Il peperone crusco è un prodotto tipico della cucina lucana, riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT) della regione Basilicata.[1]
Peperone crusco | |
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Serte di peperoni cruschi | |
Origini | |
Luogo d'origine | Italia |
Regione | Basilicata |
Zona di produzione | tutto il territorio regionale |
Dettagli | |
Categoria | contorno |
Riconoscimento | P.A.T. |
Settore | Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati |
Ingredienti principali | peperone di Senise |
I peperoni cruschi sono noti in Basilicata con diversi nomi a seconda delle zone: tra cui puparulë, paparulë, pëpërussë, pupaccë e pupavërë crušchë,[2] mentre nell'area di Senise sono conosciuti come źafaranë crušchë.[3]
Sono anche diffusi nella cucina calabrese centro-settentrionale, dove vengono chiamati zafarani, pìpi cruschi e vajanelli jarli.[4]
Una varietà simile detta sciuscillone si può trovare nella Campania meridionale, in particolare nel comune di Teggiano.[5]
Descrizione
Si tratta di un peperone dal colore rosso intenso e dal sapore dolce, coltivato nella zona del Pollino, in particolar modo nel senisese dal 1600.[6][7]
Solitamente, viene impiegata la variante locale (peperone di Senise) per la sua polpa sottile e il basso contenuto d'acqua, qualità che lo rendono adatto all'essiccazione, nonché per la sua peculiarità di tenere il picciolo ben saldo al frutto anche ad essiccazione avvenuta.[8] Si può trovare in tre forme: appuntito, a tronco o a uncino.[9]
La semina inizia in primavera e il raccolto viene effettuato nei primi di agosto. Viene, in seguito, disposto su teli di stoffa per qualche giorno in luoghi bui e asciutti. Successivamente, i peperoni vengono legati con uno spago creando delle collane note come serte (o nserte), dalle dimensioni che possono raggiungere anche 2 metri di lunghezza. Da tradizione, le serte vengono appese ai balconi e all’interno di serre o locali areati per garantire l'essiccazione dei peperoni.[10]
È fondamentale che il processo avvenga in ambienti caldi e a bassa umidità, prevenendo lo sviluppo di muffe e insetti.
Usi
Nella cucina lucana, l'uso più ricorrente è quello di privare il peperone del picciolo e dei semi, per essere "scottato" in olio per pochi secondi: l'escursione termica fa sì che l'ortaggio diventi "crusco", cioè croccante.[10] Il peperone così cucinato può quindi essere usato come contorno o snack, e come ingrediente di altri piatti tipici della regione, tra cui la pasta con i peperoni cruschi, baccalà alla lucana, acquasale, pane cotto e strascinati con la menta. È altresì impiegato come aroma in polvere (źafaranë pësatë)[11] per arricchire carni, legumi, prodotti da panetteria, cioccolato e gelato.[12] Per i suoi molteplici usi, viene spesso definito come "oro rosso" della Basilicata.[13][14]
Anche nella cucina calabrese viene consumato fritto o passato velocemente in forno e sminuzzato finemente per ottenere una spezia (vajanella pisata), impiegata come condimento di minestre, verdure e uova fritte.
Note
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