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Il telerilevamento (in inglese remote sensing) è la disciplina tecnico-scientifica o scienza applicata con finalità diagnostico-investigative che permette di ricavare informazioni, qualitative e quantitative, sull'ambiente e su oggetti posti a distanza da un sensore mediante misure di radiazione elettromagnetica (emessa, riflessa o trasmessa) che interagisce con le superfici fisiche di interesse.
Esso utilizza foto o dati numerici rilevati da aerei, satelliti, droni di tipo UAV o sonde spaziali per caratterizzare la superficie di un pianeta nei suoi parametri di interesse (in questo caso si parla di monitoraggio ambientale) con applicazioni sia in campo civile che militare. Appartiene dunque al più vasto ambito disciplinare del cosiddetto settore della "geoinformazione" anche se in esso possono essere inclusi sistemi e tecniche di telerilevamento spaziale. L'osservazione della Terra dallo spazio ha viaggiato e viaggia tuttora di pari passo con lo sviluppo dei satelliti artificiali (nello specifico i satelliti per telerilevamento), delle telecomunicazioni satellitari e dei sensori di rilevazione.
Il termine "telerilevamento" è composta dall'unione di due parole:[1]
In generale, con il termine "telerilevamento", si vuole esprimere l'acquisizione di informazioni su oggetti posti ad una certa distanza.
«Il telerilevamento è l'insieme di tutti i metodi di osservazione della terra nei quali la radianza elettromagnetica costituisce il veicolo di trasporto dell'informazione dall'oggetto di indagine al sensore»
La storia del telerilevamento si può riassumere in alcuni passi fondamentali:[1]
Da qui in poi compaiono i sensori radar (anche ad apertura sintetica), satelliti per studi oceanici e una corsa alla maggiore risoluzione spaziale.
Lo studio di un fenomeno o di una superficie effettuato con tecniche di telerilevamento prevede tre fasi distinte:
In particolare possono essere rilevati i parametri elettromagnetici di campo quali potenza elettromagnetica associata al flusso di radiazione, ampiezza del campo elettromagnetico, fase e polarizzazione (vedi anche grandezze radiometriche). È possibile correlare queste informazioni di campo ai vari parametri ambientali (e non solo) d'interesse (tipicamente rilevando e riconoscendo la firma spettrale degli elementi o composti chimici), ricavando così informazioni utili all'analisi desiderata sotto forma di immagini digitali attraverso l'elaborazione dei dati elettromagnetici.
Le potenzialità e i risultati offerti da tale metodica sono notevoli se si considera la relativa facilità di ottenere informazioni di qualsiasi tipo (in particolar modo i parametri ambientali), in breve tempo, a distanza, ripetute nel tempo o addirittura in alcuni casi in maniera quasi continua, con una grande copertura spaziale, con maggior oggettività e precisione ed anche con una maggiore economicità complessiva rispetto ai metodi di rilevazione convenzionali.
Esso rappresenta dunque una vera e propria rivoluzione nell'ambito del monitoraggio ambientale, di fatto una realtà già affermata da tempo e con sempre maggiori applicazioni e diffusione. In molte situazioni è necessario, dopo aver analizzato i dati registrati da satellite o da aereo, disporre di dati puntuali e con un elevato grado di risoluzione sul territorio che permettano di ottenere informazioni da incrociare con dati a scala maggiore.
Per ottenere questi dati possono essere utilizzati degli Aeromobile a pilotaggio remoto (APR, detti comunemente droni), in particolare dei miniUAV Esacopter che assolvono alla funzione di sensori di prossimità: questi sistemi possono essere utilizzati infatti per rilievi aerei a bassa quota (telerilevamento di prossimità), montando a bordo sensori di dimensioni sempre più miniaturizzati. Registrando, durante la missione di volo, la traiettoria seguita, si potrà ripetere nel tempo, il medesimo percorso permettendo un'analisi multi temporale dei dati della stessa area in analisi.
Gli strumenti utilizzati per l'acquisizione possono fornire misure singole di radianza, come radiometri o spettroradiometri, o insiemi di misure di radianza (immagini digitali), come macchine fotografiche, termocamere o dispositivi a scansione. Tali strumenti, detti sensori, possono essere montati su satelliti in orbita oppure aviotrasportati. Da punto di vista spaziale il sensore copre generalmente una porzione o area della superficie terrestre detto 'campo di vista' (field of view) espresso da un angolo di apertura con un'impronta W al suolo (swath width) funzione dell'angolo e della quota altimetrica e pari a:
.
