e senza barriere protettive naturali, deve contrarsi in forme più ridotte e difensive (grex frutescens erecta) o addirittura striscianti (grex prostrata). Del Pino montano esistono diverse varietà:
Quest'ultima, in particolare, è una varietà assai frugale che, assieme all'Erica carnea, forma il "Mugo-ericetum" (da Pinetum mughi e Ericetum carneae), associazione che riesce a colonizzare le pietraie calcaree (laddove queste sono quasi stabili), fissando le pietre e preparando il suolo per le specie arboree che seguiranno.
Spesso nel piano alpino si incontrano specie erbacee di dimensioni maggiori della media, ma soprattutto evidentemente non legate alle associazioni prative. Esse sono comunque tipiche dell'ambiente alpino e vegetano laddove trovano condizioni favorevoli.
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