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modello di ciclomotore Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il Piaggio Ciao è stato uno dei ciclomotori più venduti in Italia. Fu prodotto dalla Piaggio dal 1967 al 2006[2].
Piaggio Ciao | |
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Un Ciao PX del 1985 | |
Costruttore | Piaggio |
Tipo | Ciclomotore |
Produzione | dal 1967 al 2006 |
Stessa famiglia | Bravo Boss Boxer Grillo Sì Gilera CBA Gilera Eco Gilera Trend |
Modelli simili | Aprilia Partner Aspes Sioux Atala Green Benelli G2 Beta Mio Cimatti Oasi Demm Brio Fantic Motor Issimo Garelli Noi Malaguti Dribbling Malanca Tigrotto e Duepiù Motobécane Mobylette Moto Guzzi Trotter e Chiù Peugeot 103 SWM La Testi Io |
Note | Più di 3,5 milioni di esemplari prodotti[1] |
Progettato da un'equipe capeggiata dall'ingegner Bruno Gaddi, sin dalla sua presentazione si è particolarmente distinto per la semplicità meccanica: è infatti provvisto di un motore a cilindro orizzontale da 49,77cm³ (alesaggio × corsa 38,4 × 43 mm) a due tempi funzionante con Miscela olio-benzina al 2%; carburatore Dell'Orto SHA 12/10; distribuzione regolata da una spalla dell'albero motore. Raffreddamento ad aria forzata sul cilindro per mezzo di una ventola ricavata con alette di fusione sul volano magnete. La testa è esposta al flusso d'aria naturale. L'avviamento avviene tramite pedali dapprima molto simili a quelli di una bicicletta, in seguito fatti di metallo ricoperto di plastica nera. Essi azionano con un giro di catena la ruota posteriore, che a sua volta trasmette il movimento al motore attraverso la cinghia di trasmissione. Ciò comporta la presenza di due distinti gruppi di frizione automatica (uno per l'avviamento, l'altro per il moto normale) entrambi alloggiati nel medesimo gruppo rotante. Lo spegnimento non avviene con il consueto "bottone di massa" ma agendo con una corta leva al manubrio su una valvolina in testa (decompressore).
Dotato di un telaio semplice in lamiera d'acciaio, le cui forme richiamavano le biciclette da donna del tempo e al cui interno era ricavato anche il serbatoio del carburante (2,8 litri di capacità), di trasmissione automatica a cinghia trapezoidale e di impianto frenante a tamburo divenne in breve tempo un veicolo di successo al pari dell'altra famosa creazione della casa, la Vespa.
Nella fabbricazione si era cercato di ridurre al minimo i costi e di contenere il peso (inferiore a 40 kg, a secco); tutto era improntato alla massima semplicità, a partire dall'impianto delle sospensioni anteriori a biscottino. Per quanto riguarda il posteriore, la sospensione era addirittura inesistente e il comfort per il guidatore era affidato a delle molle sottostanti al sellino. Un ridotto numero di esemplari della prima serie (versioni C7N e C9N) aveva la ruota anteriore anch'essa priva di sospensione e dotata di un freno a forcella di tipo ciclistico. Queste scelte tecniche resero possibile, in data 11 ottobre 1967, presentarlo al pubblico al prezzo di listino di sole 54.000 lire (Versioni C7N e C9N), 59.000 lire (versioni C7E e C9E) e 61.000 lire (versioni C7V e C9V). Per fare un paragone, una Vespa 50 Special nel 1969 costava 132.000 lire, più del doppio della versione più accessoriata del Ciao[3]. La prima serie (1967-1970), distinguibile per il faro tondo e il manubrio ad U, era l'unica versione prodotta in sei varianti: tre con ruote da 2-17" (C7), e tre con ruote da 2-19" (C9); ognuna era disponibile con forcella rigida e freni anteriori a pattino (versioni N), forcella elastica (versioni E), oppure con forcella elastica e variatore automatico di velocità (versioni V). Le varianti, quindi, sono: C7N, C9N, C7E, C9E, C7V, C9V. Tutte le altre versioni fino al 1979 erano disponibili solo nelle varianti C7E e C7V.