In generale i sensori possono essere:
Rispetto all'uso di un'unica banda spettrale estesa, l'uso di diverse bande spettrali di acquisizione selezionabili consente di identificare maggiormente le tipologie di suolo o in generale la sostanza o elemento chimico di interesse ovvero rilevando la loro caratteristica firma spettrale discriminandola dalle altre. In particolare la regione di spettro elettromagnetico di interesse nel telerilevamento terrestre è tipicamente quella dello spettro ottico e dell'infrarosso, a loro volta ulteriormente suddivisi, mentre nella radioastronomia lo spettro di interesse include anche sorgenti di onde radio, microonde, ultravioletto, raggi X e raggi gamma. Sotto questo punto di vista i sensori si possono ulteriormente suddividere in:
Di un certo dataset, si possono descrivere principalmente quattro cose:
In aggiunta un dataset deve solitamente essere corretto sia radiometricamente che eliminare le presenze di disturbo dell'atmosfera:
Le varie tecniche di telerilevamento si distinguono inoltre in base alla parte di spettro elettromagnetico utilizzato ovvero dei canali spettrali: si va dallo spettro visibile e dell'infrarosso a quello delle microonde. Tecniche di telerilevamento di tipo attive molto utilizzate ed efficaci sono ad esempio l'interferometria radar nel campo delle microonde tramite radar ad apertura sintetica (SAR), il Lidar nel campo del visibile-infrarosso (telerilevamento ottico) oppure la semplice radiometria passiva; nel caso della radioastronomia si parla di telerilevamento spaziale. Appartengono per certi versi al telerilevamento anche le tecniche diagnostiche tramite sonar come l'ecoscandaglio e il SODAR che non fanno però uso di onde elettromagnetiche, ma di onde acustiche.
Tipicamente una parte cospicua del lavoro di acquisizione delle informazioni di telerilevamento consiste nell'elaborazione delle stesse in immagini opportune e nella successiva analisi.
Tra queste operazioni c'è la digitalizzazione delle informazioni elettromagnetiche ricavate dallo scandaglio del territorio di interesse: l'immagine ricavata è rappresentata attraverso pixel sul monitor di visualizzazione in un grigliato di righe Y e colonne X. Ciascun valore elettromagnetico rilevato per ciascun pixel di territorio osservato viene digitalizzato ovvero codificato in vari livelli discreti di quantizzazione dando vita a numeri adimensionali detti Digital Number (DN) favorendone la rappresentazione e quantificazione: tanto maggiori sono i livelli di quantizzazione tanto più fine e dettagliata è la risoluzione cromatica dell'immagine espressa in scala di grigi. Tali valori di DN risultano così proporzionali alla grandezza elettromagnetica di interesse. In genere inoltre è possibile ottenere la distribuzione di frequenza dei DN dell'immagine sotto forma di istogramma, sia globalmente sia per arbitrari profili di riga Y e colonna X, con relativi parametri statistici di media, varianza, deviazione standard, moda, mediana.
Le immagini possono riferirsi a singole bande spettrali di osservazione oppure a più bande cumulate fino al caso dell'intero spettro del visibile e dell'infrarosso (immagine pancromatica). In altri casi le immagini possono essere delle semplici foto aeree o da satelliti in orbita molto bassa (LEO a 500 km) e a risoluzione molto elevata come nel caso di Google Earth.
A partire da una foto in scala di grigi è possibile ottenere un'immagine a colori associando alle bande ottiche di scansione i rispettivi colori fisici (true color): l'immagine così ottenuta è approssimativamente quella che si avvicina di più ad un'immagine fotografica anche se non con la risoluzione spettrale su tutti i colori che possiede invece l'occhio umano.
È possibile inoltre associare altri colori non corrispondenti a quelli reali delle bande di scansione (false color), spesso utilizzati per far risaltare meglio le diverse tipologie di superficie investigate potendo così creare mappe tematiche.
In alternativa è possibile creare mappe tematiche più dettagliate selezionando manualmente porzioni omogenee di immagini (training field) rappresentanti classi diverse di superfici (suolo nudo, prato, bosco, ambiente sub-urbano ed urbano, infrastrutture), assegnando loro un opportuno colore, con il software che estende il colore selezionato al resto dell'immagine con superfici di pari set di radianza.
Per la rilevazione e lo studio fenologico della copertura vegetale si usano invece le cosiddette mappe NDVI dove un indice opportuno (l'NDVI appunto) permette di visualizzare meglio le informazioni relative a tale tipo di superficie e alla densità di vegetazione in relazione alle eventuali fasi di crescita annuali.
Sono inoltre possibili elaborazioni che creano mappe di radianza (o DN) differenziale tra due immagini in istanti temporali di acquisizione diversi (ad esempio a distanza di mesi o anni) utilizzate ad esempio per monitorare sempre lo stato fenologico nelle diverse fasi vegetative dell'anno, la crescita della copertura vegetale, agricola o urbana negli anni o le variazioni anomale nell'ambito infrastrutturale (ad esempio monitorare fenomeni di abusivismo edilizio o valutazione di impatto ambientale).
Per la manipolazione di dati teleriilevati esiste un grande numero di programmi, proprietari e open source. I software proprietari maggiormente utilizzati sono:
Tra quelli open source si distinguono invece:
Le principali applicazioni del telerilevamento in ambito ambientale sono:
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