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palazzo di Dongo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Palazzo Manzi si trova nella piazza principale, affacciata sul lago e sul vecchio molo, di Dongo, sul lago di Como.
Palazzo Manzi | |
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Uno scorcio dell'interno della "Sala d'Oro". | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lombardia |
Località | Dongo |
Indirizzo | Piazza Paracchini, 6 |
Coordinate | 46°07′22.41″N 9°16′39.32″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | c. 1830 |
Stile | neoclassico |
Uso | museo |
Realizzazione | |
Architetto | Pietro Gilardoni |
Committente | famiglia Polti-Petazzi |
Sede municipale dal 1937, il palazzo era la dimora della nobile famiglia Polti-Petazzi, che lo fece costruire tra gli anni Venti e Trenta dell'Ottocento, su progetto di Pietro Gilardoni.[1]
Sulla piazza antistante il palazzo, il 28 aprile 1945 vennero fucilati alcuni gerarchi fascisti che erano stati catturati assieme a Mussolini.[1]
All'interno del palazzo ha sede il Museo della Fine della Guerra, inaugurato nel 2014.
L'esterno è sobrio e semplice, e corrisponde perfettamente ai dettami dello stile neoclassico, in voga al tempo della costruzione dell'edificio.[1] La facciata è divisa in quattro piani, con al piano nobile una balconata centrale e due balconcini laterali. Al centro, il portale d'ingresso con un arco a tutto sesto.
Entrando dal portone (su cui ancora si vedono i battenti con incisa una P, iniziale della famiglia Polti-Petazzi), si vedono sulla sinistra una lapide che ricorda Giuseppina Manzi, l'ultima proprietaria del palazzo, che nel 1937 morì senza eredi e donò l'edificio alla comunità,[1] e sulla destra un'altra lapide, posta a memoria della fine del Fascismo.
Al piano superiore, oltre agli uffici comunali, trovano posto una cappella dedicata all'Immacolata, una biblioteca contenente oltre 4000 libri antichi e la cosiddetta Sala d'Oro.[1]
Chiamata in questo modo per le dorature su stucchi e fregi al suo interno, la Sala d'Oro era il salone d'onore del palazzo.[2] È caratterizzata dallo stile neoclassico: la pianta è rettangolare, il soffitto a volta, e lungo il perimetro della sala corre un elegante ballatoio con ringhiera in ferro battuto e decori dorati.[1]
La volta e le pareti sono affrescate con diversi episodi mitologici, quasi tutti ispirati al tema dell'azione civilizzatrice delle arti, soprattutto la musica.
Al centro della volta, un grande affresco raffigurante il Parnaso,[2] monte sacro alle Muse, dipinto da Giuseppe Lavelli (allievo di Andrea Appiani[2]): vi si vede Apollo che suona la cetra, circondato dalle Nove Muse, a fianco della sorgente dispensatrice di ispirazione poetica; sullo sfondo si scorge il cavallo alato Pegaso.
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