A partire dal 1971, in sostituzione del Ciao Lusso, venne introdotta la versione SC (Super Confort), nella quale la sella (con le proprie normali molle sotto al rivestimento) era retta da un braccio imperniato nel ripiano portapacchi posteriore e supportato da una corta molla alloggiata nel puntale anteriore del medesimo ripiano. Combinando i due tipi di sella con la presenza o meno del variatore di velocità, vi erano quindi disponibili 4 versioni del modello base (R2-R2V-SC-SCV). Il prezzo massimo (nel 1973) era di poco inferiore a 140.000 lire.
Uno dei suoi punti di forza era certamente il peso irrisorio, oltre al ridotto consumo di carburante (pari a circa 50 km/l, che gli permettono una percorrenza di 140 km con un pieno; la casa dichiarava fosse di 70 km/l) e alla manutenzione particolarmente semplificata. Altre caratteristiche di successo sono il gancio portaborsa, il portapacchi posteriore, l'antifurto di tipo bloccasterzo e la possibilità d'essere impiegato anche come bicicletta semplicemente sbloccando il mozzo posteriore premendo un perno.
Il suo successo sul mercato indusse varie aziende specializzate nella produzione post-vendita a predisporre accessori ed elaborazioni specifiche per questo modello; tra le più note quelle di Malossi, Polini, Giannelli, Pinasco, Deganello e Simonini. Fra gli accessori disponibili c'erano il parabrezza, lo specchietto sinistro, il tappo per il serbatoio apribile con una chiave, il tachimetro/contachilometri (alloggiato nel faro), il portapacchi anteriore, quello posteriore, cestino portaoggetti, bloccaruota posteriore e borse laterali.
Il suo successo non fu limitato al mercato italiano, ed ottenne un buon riscontro anche sul mercato tedesco, dove veniva venduto in due versioni di cui una (Mofa) con velocità massima ulteriormente ridotta a 25 km/h rispetto a quella di 40 km/h ammessa dal Codice della strada italiano di quel periodo.
Durante i quasi 40 anni di produzione, con 3 milioni e mezzo di esemplari, il Ciao è stato il ciclomotore italiano più venduto nel mondo".[4] La sua linea è rimasta pressoché invariata; le modifiche hanno riguardato principalmente il propulsore. Infatti, nel 1987 fu introdotto un carburatore Dell'Orto SHA 12/12. Nel 1996 viene introdotto un nuovo statore: vengono abbandonate le puntine platinate per far posto alle bobine elettroniche CDI e viene introdotta anche la versione Mix (miscelatore automatico). Nel 1999 il motore viene omologato Euro I che, nel 2003, diventa Euro 2.
Data anche l'importanza storica del modello è stato istituito, in collaborazione con la Piaggio, un Registro Storico dedicato.
Sardomobile è il termine metaforico con il quale, negli anni settanta, veniva definita l'automobile in una campagna pubblicitaria della Piaggio.
In quegli anni, molti erano ancora i sostenitori della supremazia del mezzo a due ruote per la mobilità autonoma urbana ed extraurbana che, con il termine "sardomobili", intendevano sottolineare il grande senso di libertà della moto, in rapporto al viaggiare in auto tra anguste pareti di lamiera, quasi come sardine in scatola.
Tale definizione venne introdotta in una fortunata e martellante campagna pubblicitaria della Piaggio che, tra i diversi slogan, recitava: "Le sardomobili hanno cieli di latta. Liberi chi Ciao"[5].
Il termine ebbe grande diffusione, soprattutto tra i giovani motociclisti, e rimase in uso fino agli anni ottanta, quando le maggiori dimensioni interne delle automobili utilitarie prodotte in quel decennio resero meno significativa la condizione di "inscatolamento" degli occupanti.
Il Ciao, dal 1967 al 2006 è stato presentato in varie versioni.
Il Ciao Porter è una particolare serie di Ciao a tre ruote con cassone anteriore. Era utilizzato prevalentemente dalla nettezza urbana. È stato prodotto in tre versioni:
Dal Ciao vennero prodotti altri cinque modelli, ciclisticamente più raffinati:
La Gilera, poiché controllata da Piaggio, ha prodotto alcuni ciclomotori adottando propulsore e altre componenti del Ciao. Sono i seguenti:
La Italjet produceva alcuni ciclomotori adottando propulsore del Ciao. Questi sono:
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